Cosa cambia a gennaio

Perché il mercato invernale ha riservato colpi importanti: tra grandi affari e scelte disperate.

Parte dei soldi li spesi in assoluta allegria, quella stessa con cui li avevo guadagnati. Ci voleva del fegato per ammettere che come erano entrati cosi’ erano usciti.
Diaframma – Gennaio

Il calciomercato invernale ha sempre avuto un fascino particolare, sarà perché arriva al culmine delle feste di Natale (in passato il mercato di riparazione apriva a dicembre inoltrato), nel caldo ovattato della casa riscaldata mentre fuori guardi nevicare (perché Avellino è un sud Italia anomalo e freddo, non abbiamo il mare) è piacevole lasciarsi ancora cullare dalle voci del televisore che ti raccontano di trattative avviate, piccole modifiche, stravolgimenti di rose e passioni che stanno per nascere. Uno dei movimenti di mercato che maggiormente ha sollecitato le fantasie di un ragazzo quattordicenne, romantico e milanista era stato l’acquisto di un attaccante spagnolo, quando i risultati della Liga letti sul Guerin Sportivo avevano ancora il sapore esotico di un mondo lontano: con il numero 41 a Milanello si allenava José Mari. Nonostante non avesse lo score del fenomeno, José Mari era nel mio immaginario l’uomo arrivato a reidratare un Milan parzialmente atrofico nel post sbornia scudetto. La rete del pareggio al primo pallone toccato a San Siro contro la Roma non era altro che un innocuo fuoco fatuo.

Ma gennaio continua ad affascinare per quel misto di frenesia velata, terrore, spavalderia e casualità che contraddistingue il mercato di “riparazione”. Come se le squadre fossero auto a cui si è rotta la cinghia di trasmissione e tocca sostituirla alla meglio, che i soldi non son poi tanti e rischiare in inverno è un azzardo che si può pagare caro. A gennaio possono arrivare i Podolski, i Marazzina, gli Anelka, i Jardel; persino una versione appassita di Batistuta può arrivare in prestito all’Inter. Savio Nsereko può sognare la Premier e ricchi ingaggi, ci sono i cavalli di ritorno che sono strenui tentativi di salvare la faccia e la tasca: come per Bocchetti, Esnáider o il carneade Lehkosuo.

16 Feb 2002: Jose Mari of AC Milan and Luciano Zauri of Atalanta during the Serie A match between AC Milan and Atalanta, played at the San Siro Stadium, Milan. DIGITAL IMAGE Mandatory Credit: Grazia Neri/Getty Images
Jose Mari contro Luciano Zauri durante un Milan-Atalanta di qualche campionato fa: (Grazia Neri/Getty Images)

Provando ad analizzare gli ultimi 10 anni di sessione invernale si assiste a uno shifting di arrivi verso campionati come Cina e Premier League, che per motivi differenti stanno letteralmente fagocitando il resto del mercato; fatto salvo alcune eccezioni come le operazioni portate a termine dal Psg (vedi Draxler). Se le ultime due sessioni hanno nei passaggi di Oscar, Alex Texeira e Jackson Martínez in Super League le operazioni dall’esborso economico maggiore (150 milioni di euro circa), le precedenti tre hanno come protagoniste la Premier, con Bony al Manchester City, Juan Mata (dal Chelsea allo United), e ancora il Psg degli sceicchi (Cabaye e Lucas) ma anche la Russia e l’Ucraina pre-conflitto. Bisogna tornare indietro fino al 2009/10 per trovare l’ultimo trasferimento record con primato italiano: il passaggio di McDonald Mariga dal Parma all’Inter.

Rispondere alla domanda su qual è l’operazione perfetta del mercato di gennaio è complesso, quasi quanto portarla a termine. C’entrano una mole di fattori che devono incastrarsi come i tetramini in un quadro di Tetris dal coefficiente di difficoltà ultra elevato. C’entrano le capacità dei direttori sportivi, la volontà dei giocatori, le necessità specifiche del club, c’entra, spesso, il caso. Gennaio porta con sè il mercato e l’isteria degli ultimi attimi, perché se in estate si programma in inverno si corre, i telefoni che squillano incessanti, le operazioni chiacchierate, i Presidenti che si fanno belli sbandierando acquisti già fatti che un attimo dopo sono volati via; dissolti nel tempo di un caffè. Ma quali sono alcune delle migliori operazione concluse durante il mercato invernale?

20 May 1998: Edgar Davids of Juventus takes on Fernando Morientes of Real Madrid during the Champions League final at the Amsterdam Arena in Holland. Real Madrid won the match 1-0. Mandatory Credit: Shaun Botterill/Allsport


Edgar Davids: l’uomo venuto a gennaio

Edgar Davids sembra avere un rapporto speciale con le sessioni invernali. È a gennaio che lascia la Milano delle incomprensioni tecniche, della tibia e del perone fratturati, delle sole 15 presenze nel 1996/97 e dei compagni che lo vedono come un frutto troppo maturo, marcio, incompatibile con i senatori dello spogliatoio rossonero. Il Pitbull, come simpaticamente lo soprannomineranno a Torino diventa pilastro, icona del calcio aggressivo e muscolare (con squalifica di cinque mesi per nandrolone), icona di stile in occhiali e treccine. Con la Juve vince tre Scudetti, due Supercoppe, una Coppa Italia, un’Intertoto. Non a caso Davids è la stella numero 50 tra gli ex bianconeri scelti dalla tifoseria, lui che alla Juve deve tutto, o quasi, perché gli ha «insegnato a vincere». Quando a Torino arriva Marcello Lippi il rapporto di Davids con l’ambiente si incrina, dopo un periodo di pace armata passa in prestito al Barcellona di Rijkaard, sempre a gennaio. I catalani stanno gettando le basi per l’egemonia futura e in mezza stagione quasi vince la Liga arrivando alle spalle di un Valencia all’apice di un ciclo dorato.

Diego Costa: l’odore del sangue

Nessuno o quasi conosce il passato di Diego Costa, è come quei personaggi protagonisti di un noir arrivati dal nulla in un tempo e uno spazio dato. Ha fatto discretamente bene all’Albacete e al Valladolid (in Segunda) quando l’Atletico decide di prestarlo al Rayo Vallecano. Pare che Felipe Miñambres, allora direttore sportivo del Rayo Vallecano, abbia ricevuto una telefonata dai dirigenti dell’Atletico in cui veniva proposto Diego Costa dopo che in Primera División molte squadre avevano declinato l’offerta. A Vallecas non hanno dubbi nel puntare sull’attaccante brasiliano dal passaporto spagnolo. Nonostante Costa arrivi dalla rottura del legamento crociato, è fermo da 5 mesi, e non dia alcuna garanzia immediata l’impatto con la maglia della folgore è impressionante. Dal suo arrivo salta soltanto la prima gara contro l’Atletico Bilbao, poi al rientro con il Saragozza segna la prima delle dieci reti di stagione. Aggiunge 4 assist e 9 gialli; in un video che ne celebra gli inizi lo si vede già potente ma non ancora distruttivo come oggi, riesce già a fiutare la paura ma per essere letale ha bisogno ancora di vedere il sangue. Eppure è qui che scatta il pulsante che attiva l’orda di violenza che oggi invade la Premier League, c’erano già allora i prodromi della bestia che poi sarebbe uscita dalla gabbia. Quell’anno il Rayo Vallecano si sarebbe salvato.

Tre gare, tre reti e tre assist.

Dejan Stankovic e la riconoscenza

Quando arriva all’Inter Dejan Stankovic non ha cose da dimostrare o status da acquisire. Ha già vinto due campionati, uno con la stella Rossa e uno con la maglia della Lazio, ha alzato coppe nazionali e una Coppa delle Coppe con successiva Supercoppa europea in biancazzurro. L’Inter lo acquista dopo una trattativa lunga ma non lunghissima: Dejan è in scadenza e vuole fare il salto, scattare verso una nuova dimensione. Stankovic è così convinto che all’Inter avrebbe fatto la storia (forse non del tutto consapevolmente) da decidere di riconoscere un’indennità alla Lazio che lo ha lanciato, perché l’Inter ( che comunque cerò di inserire un’opzione sulla eventuale cessione di Stam) non aveva intenzione di pagare per un giocatore che in estate sarebbe partito a zero. Dalla Gazzetta dello Sport di quei giorni si legge: «Alle 14.30, davanti alle telecamere e ai fotografi, il presidente dell’Inter Giacinto Facchetti ha consegnato ufficialmente a Dejan Stankovic la maglia nerazzurra n.11, lasciata libera da Luciano tornato al Chievo. Subito dopo il giocatore si è messo a disposizione di Zaccheroni (che lo aveva già avuto alla Lazio) che dopo l’allenamento lo ha convocato per la partita di domani sera contro il Siena». Mancini commentò:«Abbiamo perso un grandissimo giocatore», probabilmente senza sapere che insieme avrebbero fatto parte della storia dell’Inter – poi completata dalle stagioni mourinhane–, con Stankovic gollista dei tecnici nerazzurri, o quasi.

20 Sep 2000: Dejan Stankovic of Lazio in action during the UEFA Champions League match against Sparta Prague at the Stadio Olimpico in Rome, Italy. Lazio won the match 3-0. Mandatory Credit: Dave Rogers /Allsport

Kevin De Bruyne: l’incubo di Mourinho

Nonostante le vittorie ci sarà sempre una piccola macchia nella carriera di José Mourinho. Chissà se nel cuore della notte si sveglia, per colpa di quella sua ossessione che riguarda tutto ciò che gravita intorno al calcio, e pensa intensamente a Kevin De Bruyne. Per mitigare la tensione Mou abbraccia il suo cane, lo coccola, come fosse uno splendido giocatore belga da non perdere due volte. De Bruyne è il tarlo che vive nella testa di uno dei tecnici più vincenti di sempre? Mou deve operare ogni istante una sostituzione nel proprio Io per evitare di avere attacchi di panico? Comprato a gennaio dal Genk nel 2012, lasciato partire in un altro gennaio di due anni dopo. Oggi Kdb è un esemplare unico, uno che il calcio lo gioca semplice e semplice lo fa sembrare: dopo essere stato il miglior giocatore della Bundesliga è arrivato al City nell’ultimo anno della gestione Pellegrini (secondo giocatore più costoso nella storia del calcio inglese). Per comprenderne l’importanza oggi basta guardare a una sua dichiarazione: «Sono sempre alla ricerca del passaggio perfetto. Non quello da due metri che ti fa terminare la partita con oltre il 90% di passaggi andati a buon fine, ma quello che ti permette di creare un’occasione da gol. Se su 8-10 potenziali assist ne sbaglio 3, allora non ho giocato bene». Infondo a lui bastava che qualcuno spiegasse invece di ordinare

Un bambino che gioca con la sicurezza di un quarantenne.

Andrea Barzagli: l’operazione perfetta 

Nel 2011 la Juventus acquista praticamente senza spendere una lira Andrea Pirlo, dopo che nel mercato di gennaio precedente era già arrivato Andrea Barzagli. Dopo un titolo di Germania vinto con il Wolfsburg, Barzagli ha scelto Torino in silenzio, senza troppo rumore. “Con trecentomila euro cosa ci compreresti? Una casa al mare, di quelle con il balcone enorme che guardano verso l’orizzonte”. La Juve ha comprato invece una certezza, un difensore robusto, dall’incedere caracollante, un monolite per i bianconeri e per la Nazionale. Cinque scudetti, la forza di una squadra che ha trovato nella Bbc il proprio muro invalicabile. Si parla spesso di chi ci sarà dopo di lui, sono anni che pensiamo al futuro mentre Barzagli è lì, ancora fermo e immarcescibile, al centro di tutto.

RESTRICTIONS / EMBARGO - ONLINE CLIENTS MAY USE UP TO SIX IMAGES DURING EACH MATCH WITHOUT THE AUTHORISATION OF THE DFL. NO MOBILE USE DURING THE MATCH AND FOR A FURTHER TWO HOURS AFTERWARDS IS PERMITTED WITHOUT THE AUTHORISATION OF THE DFL. Werder Bremen's midfielder Mesut Oezil (R) and Wolfsburg's Italian defender Andrea Barzagli vies for the ball during the German first division Bundesliga football match Werder Bremen vs VfL Wolfsburg in the northern German city of Bremen on December 13, 2008. AFP PHOTO DDP / DAVID HECKER GERMANY OUT (Photo credit should read DAVID HECKER/AFP/Getty Images)
Andrea Barzagli affronta Mesut Özil durante un Wolfsburg-Werder Brema di Bundesliga (David Hecker/Afp/Getty Images)

Suárez e altre storie

Con i soldi ottenuti dalla cessione di Fernando Torres al Chelsea, il Liverpool investì immediatamente in due attaccanti dalle caratteristiche diverse: uno, Andy Carroll, verrà probabilmente ricordato come uno dei peggiori acquisti della storia del club mentre l’altro, Luis Suarez ha dichiarato che se un giorno tornerà in Inghilterra non vestirà altra maglia che quella dei Reds. Sempre a gennaio Juanfran è passato dall’Osasuna all’Atlético Madrid, divenendo centrale nello sviluppo del calcio secondo Simeone. In Inverno Rakitić (2011) e Dani Alves (2002) hanno raggiunto Siviglia da Gelsenkirchen e Salvador, Matić è stato il colpo che ha permesso al Benfica di incassare 25 milioni di euro per il suo ritorno al Chelsea e Marcelo, appena diciottenne, viaggiò dalla Fluminense a Madrid per legarsi a vita al Real. Gennaio è anche la finestra di mercato in cui, nel 2006, Evrà (dal Monaco) e Vidic (dallo Spartak Mosca) sono arrivati all’Old Trafford per costruire uno degli United più forti di sempre. Il primo giorno del gennaio 2007 arriva a Madrid per 12 milioni di euro un ragazzo con una folta zazzera e il soprannome patronimico di Pipita. Qualche anno dopo per averlo avrebbero dovuto dar via qualche euro in più. Parte dei soldi li spesi in assoluta allegria, quella stessa con cui li avevo guadagnati.