Il Brasile che riparte

Nella cerimonia d'apertura dei Giochi, c'è tutto l'entusiasmo e la voglia di rinascere di un Paese dalle troppe contraddizioni. Dimenticate, per una notte.

Non chiedete ai brasiliani, e ai carioca in particolare, la precisione e l’eccellenza, ma fategli organizzare una festa e sarà la più bella del mondo. Può sembrare esagerato. ma non lo è meno dell’enorme divario fra i mille problemi della vigilia e la bellissima, emotiva, avvolgente cerimonia con la quale Rio de Janeiro ha inaugurato le prime Olimpiadi della storia che si svolgono in Sudamerica. Tre ore e mezza in totale, i primi 50 minuti sorprendenti, con effetti visuali di ultimissima generazione, ma anche idee semplici realizzate benissimo, come il nipote di Tom Jobim al piano cantando “Garota de Ipanema”, mentre nella lunghissima passerelle del Maracana sfilava la statuaria Giselle Bundchen. I brasiliani avevano, questo sì, un debito con il mondo; rimediare alla figuraccia della grottesca e a tratti cafona cerimonia di inaugurazione dei Mondiali di calcio due anni fa, all’Arena Itaquera di San Paolo. «Cosa da paulisti – ti dicono orgogliosi i carioca – a Rio le cose le sappiamo fare molto meglio». Ed è tremendamente vero.

RIO DE JANEIRO, BRAZIL - AUGUST 05: Fireworks explode over Maracana stadium with the Mangueira 'favela' community in the foreground during opening ceremonies for the Rio 2016 Olympic Games on August 5, 2016 in Rio de Janeiro, Brazil. The Rio 2016 Olympic Games commenced tonight at the iconic stadium. (Photo by Mario Tama/Getty Images)
Fuochi artificiali sovrastano il Maracana durante la cerimonia d’apertura dei Giochi (Mario Tama/Getty Images)

La città dai contrasti e dalla morte facile, dei servizi pubblici che non funzionano, degli scippi in spiaggia e degli assalti a mano armata nei tunnel è anche quella, vale la pena ricordarselo, che ospita ogni anno un carnevale di strada di una settimana per tre milioni di persone o il Reveillon, il capodanno sulla spiaggia di Copacabana per altre due milioni di persone. La città del concerto gratis dei Rolling Stones, della visita del Papa, di eventi oceanici dove tutto, miracolosamente, funziona. Perché «Deus è brasileiro» ti dicono ogni giorno, quasi come fosse un karma; se i politici combinano solo guai o disastri c’è sempre una sconosciuta alchimia che rende ogni grande festa magica, unica, irripetibile. Per sorprendere il mondo è stato chiamato un pool di assi, il regista Fernando Mereilles (“Cidades de Deus”), Daniel Thomas, Wandrucha Waddingotn, la coreografa Deborah Colker, tutti sotto la direzione artistica di Marco Ballich. Uno show sontuoso realizzato quasi interamente con volontari, che hanno provato e riprovato per un anno ogni scena. L’inizio con l’inno nazionale cantato dal grande Paulinho da Viola, anima della scuola di samba Portela, è da brividi. Il filo è quello della storia; si parte con gli indios rappresentati dal festival di Parintins, in Amazzonia, un evento fuori dai circuiti turistici tradizionali ma assolutamente da consigliare. E poi l’arrivo dei conquistadores portoghesi, la schiavitù che il Brasile abolisce solo nel 1888, ultimo paese al mondo, l’immigrazione giapponese nelle campagne. Poi il grande salto, dal Brasile rurale a quello urbano, le grandi metropoli, la capitale di Oscar Niemeyer, i grandi palazzi di Rio e San Paolo, con la deliziosa “Construccao”, una delle più belle canzoni di Chico Buarqe, che allo stadio non c’era perché è troppo amico di Lula e di Dilma, la presidente sotto processo di impeachment che ha deciso di non partecipare alla festa, in ripudio al governo ad interim di Michel Temer. Temer c’è, ovviamente, ma il presentatore non lo annuncia per paura del coro di fischi che poi, inevitabilmente è arrivato comunque quando ha preso la parola per dichiarare, in un velocissimo messaggio di nove secondi, l’apertura ufficiale dei Giochi.

RIO DE JANEIRO, BRAZIL - AUGUST 05: Former athlete Vanderlei de Lima lights the Olympic Cauldron during the Opening Ceremony of the Rio 2016 Olympic Games at Maracana Stadium on August 5, 2016 in Rio de Janeiro, Brazil. (Photo by Richard Heathcote/Getty Images)
Vanderlei de Lima arriva al braciere olimpico (Richard Heathcote/Getty Images)

Buona parte della grande musica brasiliana è voluta esserci; Caetano Veloso e Gilberto Gil hanno cantato un samba assieme all’idola dei teenager Anitta (lei potevano anche risparmiarcela) Jorge Ben Jor ha cantato il suo “Pais Tropical”, quasi un secondo inno, e poi Zeca Pagodinho, Elza Soares, il grande amore del sempre compianto Mané Garrincha. Non c’era, incredibilmente, Pelé, al quale era stato chiesto di essere l’ultimo tedoforo. All’inizio ha detto che gli sarebbe piaciuto, ma che doveva chiedere permesso all’impresa americana che detiene i diritti della sua immagine. Poi ha  desistito, adducendo motivi di salute. L’ennesimo passo falso di un campione indiscusso, il più grande per i brasiliani, ma che da decenni non fa più nulla senza lauti cachet. «Pelé calado, cioè zitto, è un poeta», ironizzava il baixinho Romario e forse non ha tutti i torti. Al suo posto una sorpresa assoluta, il nome che nessuno aveva pronosticato. Tutti dicevano Gustavo Kuerten. Guga ha portato la torcia dentro la stadio, l’ha passata all’ex giocatrice di basket Hortensia che alla fine l’ha consegnata al maratoneta Vanderlei Cordeiro de Lima, che ad Atene fu bloccato nella sua corsa verso l’oro dal gesto assurdo di un folle irlandese. Altra cosa inedita di Rio 2016 è che la torcia olimpica non rimarrà dentro lo stadio, ma è stata sistemata nella Piazza della Candelaria, nel centro di Rio, tristemente famosa per il massacro di una squadraccia di poliziotti che il 23 luglio del 1993 uccisero a sangue freddo otto ragazzini di strada che erano soliti dormire lì. Il più piccolo di loro, Paulo Roberto de Oliveira, aveva 11 anni. Un’altra delle tantissime storie assurde di una città unica, paradiso e inferno, bella e dannata, che torna a sentire il gusto di essere una capitale e che ieri ha saputo ritrovare l’orgoglio che aveva perduto negli ultimi tempi. Pane e circo, sicuramente, lo spettacolo ideale per distrarre “o povo” dalle tante tragedie ed ingiustizie quotidiane. Ma un circo bello come pochi, come si vedeva negli occhi pieni di felicità degli abitanti della favela Mangueira, spettatori privilegiati dello show dei fuochi d’artificio che hanno chiuso la cerimonia, ma anche dei turisti e atleti entusiasti per il clima di eccitazione collettiva che si spera continui fino al 21 agosto. Dopo, quando anche l’ultimo “gringo” se ne sarò andato, si vedrà. Per adesso, direbbe un carioca doc, godiamoci la festa.

 

Nell’immagine in evidenza, l’accensione del braciere olimpico (Jewel Samad/AFP/Getty Images)