Lallana al quadrato

Come Jürgen Klopp ha trasformato Adam Lallana nell'arma segreta del Liverpool: un giocatore a tutto campo, decisivo negli ultimi metri.

«Sinceramente, da quando sono qui, Adam mi ha sempre dimostrato di essere il giocatore che tutti avete ammirato contro l’Hull. Non è solo la qualità della sua prestazione, ma l’impegno che ci mette in ogni allenamento, la sua etica del lavoro, il suo essere coinvolto in ogni cosa che riguardi la squadra. Ama allenarsi, ama lavorare duro ed è così fin dal primo giorno in cui sono arrivato qui. Quel che avete visto oggi è solo il raccolto di quanto ha seminato». Non esistono parole migliori di quelle usate da Jürgen Klopp con il Guardian nel post partita di Liverpool-Hull City 5-1 per ufficializzare ciò che appariva chiaro già da un po’: ovvero che Adam Lallana è diventato l’elemento più importante dello scacchiere tattico dei reds. E se il giocatore di punta si esprime come mai prima in quella che, a detta dello stesso Klopp, è stata «la miglior partita dal punto di vista della continuità da quando sono qui», il risultato non può che essere il seguente.

La prestazione di Lallana contro l’Hull

Oltre al gol, tre tiri (tutti nello specchio della porta, in piena continuità con quanto sta accadendo dall’inizio della stagione con il 100% di shot accuracy), due occasioni create (un assist e un key pass), 94% di precisione nei passaggi. Un dato mostruoso se si considera la quantità e la qualità dei palloni giocati dall’ex Southampton.

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È dalla seconda metà della stagione scorsa che Lallana sta impressionando per la sua capacità di movimento e di lettura delle varie fasi di gioco all’interno della singola partita. Un dettaglio che può essere spiegato soltanto tornando di quasi un anno, fino all’esordio di Klopp sulla panchina del Liverpool (17 ottobre 2015, 0-0 a Londra contro il Tottenham): in quell’occasione Lallana giocò 80 minuti a tutto campo. E, forse per la prima volta in vita sua, non si trattò solo di un modo di dire.

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Quando, al rientro degli spogliatoi, il nostro quasi collassò, stanco ma felice, tra le braccia del suo allenatore, quest’ultimo capì immediatamente di aver trovato l’arma totale necessaria per avere successo anche in Premier League: un classico centrocampista box to box (che Rodgers aveva finito colpevolmente con il confinare nel centro-sinistra della trequarti offensiva), ambidestro, in grado di ricoprire più ruoli, che sa fare tutto e bene nella doppia fase, in grado di gestire il pallone e di operare quasi sempre la scelta più giusta dal punto di vista tecnico. Qualcosa che non aveva avuto a disposizione nemmeno nei picchi di eccellenza in quel di Dortmund (Lallana potrebbe essere identificabile come una sorta di fusione tra Nuri Şahin e Mario Götze) oltre che un elemento indispensabile in un calcio, come quello inglese, dove l’intensità sui due lati del campo è il triplo più alta rispetto al resto dei tornei continentali. Da lì in poi è stato quasi naturale lavorare quotidianamente per restituire a Lallana la sua dimensione di tuttocampista non vincolato a una posizione in campo fissa e/o ad un ruolo predefinito. Cioè quei due dettagli che, alla lunga, potessero renderlo prevedibile per l’avversario di giornata.

Già il ruolo. Definizione che lascia il tempo che trova, soprattutto con Klopp. Che, sempre nel post gara con l’Hull City, ha ribadito ulteriormente il suo pensiero in materia: «Spesso, nel calcio, siamo abituati a pensare per ruoli e posizioni fisse, con ogni giocatore che dovrebbe giocare in una posizione specifica o in quella a lui più congeniale. Se io chiedessi ai miei centrocampisti offensivi in che modo preferirebbero giocare, sono certo che tutti mi risponderebbero: “da numero 10”. Forse anche per Adam è così, ma io credo che tutti, lui per primo, debbano continuare a fare ciò che stanno facendo in questo momento, vale a dire cercare sempre lo spazio di cui hanno bisogno per esprimere le loro qualità. Guardate Henderson, Firmino, Coutinho: tutti loro  hanno giocato in una posizione diversa da quella cui sono abituati. E lo hanno fatto bene». Nel caso di Lallana, l’assunto è estremizzato all’ennesima potenza. E, se non fossimo certi di far arrabbiare sul serio Klopp (a causa della ben nota idiosincrasia per quel tipo di sistema di gioco), potremmo dire che l’allenatore tedesco gli ha cucito su misura quel “free 8 role” che, contestualmente, a Manchester sponda City sta facendo le fortune di Guardiola grazie a Silva e De Bruyne.

In un percorso di evoluzione tattica simile a quello del belga ex Wolfsburg, infatti, Lallana venne acquistato nell’estate del 2014 (31 milioni di euro versati nelle casse del Southampton) come centrocampista dai compiti prettamente offensivi, da utilizzare nella batteria di fantasisti alle spalle di Daniel Sturridge: che fosse esterno alto di sinistra nel 4-3-3 o, più frequentemente, trequartista nel 4-2-3-1, per lui Brendan Rodgers aveva immaginato soltanto una porzione di campo ben definita da attaccare.  Come dimostra la pitchview delle 32 occasioni da rete (3 assist e 29 key passes) create dal numero 20 nel 2014/2015.

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Klopp ha scelto di distaccarsi da tutto questo, lasciando a Lallana ampia libertà d’azione e facendo in modo che fosse il suo elevato Q.I. calcistico a fargli occupare volta per volta la migliore posizione in campo, in un perfetto processo di read and react. Non è un caso, infatti, che oggi, l’ex Saint parta da mezzala (destra o sinistra cambia poco) in un 4-3-3 di cui è proprio lui l’elemento equilibratore. Come sottolineato da un recente articolo di Andrew Nurray su FourFourTwo, il passaggio dall’esterno verso l’interno del terreno di gioco gli ha permesso di diventare il fulcro del gioco tutto transizioni e pressing alto dell’ex tecnico del Dortmund, senza che la stabilità di squadra ne risentisse in maniera negativa. Anzi, il Lallana 2.0 è uno dei pochi centrocampisti d’Oltremanica a saper unire doti tecniche e proprietà di palleggio al dinamismo in puro british style: nella vittoria contro il Leicester di Ranieri, per esempio, il nostro ha coperto una distanza complessiva di 13,1 km, molto più di quanto fatto registrare da qualsiasi altro giocatore nel corso della scorsa stagione. Un’arma totale, appunto, e nemmeno più tanto segreta visto che, alla vigilia degli Europei, fu indicato da Xavi come il centrocampista inglese di maggior qualità del panorama internazionale, nonché come il giocatore chiave per le future sorti della Nazionale.

Non deve stupire, quindi, che lui, Henderson e Wijnaldum costituiscano uno tra i reparti di centrocampo più completi e meglio assortiti d’Inghilterra per quanto riguarda l’interpretazione della doppia fase: ad oggi, Lallana è uno dei pochi giocatori in grado di coniugare una pass accuracy dell’87% (con una dimensione del gioco che tende alla ricerca spasmodica della profondità, come dimostra il 58.1% dei tocchi in verticale) ad una copertura totale della fascia centrale della propria trequarti: nelle prime uscite stagionali siamo già a quota tre intercetti e cinque salvataggi, con una media di due azioni difensive per partita. Mediano, regista, mezzala, trequartista, talvolta anche seconda punta: il Lallana di Klopp è ovunque perché ovunque fa bene.

Il 2016 in Red di Lallana

Tuttavia si deve tenere ben presente come tutto questo rappresenti il punto d’arrivo di un percorso graduale che ha visto Klopp intento in una sperimentazione continua alla ricerca della controprova finale della versatilità del suo nuovo giocatore preferito. Controprova che è puntualmente arrivata lo scorso 20 aprile, in uno dei derby della Mersey più squilibrati degli ultimi anni. Contro l’Everton Lallana è stato schierato alle spalle di Sturridge in un 4-4-1-1, con Coutinho largo a sinistra e Lucas Leiva e Joe Allen a gestire i flussi di gioco per vie centrali. Quello che poteva sembrare un azzardo tattico si è rivelato, invece, come la carta che ha fatto saltare il banco: Adam ha praticamente messo piede in ogni azione da gol del Liverpool (cinque key passes in 90 minuti), mantenendo un’accuracy elevatissima (85%) nei passaggi, nonostante l’enorme dispendio di energie tipico di chi non ha lasciato intonso un singolo filo d’erba di Anfield.

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È stato qui che Klopp ha capito di aver raggiunto il suo scopo e che, da lì in avanti, niente sarebbe stato precluso al suo pupillo. Il quale, a fronte di appena tre gare in più (30 contro 27) e una rete in meno (4 vs 5) rispetto alla stagione precedente, è stato in grado di creare molto di più per sé e per i compagni, sfruttando una fetta di campo molto più ampia: i 6 assist e i ben 43 key passes sono stati figli di quella libertà di movimento che sembrava perduta e che, invece, costituisce uno dei retaggi più preziosi dei tempi in cui furoreggiava nel Southampton. Si è trattato, quindi, di una sorta di ritorno alle origini con Klopp che ha completato (e, in alcuni casi, accelerato) quel percorso di crescita tattica che Rodgers sembrava aver interrotto, scegliendo di rinunciare alla qualità a tutto campo di Adam. E, guardando la mappa delle occasioni create nella stagione 2015/2016, non si fa fatica a capire quale dei due tecnici abbia avuto l’intuizione giusta.

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Il Lallana completo e universale che ammiriamo oggi (tre gol, tre assist e 6 key passes nelle prime sei partite di campionato) ha avuto la fortuna di incontrare l’allenatore giusto al momento giusto della sua carriera diventando, a 28 anni, il giocatore decisivo che avrebbe sempre dovuto essere. Basta guardare la partita contro il Leicester. Mai una giocata concettualmente sbagliata, un tocco in più, un dribbling superfluo: la percezione dal campo è quella di un giocatore unico nel suo genere, in grado di cucire e leggere il gioco come pochi (l’outlet pass con in cui avvia l’azione del secondo gol personale di Firmino, lanciando Sadio Mané è in puro stile Xavi) mantenendo intatti gli istinti offensivi che gli consentono di farsi trovare nella perfetta combinazione spazio-tempo per andare in gol. Non si guardi solo la bellezza del calcio di collo esterno. Lallana si trova lì perché ha capito che è in quella posizione sul centro destra che può creare i danni maggiori per la difesa delle Foxes in quella specifica fase della gara: con il passare dei minuti infatti, il suo raggio d’azione si è ampliato fino a spingerlo ad attaccare con più decisione l’ultimo terzo di campo, sfruttando al meglio il classico incrocio con Wijnaldum, autore dell’ultimo e decisivo appoggio.

Il gol di Lallana contro il Leicester

Non a caso  quella con l’ olandese è la connection che funziona meglio da quando Klopp ha deciso di adottare definitivamente questo sistema di gioco: in una sorta di triangolo rovesciato, in cui Henderson è il vertice basso nonché il giocatore deputato alla prima costruzione, sono proprio i movimenti di Lallana e Wijnaldum a costituire la base del playbook offensivo del Liverpool, fatto di tagli, inserimenti dal lato debole, sfruttamento dello spazio alle spalle degli attaccanti venuti a giocar palla fuori dall’area di rigore. Qualcosa che era apparso già chiaro nella prima partita di campionato, un pirotecnico 3-4 in casa dell’Arsenal. La rete dell’1-2 è proprio di Lallana in quello che può essere considerato il manifesto calcistico dei reds versione 2016/2017.

L’azione si sviluppa sul centro sinistra, quindi dalla parte opposta rispetto a quella nominalmente occupata dal numero 20 e a una velocità tale che non lascerebbe presupporre la possibilità che sia proprio lui che possa andarla a concludere: c’è Henderson che converge verso il centro e che, intuendo le intenzioni di Wijnaldum, serve Coutinho spalle alla porta con una palla che, normalmente, sarebbe l’incubo di qualsiasi attaccante. Qui, invece, il brasiliano ci mette del suo, toccando d’esterno e di prima a favorire la corsa del compagno che ha già attaccato lo spazio alle sue spalle: Wijnaldum, dal canto suo, potrebbe anche crossare di prima con il sinistro ma, nella frazione di secondo in cui ha alzato la testa, ha visto che sul primo palo non c’è nessuno e sul secondo Mané è circondato da ben tre Gunners. La scelta, quindi, è obbligata: rientro sul destro e cambio di lato, temporeggiando quel tanto che basta a Lallana per arrivare dal lato debole alle spalle di Mané e concludere da par suo, nonostante un controllo che il recupero del difensore in ritardo sulla rotazione reso forzatamente “ad uscire”. Il tutto nello spazio di non più di cinque secondi.

Contro l’Arsenal

E anche il quarto gol firmato da Mané è un capolavoro di lettura ed intuizione delle intenzioni della difesa avversaria. A un primo sguardo si plaude alla grande azione in solitaria del senegalese, ma poi non si può fare a meno di notare come pure in questo caso gran parte del merito sia di Lallana: il quale, invece di privilegiare la traccia interna, con Monreal in agguato e pronto all’anticipo, sceglie di lanciare il compagno sull’esterno avendo visto la scalata di Koscielny che, sull’allungo, non ha praticamente una chance contro la strapotenza in allungo dell’avversario.

Transizioni veloci, decisioni ancor più rapide, capacità di lettura delle singole situazioni di gioco, conoscenza delle caratteristiche di compagni e avversari e capacità di sfruttarle al momento: Adam Lallana è nato per questo sistema che prevede velocità di piede e di pensiero. E anche Klopp, quindi, ha avuto la fortuna di ritrovarsi tra le mani, quasi senza volerlo, il giocatore perfetto per le sua idea di calcio.

 

Nell’immagine in evidenza, Adam Lallana esulta dopo la rete al Leicester, lo scorso 10 settembre (Paul Ellis/AFP/Getty Images)