Lavorare sul numero di settembre, qui a Undici, non è mai facile. Principalmente perché c’è di mezzo agosto, e agosto significa calciomercato, e calciomercato significa una costante instabilità e difficoltà a formulare ipotesi e valutazioni sulle squadre, sui giocatori, sulle potenziali sorprese e le potenziali conferme rispetto alla precedente stagione. Cosa si fa in questi casi? Si cerca un appoggio stabile. Insomma, si va sul sicuro. E negli ultimi quindici anni di pallone, più o meno, ci sono poche cose così certe come il fatto che Carlo Ancelotti, ovunque andrà ad allenare, vincerà qualcosa.
Ancelotti, da quando ha lasciato il Milan, è cambiato molto. Non aveva allenato che in Italia, prima di allora, e oggi è uno degli allenatori con la maggiore esperienza internazionale, e il palmarès più ricco. Londra, Parigi, Madrid, oggi Monaco in Baviera: Carlo si è seduto sulle quasi tutte le panchine delle città capitali del calcio, e ovunque è riuscito a vincere – anche in Germania, di già, la Supercoppa del 14 agosto contro il Borussia Dortmund. Quale miglior modo di raccontare uno dei migliori “allenatori totali” della nostra epoca, se non attraverso la sua stessa voce? Il 6 ottobre uscirà in Italia, per i tipi di Rizzoli, Il leader calmo, l’autobiografia di Ancelotti, scritta con Chris Brady, esperto di management, e Mike Forde, suo ex collaboratore. L’abbiamo letta, e abbiamo scelto i passaggi più importanti: sui cicli naturali della panchina, sul valore dello staff, sull’equilibrio della gerarchia, sulla gestione del talento, sul fare crescere i campioni, sull’evoluzione della tattica. Ci sono 16 pagine di Ancelotti che racconta Ancelotti, e insieme racconta di Florentino Pérez, di Clarence Seedorf, di Xabi Alonso, di quando rifiutò Roberto Baggio al Parma, di accontentare presidenti capricciosi come Silvio Berlusconi. Di vincere, in fondo e soprattutto.
Insieme alla parte autobiografica, quella biografica fatta delle dichiarazioni di alcuni dei migliori giocatori che hanno avuto a che fare con Carlo Ancelotti, e altri collaboratori. Per Ibrahimovic è «il migliore in assoluto»; Cristiano Ronaldo gli dà il merito di saper proteggere lo spogliatoio «dal presidente e da qualsiasi cosa che potesse disturbare l’equilibrio della famiglia»; John Terry sull’insospettabile inflessibilità nei confronti delle sconfitte, anche in amichevole, anche in allenamento; David Beckham sul rapporto che ha vissuto tra Carlo e lo spogliatoio del Milan, all’ultimo anno di entrambi in rossonero: «Vidi con i miei occhi quanto lo amassero i giocatori, e intendo proprio amare (…). Carlo fece un discorso e si emozionò (…). Giocatori come Paolo Maldini, Gennaro Gattuso, Filippo Inzaghi e Alessandro Nesta erano in lacrime»; Roberto Martínez, l’attuale allenatore del Belgio, su come il Real Madrid della Décima sia stato «il miglior Real di sempre».
Successivamente, considerato che abbiamo mandato in stampa il numero con il mercato finalmente chiuso, abbiamo pensato a cosa dedicarci. Ma, come all’inizio di ogni stagione, gli argomenti erano moltissimi. E allora è nata una specie di listone e anche “guida”, ovvero 100 buoni motivi per non perdersi il calcio europeo nel 2016/17: dai più scontati, come Guardiola a Manchester, alle scommesse come Ganso finalmente in Europa, a Siviglia. Oppure: il rilancio di Pato; la grande occasione di Hatem Ben Arfa al Paris Saint-Germain; le aspettative sul Cagliari di Giulini; seguire l’esplosione di Mbappé al Monaco; la prima stagione del Rb Lipsia in Bundesliga; la prima volta anche del Leganés in Liga; il pazzo Rostov di Berdiyev in Champions League; il nuovo Porto di Nuno Espirito Santo; il ritorno dall’infortunio di Nabil Fekir; l’anno di Jürgen Klopp; Iñaki Williams, attesissimo a Bilbao; la scommessa Ramadan Sobhi, dall’Egitto alla Premier.
Alcuni temi della guida sono trattati in modo più ampio: è il caso di Antonio Conte, l’allenatore caratterialmente perfetto per il calcio inglese, ritratto da James Horncastle; il rinascimento degli attaccanti italiani, per Francesco Paolo Giordano; la tradizione del vivaio dello Sporting Lisbona, per Federico Buffa e Carlo Pizzigoni; l’eleganza di Pjanic alla Juventus, secondo Christian Rocca; cosa può fare Arek Milik a Napoli, descritto da Fabrizio Maria Spinelli; l’orchestra di Dortmund diretta da Thomas Tuchel, per Alec Cordolcini; infine il futuro (luminoso) di Gabigol all’Inter, un’intervista di Simon Kuper. E, naturalmente, l’ultimo atto (forse?) di Francesco Totti: questa parte è anche online, in anteprima, qui.
A proposito di anteprime: c’è anche un estratto da I duellanti, l’ultimo libro della nostra firma Paolo Condò: la descrizione romanzesca di una tesissima doppia conferenza stampa alla vigilia della semifinale di Champions League 2010/11, la dimostrazione che la guerra tra Mourinho e Guardiola, ancor prima che sportiva, è prettamente mediatica. E poi un portfolio di Andy Massaccesi dal calcio “minore”, che è anche quello in cui noi – e la maggior parte di voi – si riconoscereanno meglio: gli scarpini aggiustati con il nastro, i guanti del portiere rovinati, gli spogliatoi poco appariscenti. Per ritrovare questa dimensione siamo andati un pomeriggio ad allenarci con la terza squadra di Milano, il Brera Calcio.
Il solito “altro sport”, vista la vicinanza con la prestigios(issim)a Ryder Cup, non poteva che essere il golf. Ci trovate cinque ritratti di cinque golfisti che hanno segnato la storia dello sport: Jordan Spieth, Philip A. Mickelson, Dustin Johnson, Rory McIllroy, Jason Day. Il tutto illustrato da Pietro Mazza. Insomma, per la dodicesima volta siamo lì ad aspettarvi.
Ci vediamo in edicola.