Il magico van Persie

Ha fatto tanti gol, ma soprattutto tanti gol bellissimi. La sua carriera, attraverso questi ultimi.

L’orologio segna il minuto 43 della partita tra Spagna e Olanda, valida per il Gruppo B dei Mondiali 2014 in Brasile. Un lungo lancio da quasi 50 metri di Daley Blind taglia il campo in diagonale e finisce sulla testa di Robin van Persie, che durante la sua corsa non ha mai staccato gli occhi dalla palla. La colpisce in tuffo, senza nemmeno guardare la porta, compiendo una torsione con la testa tale da disegnare una parabola che scavalca un immobile Casillas. È il gol del provvisorio 1-1, prima che nella ripresa altri quattro di marca Orange affossino i campioni in carica. In quella rete ci sono un po’ tutte le doti del giocatore olandese: tecnica, coordinazione e la capacità di colpire la palla nella maniera più efficace possibile.

Ridefinire il concetto di “volo”

Nella carriera di van Persie i gesti e le movenze sono sempre stati mirati a ottenere il miglior risultato, anche nelle situazioni più complesse. La postura del corpo nel colpire il pallone sui calci di punizione lo ha aiutato sin da ragazzino. In una delle sue prime interviste, per esempio, van Persie racconta della dedizione che lo porta a calciare da solo anche venti o trenta volte al termine degli allenamenti, spiegando come questa cosa abbia migliorato la sicurezza nei propri mezzi e la familiarità con il gol. Il modus operandi con cui oggi batte le punizioni è rimasto quello che adottava nell’Academy del Feyenoord: una rincorsa molto arcuata, più o meno lunga a seconda della distanza, una posizione di partenza quasi ingobbita e un movimento molto ampio con le braccia ad accompagnare l’esecuzione del tiro, a scavalcare la barriera oppure a giro sul palo del portiere. Stilisticamente, è un gesto perfetto.

I calci di punizione: specialità della casa

Quando arrivò a Londra, Arsène Wenger disse: «Posso farlo giocare in posizione di ala sinistra, da trequartista oppure come centravanti puro, un po’ come ho fatto con Thierry Henry». Impiega del tempo a trovare spazio, subentrando spesso dalla panchina, riuscendo comunque a segnare 9 gol in 38 presenze nella prima stagione. Il biglietto da visita per quei gol che diventeranno il suo marchio di fabbrica arriva nel novembre del 2005 in un match contro il Blackburn ad Highbury. Van Persie prende palla sulla destra, passa in mezzo a due avversari e da una posizione quasi impossibile disegna una parabola che sbatte sul palo opposto e termina in rete.

Con il passare del tempo van Persie scala le gerarchie della squadra e comincia a giocare, ma soprattutto a segnare, con regolarità: nel 2005/06 i gol sono 11 in 37 presenze, nell’annata seguente diventano 13 in 31 apparizioni. Ce n’è uno che più di tutti racconta le straordinarie capacità dell’olandese. Lo realizza il 30 settembre 2006 nella trasferta di Charlton, dove l’Arsenal vince in rimonta 1-2 grazie a una sua doppietta. Il primo gol è il manifesto del tiro al volo elevato alla massima potenza: van Persie riceve un cross di Eboue forte e teso dalla destra verso il limite dell’area; non può controllare il pallone, così sceglie di colpirlo di sinistro, con un movimento tale da far arrivare la gamba all’altezza del bacino. Compie tutto questo in aria, con entrambi i piedi staccati da terra, aiutato da quelle movenze che aveva imparato calciando le punizioni al Feyenoord. Come in quei casi, l’epilogo è lo stesso.

Un gesto tecnico folle fatto da un attaccante quadrato.

Wenger lo descrive come «il gol di una vita», nominato poi dalla Bbc Gol of the Month. Van Persie, in quella stagione, è capocannoniere della squadra. La partenza di Henry nell’estate del 2007 lo incorona nuovo centravanti di riferimento dell’Arsenal. Oltre ai gol, tuttavia, inizia a convivere con una serie di infortuni al ginocchio che ne diminuiscono il minutaggio, ma quando è in campo la sua presenza risulta spesso decisiva. Se ne accorge, per esempio, la difesa dell’Inter nel corso dell’Emirates Cup giocata nel mese di luglio nell’omonimo stadio. Mancano cinque minuti alla fine e il punteggio è sul risultato di 1-1. Come spesso gli accade, van Persie si sposta sul lato destro del campo, riceve in area un passaggio e dà un’occhiata ad eventuali compagni liberi al centro. Ne trova due, schermati però dalla presenza di cinque maglie nerazzurre. Finta il passaggio e con l’interno sinistro effettua una sorta di elastico che manda fuori tempo il diretto marcatore per poi trafiggere Toldo con un destro di potenza e precisione sotto la traversa. Se mai ci fosse stato bisogno di dirlo, van Persie dimostra di saper usare il piede forte anche per crearsi da solo le migliori condizioni per calciare in porta. Un po’ come accade un anno dopo, quando nel dicembre del 2008, insegna alla difesa del Liverpool l’importanza dell’equilibrio e del controllo del corpo. Van Persie riceve un lancio da metà campo, si inserisce in mezzo a due giocatori avversari, controlla con il petto e, di sinistro, si sposta la palla in modo tale da poter calciare subito di destro nel giro di una frazione di secondo, con Carragher incapace di contrastare il suo immediato cambio di direzione.

Lo sconforto dei difensori interisti dopo il gol :(

Negli otto anni passati nel nord di Londra, contribuisce al 16,5% delle reti totali segnate dall’Arsenal. Quello in Champions League contro il Barcellona nel febbraio 2011 è il primo di un trittico di gol tanto belli quanto difficili realizzati di sinistro, arrivati nelle ultime due stagioni con i Gunners. Il Barcellona sta conducendo per 0-1 l’andata degli ottavi di finale, quando Clichy imbecca van Persie con un filtrante sul lato sinistro dell’area di rigore che aggira Piqué: l’olandese intuisce che Valdés ha lasciato scoperto il primo palo, così accelera la corsa, compie dei rapidi passettini per trovare angolo e coordinazione perfetti da una posizione impossibile. L’Arsenal vincerà quella partita per 2-1, ma sarà poi eliminato in virtù del 3-1 subito al Camp Nou.

Qualche mese più tardi, a dicembre, van Persie realizza il manifesto 2.0 del tiro al volo. Sono passati cinque anni dal precedente segnato contro il Charlton, e l’attaccante è diventato a tutti gli effetti un calciatore maturo e completo, nonché il nuovo capitano dopo la partenza di Fábregas, dimenticandosi di cedere ai momenti di nervosismo che in passato gli erano costati dei cartellini inutili. Nella vittoria per 1-0 contro l’Everton, riceve un pallone dalle retrovie da Song e si esibisce in una volée che lascia impietrito Howard. Il tiro è talmente preciso e imparabile che, quando il portiere dei Toffees si gira, la palla ha già sbattuto sulla base del palo e mosso la rete. In tribuna, ad applaudirlo, c’è Henry, colui che lo aveva guidato in campo nei primi anni all’Arsenal: «È incredibile il modo con cui Robin è migliorato», dirà.

Van Persie non sa segnare soltanto al volo o su punizione. C’è un gol che più di ogni altro conferma le sue eccellenti capacità balistiche anche nel tiro da fuori in condizioni quasi normali, unite a un perfetto controllo del corpo. È il febbraio del 2012 e all’Emirates Stadium l’Arsenal sta affrontando il Tottenham nel North London Derby. Van Persie, spalle alla porta, recupera un rinvio corto della difesa degli Spurs poco fuori il limite dell’area, controlla la palla con il destro che usa come perno per girarci attorno a 360°, toccandola tre volte con l’esterno sinistro in mezzo a due avversari fino a crearsi lo spazio necessario per scaricare in porta, sempre con il mancino, un tiro che finisce all’angolino.

Danza, piroetta e sinistro a giro

Al termine del campionato l’Arsenal si posiziona terzo in classifica, mentre van Persie vince sia il titolo di capocannoniere con 30 gol, sia quello di Player of the Year. Quella stagione resta la migliore di sempre nella sua carriera, l’ultima che l’olandese trascorre con la maglia dei Gunners. Arriva l’estate e annuncia che non rinnoverà il contratto, in scadenza l’anno seguente. Vuole il Manchester United, e il Manchester United, in particolare Sir Alex Ferguson, vuole van Persie. L’Arsenal cerca di venderlo all’estero, alla Juventus, ma il giocatore preferisce restare in Inghilterra. Ha fame di vittoria e non vuole andare a cercarla oltre i confini nazionali. Ferguson chiama Wenger, gli offre 25 milioni di euro più bonus in caso di vittoria della Champions League e conclude l’affare. «Non hai idea di che giocatore state prendendo» gli dice il francese al telefono. Ha ragione: van Persie impiega due partite per timbrare il suo nome nel registro dei marcatori con la nuova maglia, il 25 agosto del 2012 nella vittoria in rimonta per 3-2 contro il Fulham. È il gol da classico attaccante d’area di rigore, fatto di tempismo, precisione e senso della posizione. L’olandese si avventa su un cross di Evra dalla sinistra, con la palla che gli rimbalza appena davanti, e trova una coordinazione difficilissima, ad incrociare sul palo lontano, tale da far assumere alla sfera una traiettoria ad uscire sulla quale Schwarzer non può nulla.

Al termine della stagione 2012/13 è capocannoniere per il secondo anno di fila con 26 gol, vince il titolo, l’ultimo della gestione Ferguson, e segna quella che sarà poi votata nell’ottobre del 2016 la rete più bella di sempre in Premier League, prossima a celebrare i 25 anni dalla fondazione. La partita è contro l’Aston Villa, un 3-0 che assicura al Manchester United la vittoria del campionato per la ventesima volta nella sua storia con quattro giornate d’anticipo. I gol sono tutti siglati da van Persie. Il secondo, probabilmente, è il più bello della sua carriera. La dinamica che lo porta alla conclusione è la medesima con cui segnerà, un paio di anni più tardi, al Mondiale contro la Spagna. Rooney effettua un lancio da metà campo fino al limite dell’area, l’attaccante tiene gli occhi fissi sul pallone, mentre corre, e con un sinistro al volo trova l’angolino alla sinistra di Guzan. Visto al replay, la postura con cui calcia è perfetta: braccia larghe a trovare il giusto equilibrio e gamba sinistra che resta rigida, esplodendo in un movimento impeccabile.

Qualcosa di molto vicino alla perfezione, contro l’Aston Villa

Le sue prestazioni calano nelle due successive stagioni: nel 2014/15 sulla panchina del Manchester United arriva Louis van Gaal. Era lui Ct della Nazionale olandese nel Mondiale brasiliano, nonché uno dei più grandi estimatori di van Persie. I loro rapporti vanno tuttavia peggiorando quando l’attaccante olandese, di rientro da un altro dei tanti infortuni sofferti, lamenta la mancanza di spazio nell’XI titolare della squadra. Scende in campo sempre di meno, segnando dieci gol, due in meno dell’precedente annata con Moyes e meno della metà rispetto all’ultimo anno con Ferguson. Nell’estate del 2015 sente il bisogno di andare via. Va in Turchia, al Fenerbahce, che lo paga 5,5 milioni di euro. Van Persie lascia la Premier League dopo aver giocato 280 gare e segnato 144 gol. Alcuni decisivi, altri belli, altri ancora quasi impossibili. Molto spesso, un po’ tutte e tre le cose messe insieme.

 

 

Nell’immagine in evidenza, Robin van Persie esulta dopo un gol al Queens Park Rangers con la maglia dell’ Arsenal, nel 2011 (Clive Mason/Getty Images)