Abbiccì – La rovesciata

La quinta puntata di una rubrica sulla storia dei gesti tecnici del calcio. La rovesciata da Unzaga a Pelè, passando per Parola.

Rovesciata: è uno gesto atletico del giuoco del calcio che consiste nel scolpire la palla nella direzione opposta al proprio corpo mentre si è in aria. In spagnolo è conosciuta come cilena, in inglese come bicycle kick.

Credo nelle rovesciate di Bonimba. (Radiofreccia)

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Nella rovesciata c’è qualcosa di speciale. Prima di tutto la sua difficoltà fisica, di precisione, di ritmo per colpire la palla al volo, in aria, spalle alla porta. Poi la sua spettacolarità, legata senza dubbio alla sporadicità delle sue apparizioni sui campi da calcio (senza contare Pinilla), ma soprattutto legata alla sua caratteristica peculiare, all’essere un gesto che va contro le regole fisiche del gioco del calcio: un giocatore che si lancia in aria, il calcio (un gioco giocato al 99 percento piedi a terra) e là, nel cielo, colpisce il pallone. Ribaltandosi e ribaltando fisicamente il gesto su cui questo gioco si basa: il calciare la palla.

Secondo quanto riportato da Eduardo Galeano in Splendori e miserie del gioco del calcio :«Ramon Unzaga inventò questa giocata sul campo del porto cileno di Talcahuano, El Morro: con il corpo sospeso nell’aria, di spalle al suolo, le gambe lanciavano il pallone all’indietro nel repentino andirivieni delle lame di una forbice». Ramon Unzaga nacque a Bilbao, nel 1894, a 12 si trasferì con i genitori in Cile, finendo inizialmente a lavorare come contabile nella miniera Schwager. Giocò, però, anche a calcio per la squadra della fabbrica e riuscì in questo modo a farsi notare da una delegazione della città in cui si era trasferito: Talcahuano. A diciotto anni prese la cittadinanza cilena e incominciò una carriera ricordata soprattutto per questa incredibile giocata.

Ramón Unzaga, il padre della chilena

Il 30 dicembre del 1918 Unzaga raccontò a El Sur: «In due occasioni l’arbitro mi diede fallo per un salto di gran classe che avevo fatto per respingere la palla. Mi vidi obbligato a far notare all’arbitro il suo errore, sostenendo che altri arbitri famosi non me l’avevano punito. Seguì subito dopo uno scambio di parole che ebbe come risultato l’ordine dell’arbitro di abbandonare il campo. Mi rifiutai di uscire per regolare i conti». La prima volta che Unzaga effettuò una rovesciata venne subito ribattezza chorera dal nome della squadra per cui giocava ovvero la Escuela Chorera, poi il nome si trasformò in chilena. Su come sia avvenuta questa nomina ci sono due teorie diverse. C’è chi dice che il nome sia legato di nuovo a Unzaga: durante la quarta Coppa America della storia, allora con il nome di Campeonato Sudamericano de Football 1920, disputata tutta all’Estadio Valparaíso Sporting Club di Viña del Mar, il giocatore cileno pare abbia eseguito alcune rovesciate e i giornalisti argentini l’abbiano ribattezzata con quel nome in suo onore.

L’altra teoria, e anche quella di Galeano, racconta di come nel 1927 il club cileno Colo-Colo viaggiò in Europa per una serie di partite contro squadre spagnole, in una tournée ribattezzata gira internacional de Colo-Colo en 1927 e in questi stadi l’attaccante David Arellano mostrò diverse rovesciate. Il pubblico e i giornalisti spagnoli non avevano mai visto un gesto simile e ribattezzarono quella capriola la cilena, perché dal Cile era venuta, «come le fragole e la cueca» dice Galeano. (Per la piccola rubrica interna a Abbiccì: Le tristi storie dei giocatori cileni: il 2 maggio 1927 durante una partita contro la Real Unión Deportiva a Valladolid David Arellano si scontrò in aria con un difensore colpendosi con la proprie gambe nello stomaco e provocandosi una peritonite che non riuscirono a curare).

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David Arellano, calciatore cileno del Colo-Colo e capocannoniere della Coppa America 1926.

Una teoria diversa vede, però, un altro come l’inventore della rovesciata ed è raccontata da Paul Simpson e Uli Hisse nel loro libro: Who invented the bicycle kick? Soccer’s greatest legends and loreI due giornalisti riportano le ricerche del collega argentino Jorge Barraza, secondo cui la prima rovesciata si vide a Callao, il più grande porto del Perù, addirittura nel 1892, molto prima di quando è registrata la prima di Unzaga. L’inventore sarebbe un chalaco (un abitante di Callao) di origini africane che, durante una partita con dei marinai inglesi, pare si sia inventato questa acrobazia. In peruviano è chiamata appunto chalaca. Questa tesi è ripresa dallo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa nel suo romanzo del 1963 La ciudad y los perros (La città e i cani), dove sostiene che gli abitanti di Callao avrebbero potuto inventare la rovesciata date le loro doti uguali sia con le mani che con i piedi.

Nel libro, Simpson e Hisse raccontano di come la rovesciata non esisterebbe, o non ci sarebbe bisogno di eseguirla, se il cross diretto all’attaccante fosse preciso. Riportano le parole di Hermann Schwameder, uno scienziato tedesco esperto in movimenti: «Per fare una buona rovesciata hai bisogno, di istinto, tanto coraggio e un brutto cross». E ancora, le parole di Klaus Fischer, autore in rovesciata del gol del 3-3 ai tempi supplementari della semifinale dei Mondiali del 1982 tra Francia e Germania dell’Ovest, che la pensa allo stesso modo: «Diciamo che il cross che porta a una rovesciata non è un buon cross».

La rovesciata di Fischer durante la semifinale dei Mondiali del 1982

Quando parliamo di rovesciata non possiamo non nominare il re del calcio: Edson Arantes do Nascimento, per brevità chiamato Pelè. Tra le innumerevoli armi a sua disposizione c’era anche la rovesciata, o bicicleta, come la chiamano in Brasile. Pelè la eseguì numerose volte in carriera, ma la più famosa fu durante un Brasile – Belgio nel 1968, che è considerato il momento in cui Pelè rese questa giocata famosa in tutto il mondo, pare addirittura che John Huston l’abbia voluto nel film Fuga per la vittoria proprio dopo averla vista. «Le rovesciate non sono facili da fare», dice Pelè nella sua biografia Io l’unico re, «ho fatto 1283 gol e solo due o tre erano di rovesciata». (Per la piccola rubrica interna a Abbiccì: Cose che può fare un uomo solo in una carriera: vincere tre Mondiali (Svezia 1958, Cile 1962, Messico 1970); segnare 1281 gol in 1363 partite, recitare in un film con Sylvester Stallone).

Anche la nostra nazione ha avuto grandi interpreti di questa acrobazia calcistica. Il più famoso di tutti o meglio il più iconicamente riconosciuto è Carlo Parola, l’uomo simbolo dell’album di figurine Calciatori Panini. Parola, soprannominato Nuccio Gauloises data la passione del giocatore per le sigarette, nacque a Cuneo nel 1921; mentre giocava  per la Sisport Fiat, la squadra del dopolavoro, venne scelto dalla Juventus e incominciò così una lunga carriera in ambito calcistico, portando a casa due scudetti da giocatore e tre da allenatore, sempre in maglia bianconera.

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La partita di questo scatto è Fiorentina Juventus del 15 gennaio 1950, la foto è di Corrado Bianchi.

E poi c’è lui, Roberto Boninsegna, detto Bonimba, un centravanti che a vederlo oggi sembra davvero di un’altra epoca: grinta, potenza, cattiveria agonistica, senso della posizione. La sua rovesciata, nelle parole scritte da Luciano Ligabue, è la prima di tutte le cose in cui credere. Negli ultimi anni le rovesciate sono diventate sempre più frequenti nei campi da calcio. Probabilmente questo è dovuto all’atletismo e all’evoluzione dei calciatori di oggi. Resta intatto, comunque, il fascino e la potenza di questo gesto atletico, soprattutto quando la rovesciata porta al gol.

Il primo gol dei cinque che l’Inter fece a Foggia il 2 maggio del 1971, partita che gli valse la vittoria dello scudetto.