Bilancio d’inverno

Come sta andando la Juventus dopo un mercato incredibile? Cinque firme di Juventibus tirano le prime somme della stagione.

Di Juventus si sta parlando molto, in questi primi mesi di stagione. Si è parlato del rendimento in Italia e lo si è criticato, nonostante la Juventus sia prima con un buon margine di vantaggio sulla seconda in classifica; si è parlato del rendimento dei nuovi acquisti e un po’ di critiche sono arrivate anche lì; si è parlato di come va la Champions League, dove le cose si sono fatte più complicate del previsto, a causa anche di un girone non facilissimo, soprattutto per merito del Siviglia e del Lione. Poi ci sono state le polemiche sterili e inutili, naturalmente, come le ultime sulle parole di Gianluigi Buffon. Abbiamo chiesto a cinque firme di Juventibus di parlare di questo e di altro, per fare un bilancio.

 

Siete davvero preoccupati o soddisfatti?

Luca Momblano: La diffidenza non è solo della stampa, trovo sia anche molto endogena. Il tifoso è mediamente preoccupato dopo un’estate come ne sognava da anni. Tanti anni. È stata l’estate più consona ai media, inclusa l’uscita di Pogba, da grande club europeo (fuori campo). I soddisfatti sono i più lungimiranti, perché non è Allegri che manderà in paradiso o nell’inceneritore questo progresso di status (mercato). Lui può e deve approfittarne ma deve anche accettare il fatto che si facciano pulci. A livello mentale e di appeal, si tratta di un uomo pronto. Lui rientra nei soddisfatti, io nei guardinghi perché non amo quel vizio di fare le cose un po’ al “contrario”, o tentativi ed errori, del mister. È però il suo metodo. Presto piemontesizzato e reso almeno più austero di quanto avrebbe nelle corde. Nel complesso, 66% soddisfatto.

Claudio Pellecchia: Preoccupato è un termine eccessivo, soprattutto per una squadra che, nonostante un paio di passaggi a vuoto preventivabili, è perfettamente in linea con la tabella di marcia prefissata per questo inizio di stagione. Si è ancora lontani, tuttavia, dal comune sentire quando si parla di soddisfazione: non foss’altro perché, al momento e per ragioni diverse, questa squadra dà l’impressione di non essere ancora quel che potrebbe (e dovrebbe?) diventare. Indipendentemente dalla querelle sul gioco e su come e quanto Allegri stia incidendo in tal senso.

Sandro Scarpa: Soddisfattissimo. Le incertezze in Champions, le strane sconfitte in A, il gioco latitante, l’inserimento a ostacoli dei nuovi sono tutti tipici elementi di una grande squadra che si costruisce con fatica, gradualmente e con strappi decisivi. Diffido delle squadre che strabiliano a novembre, diffido di chi inserisce 3 pezzi da 90 (Higuaín, Pjanic e Dani Alves) in un batter d’occhio. Se voli a novembre in primavera crolli. È una squadra dal potenziale così forte che deve decantare lentamente. E come ogni squadra forte intanto fa i fatti e i punti. Il salto decisivo verrà poi.

Giancarlo Liviano D’Arcangelo: A palla ferma, cercando di essere più lucidi possibile, abbasserei la soddisfazione al 55%. I risultati ci sono, il fatto è che sembrano addirittura oltre i meriti perché la squadra ha vinto 12 partite su sedici esprimendosi al meglio solo a sprazzi. E non ha vinto, eccezion fatta per il Napoli, con quelle con il tasso tecnico maggiore. Non sempre è possibile chiudere positivamente gare in cui non ci si esprime al massimo del potenziale. Qui subentra un briciolo di preoccupazione: il miglioramento delle prestazioni è decisivo per il raggiungimento degli obiettivi.

Massimo Zampini: I risultati in campionato sono oltre le mie attese. Non sono tra coloro che pensavano (e pensano, ahimè) che il campionato sia già vinto da agosto; continuo anzi a pensare che vincere il sesto scudetto di fila sarebbe leggendario. La partenza contro Fiorentina, Lazio, Sassuolo senza Marchisio e con un centrocampo da ricostruire – per di più con il fresco ricordo della brillante partenza dell’anno scorso – mi spaventava. Ci troviamo invece, dopo le due trasferte milanesi e avere ospitato il Napoli, in testa con alcuni punti di vantaggio. In Champions immaginavo avremmo sofferto perché lì soffriamo più con le squadre insidiose ma meno prestigiose che con le big. Tuttavia siamo messi benino anche lì. Ciò detto, il primo vero passo in avanti, dopo una serie di partite altalenanti (brutte le due con il Lione, ad esempio), l’ho visto proprio domenica a Verona. Campo difficile, tante assenze, avversaria che non si scansa (…), becchiamo un pareggio casuale ma torniamo avanti, con varie occasioni per arrotondare. In sintesi: risultati ok, centrocampo così e così, gioco altalenante ma credo e spero che le cose miglioreranno presto.


Come vanno i nuovi?

Momblano: A me pare una gara tra chi ha fatto peggio tra Higuaín, Pjanic e Dani Alves. Una gara tra commentatori, supporter, tuttologi e hater. Dentro questo cesto risparmio il web, per ora. Arriverà il tempo di Benatia e soprattutto di Pjaca. Mai vista una campagna acquisti con 5 centri su 5, l’eventuale pecora nera è ancora tutta da scoprire. Però, se si parla di loro, è perché abbiamo in fondo pochi problemi, non trovate?

Pellecchia: Concordo con te, tanto più che mi sembra che nessuno di loro abbia avuto particolari difficoltà di inserimento. Tra tutti mi ha colpito Benatia: sembra che giochi in questa squadra da anni ed è uno dei motivi per i quali l’infortunio di Barzagli mi preoccupa relativamente. Di Pjanic e Dani Alves si conoscevano pregi e difetti, dalla indolenza a volte eccessiva del primo, alla ricerca del volo pindarico e della giocata ad effetto anche nella sua metà campo del secondo.Higuaín, invece, merita un discorso a parte: ha già segnato tanto perché è un fenomeno (quanto ci è mancato uno così) ma mi piacerebbe vederlo in un sistema che lo coinvolga di più e gli consenta di calciare maggiormente in porta. Pjaca spero torni presto per (ri)conquistarsi lo spazio che ha già dimostrato di meritare.

Momblano: Ti spiego, dicendo che soprattutto le ruggini di Pjanic erano altamente prevedibili in attesa di sferzate nel bene o nel male, che peggio sarebbe si parlasse di Bonucci, di Dybala, di Marchisio…

Pellecchia: Vero anche questo. La discontinuità ha sempre fatto parte del bagaglio di Pjanic, aspettarsi che prendesse da subito in mano una squadra dai meccanismi completamente nuovi (non è detto che non lo faccia) era eccessivamente ottimistico.

Momblano: Lui, Pjanic, era quello che temevo di più. Per ruolo, investimento tecnico e finanziario, mentalità. Senza guardare alla punizione al Chievo, è già due passi avanti rispetto alle mie aspettative. Ma in fascia no eh, no, mai, dai 70 palloni toccati in su ci siamo, limitando la fase difensiva a stretti compiti tattici. Continuerò a guardare ogni suo movimento per capire a che punto siamo con questa nuova Juve.

 

La Juve vince ma gioca male: è un falso mito o la verità?

Liviano D’Arcangelo: In base alle prestazioni mi sembra che la squadra sia sempre eccellente sul piano dell’organizzazione difensiva e dello spirito, della concentrazione. Sul piano della manovra c’è molto da fare. Spesso il gioco è monocorde, squadra corta nella propria metà campo a difendere con grosse difficoltà a ripartire in modo armonioso o troppo corta in avanti, con spazi bloccati e triangolazioni che non riescono, scelte individuali sbagliate che portano alla soluzione del cross. Higuaín riceve poche palle pulite. C’è molto da migliorare.

Pellecchia: Partendo dal presupposto che, in tanti anni che seguo il calcio non ho ancora capito cosa si intenda per “bel gioco” (è una definizione talmente vaga che cambia a seconda di come tira il vento), mi concentrerei maggiormente su un aspetto: dalla Juventus non mi aspetto il calcio champagne, ma partite in cui la differenza fisica, tecnica e mentale con l’avversario appaia evidente. E, classifica a parte, tutto questo non l’abbiamo ancora visto: contro Palermo e Udinese, per dire, sono arrivati i canonici 6 punti al termine, però, di partite sofferte e con gli ultimi minuti arroccati in difesa e completamente svuotati. Concordo quando dici che siamo monocordi e che proponiamo poche variazioni sul tema (è un vizio che ci portiamo dietro da un po’) ma credo che tutto questo sia figlio di una mentalità sbagliata: spesso tendiamo ad accontentarci e a speculare sul golletto, confidando nella solidità della nostra difesa. Un atteggiamento che non sempre paga e che può portare a delle fasi (come gli ultimi minuti con il Lione) in cui non sappiamo letteralmente che pesci pigliare. Spero che Allegri riesca (dall’alto anche di una condizione fisica che dovrà migliorare da dicembre in poi) a convincere i suoi ad approcciare in modo diverso determinate partite, con l’obiettivo di far valere la propria superiorità sempre e comunque. Il resto, compresa la fluidità della manovra, verrà.

Liviano D’Arcangelo: Concordo sulla vaghezza del concetto di bel gioco, a suo modo anche la Grecia campione d’Europa faceva un bel gioco, poetico, di difesa strenua e ricerca dell’allineamento astrale. Infatti il punto è di sfruttare il potenziale al massimo. E non è solo un fatto di risultati, ma di interpretare il gioco, di preparare giocate e movimenti, di velocizzare il pensiero con gli automatismi. Con difensori dominanti si può e si deve pressare alti, attaccare con più uomini nelle ripartenze, sfruttare le caratteristiche di Dybala e Higuain che contro difese non schierate e non serviti sempre di spalle alla porta diventano devastanti. Muoversi di più senza palla. Ovvero giocare con più libertà mentale e con meno propensione alla vittoria con il minimo sforzo. Sì è un fatto di mentalità, forse ciò che manca per entrare definitivamente nel gotha.

Pellecchia: Esatto, era proprio quello che intendevo. Abbiamo un grande potenziale e non lo sfruttiamo, affidandoci al singolo strappo credendo che basti. Ed è un vero peccato perché questa squadra ha tutto per chiudere al meglio un ciclo che vedrà la sua naturale conclusione tra due anni. Vedere Higuain (non) servito in quel modo mi fa stare fisicamente male: abbiamo uno tra i tre migliori centravanti del mondo e non riusciamo a metterlo in condizione di rendere come può e come sa. Non credo dipenda dal modulo (sebbene una certa refrattarietà dei senatori ad abbandonare la coperta di Linus del 3-5-2 c’è), ma dalla paura inconscia che un atteggiamento più offensivo e aggressivo possa costarci caro. Non credo sia così ma, al di là di questo, bisogna rischiare: il momento è ora e non sfruttare tutto quel che abbiamo adesso potrebbe essere un rimpianto maggiore di qualsiasi trofeo non alzato da qui al 2018.

Le rivali della Juve

Zampini: Sono piacevolmente sorpreso dal Milan di Montella, mi piace sempre il gioco del Napoli (che però senza Milik pare fermarsi al limite dell’area), apprezzo la Lazio di Inzaghino, con Immobile, Keita e Felipe Anderson. Eppure per me la rivale è ancora la Roma. Non tanto e non solo per ragioni di classifica, ma perché dall’arrivo di Spalletti è l’unica che ha tenuto un ritmo alto e competitivo. Davanti ha tante opzioni, Dzeko e Salah sono in gran forma, stanno tornando un po’ di infortunati (il prossimo sarà Mario Rui a sistemare la fascia sinistra), il centrocampo non è inferiore al nostro. È ancora un po’ fragile dietro, rimane un po’ umorale, ma sta trovando sempre maggiore continuità.

Momblano: Massimo, ma non vale, per te #lovincelaroma da diversi anni a questa parte…

Zampini: Esatto, Luca, e prima o poi, statisticamente, purtroppo, accadrà. E spero che mi raggiungiate qui per beccarvi un anno di festeggiamenti pure voi.

Scarpa: Non c’è gara in A. Non scherziamo. La Roma è lì solo perché Spalletti è sicuramente il più esperto in A con Allegri e perchè i giallorossi sono partiti molto prima in vista del preliminare. Partiti troppo forte eppure agevolati da alcuni episodi arbitrali decisivi. La Roma, anche recuperando esterni e centrali non è all’altezza della Juve su una maratona come la Serie A, troppi elementi “imprescindibili”, come Salah, Nainggolan, lo stesso Dzeko. La Juve fa punti anche giocando male, la Roma se gioca male va sotto.

Zampini: Ecco, il vero rischio di quest’anno è esattamente questo: credere a chi ci ha detto che già ad agosto abbiamo vinto il campionato e siamo arrivati in semifinale di Champions. I campionati sono lunghi e imprevedibili, ne abbiamo persi quando avevamo già vinto (Lazio 2000) e vinto quanto avevamo già perso (serve ricordare una data in particolare?). Non condivido questa presunzione: vincere è sempre tostissima, darlo per scontato è superficiale e pericoloso. È quello che porta tutti a essere delusi nonostante il primo posto, a impazzire di rabbia dopo ogni sconfitta, a non godersi più le vittorie. Io le assaporo ancora con lo stesso gusto, sapendo che si tratta sempre di imprese.

Scarpa: Vincere è tostissima, proprio per questo saremo noi a farlo e non la Roma (e men che meno il Napoli, che per me gioca anche meglio dei giallorossi ma ha una Champions che logora troppo mentalmente). La presunzione, il dare per scontato tutto… quello lo possiamo fare noi, i tifosi, ma i giocatori in campo hanno dimostrato di avere piedi per terra e ancora una fame inaudita. A cui va aggiunta l’arsura di un cannibale come Higuain che viene da 4 anni di astinenza. La Roma sarà un ottimo sparring partner, ma a gennaio in Coppa d’Africa noi manderemo due rincalzi, loro un Salah vero motore dell’attacco giallorosso. Zampini mi spiace, ma anche quest’anno dovrai rinunciare al Circo Massimo!

FBL-ITA-SERIEA-ACMILAN-JUVENTUS

L’ossessione della Champions

Liviano D’Arcangelo: La Champions League è il luogo in cui quel difetto di mentalità diviene più vistoso. Nel calcio l’approccio mentale è tutto, e la Champions sembra essere una sorta di complesso irrisolto, il tallone d’Achille. Quando l’obiettivo è vicino la mente si appanna. Per la stagione in corso mi auguro che la crescita paventata coincida con la ripresa dei turni a eliminazione. Primo o secondo posto conta relativamente. Bisogna crederci e non mollare un metro di campo.

Momblano: Non sono d’accordo sulla mentalità Champions, cioè io faccio sempre fatica a offrirne una definizione. È un termine che trovo vacuo, da alibi, da non conosco i motivi e allora aggrappiamoci a questo. Se vale, vale forse solo dentro i momenti chiave della partita, che in fondo sono spesso decisivi ma anche piuttosto pochi. È la ricetta calcistica che fa la differenza. Il coacervo, visto che restiamo una squadra del tutto italiana nel pensare e applicare. Giovani, vecchi, astuzia, tecnica, eccellenza, esperienza, irrazionalità. Tutto insieme, credendo che non ci sia qualcosa di superiore a priori nel giardino del vicino. Allegri ha questa dote almeno: non pensa esista un calcio superiore in quanto tale al suo. Un calcio di somme di valore, di nomi e cognomi da tremar le gambe. No. La mentalità, quella dell’Atletico che viene confusa con un reale calcio di totale applicazione (e mutua solidarietà), viene sempre dopo, se appunto esiste. Sono i giocatori che sbagliano, per questo Evra nell’intervallo del Bernabeu aveva totalmente ragione. Il resto lo fanno le idee. A Istanbul non furono adeguate al contesto. Contro il Bayern /1 (Conte) non cercammo di rompere gli spartiti, contro il Bayern /2 (Allegri) fu un’altalena tra andata e ritorno perché alcune volte le idee sono buone e altre no. La Champions è dettaglio proporzionato a chi hai in campo a poter svilupparle, concretizzarle e sublimarle.

Liviano D’Arcangelo: Questo vale per la singola gara, o per la singola edizione. Io penso al calcio che ormai è cambiato, 8 squadre che ogni anno sono sempre vincenti in patria e si ritrovano in Europa. Non ci sono più i cicli, né la scala mobile. Il calcio rispecchia sempre la realtà complessiva. In quest’ottica la Juventus è arrivata al suo bivio: o restare nella terra di mezzo per cui una semifinale è una grande impresa, o entrare nel lotto di quelle che in 5 edizioni sono sempre ai quarti di finale e poi vince chi sta meglio e chi interpreta meglio le ultime 5 gare. Qui subentra il problema di mentalità, che non è solo della squadra ma di tutto l’ambiente. In questo senso mi sembra che Andrea Agnelli possa fare da traino. Mi auguro che in altri 2 o 3 anni non si cedano più i Pogba a 23 anni e che cresca la percezione di noi stessi come di una squadra per cui i quarti di finale devono essere la norma.

Momblano: Gli status si azzerano ogni anno. E si acquistano, si perdono, si misurano solo sul campo. Quindi ecco la superiorità delle idee su tutto il resto. Io non aspiro a modelli, da juventino, tanto meno a quello del Real Madrid (che è il modello su cui il pubblico misura le campagne acquisti).

Liviano D’Arcangelo: L’obiettivo migliore sarebbe diventare noi modelli per gli altri.

Momblano: Non aspirerei neanche a quello. Il modello tecnico calcistico e quello finanziario non saranno mai legati.

 Empoli FC v Juventus FC - Serie A

Epilogo

Zampini: Parliamoci chiaro: questi di Undici tra due mesi tornano alla carica per chiederci come sta la Juve. Avremo vissuto il graduale ritorno di Marchisio, l’infortunio di Barzagli, la chiusura del girone di Champions e gli eventuali sorteggi, il confronto diretto con la Roma, magari il mercato di riparazione. Che cosa racconteremo, secondo te?

Momblano: Il 1 febbraio 2017 parleremo e scriveremo, anzi risponderemo a coloro che diranno che in Europa non siamo ancora nessuno perché lo Zenit non parla con noi per Witsel, come accadde con l’Athletic Bilbao per Llorente; che qualunque sia l’avversario sorteggiata negli ottavi (non so, mi sento che sarà Simeone con mille intrecci anche per il futuro, e allora apriti cielo) il minimo sindacale sarà accedere ai quarti; che Higuain con 15 gol a metà stagione è una delusione e via dicendo. Insomma, il tuo pane.

Zampini: Sarà pure il mio pane, ma ti sei dimenticato il confronto diretto con la Roma. Tanto qui ci vivo io, non è mica un tuo problema…