33.00°N 32.50°E Il giacimento di Zohr si trova al largo della costa egiziana, a poco più di 100 chilometri da Port Said.
Dietro ogni traguardo, c’è sempre un patrimonio di valori: lavoro, tenacia, coesione. Sono state capacità indispensabili nella scoperta da parte di Eni, nel luglio 2015, di uno dei giacimenti di gas metano più importanti. Il pozzo Zohr, al largo della costa mediterranea dell’Egitto, è una storia di passione, abilità e forza di gruppo: in quell’area altre compagnie petrolifere avevano trivellato a lungo senza risultati, ma la squadra Eni è riuscita nell’intento, primo caso nel Mediterraneo orientale di gas naturale contenuto nel calcare. È un traguardo fondamentale per la compagnia, ma anche una bellissima svolta che può cambiare in meglio la vita di milioni di persone.
Il giacimento si trova a 1.450 metri di profondità d’acqua e ha un’estensione di circa 100 chilometri quadrati.
La ricerca era iniziata nel 2012, con gli studi geologici dell’area. Eni ha scovato un’enorme massa rocciosa a 1.500 metri di profondità marina, nascosta sotto 3.000 metri di sedimenti. Una scoperta possibile grazie al team di ricerca Eni, che ha lavorato con l’ausilio delle più moderne tecnologie. Mentre in Egitto si perforava la roccia, chilometri e chilometri più a nord, nel Green Data Center di Ferrera Erbognone, il team Eni raccoglieva e analizzava dati. «L’inaugurazione del nuovo centro di Ferrera ha rappresentato «un’opportunità ideale per il rinnovamento e il potenziamento dell’intero ambiente High Performance Computing – spiega Marco Bianchi, HPC Architectures Manager – Eni è entrata in questo modo nella famiglia dei calcolatori capaci di eseguire milioni di miliardi di operazioni al secondo».
Ha un potenziale di risorse fino a 850 miliardi di metri cubi di gas in posto.
Ma come si indaga il mare? Perché si è deciso di esplorare quell’area piuttosto che un’altra? Entra in gioco la tecnica dell’imaging sismico. «L’imaging sismico è una tecnica di rilevamento molto simile all’ecografia medica – spiega Nicola Bienati, Seismic Signal Analysis & Imaging Knowledge Owner – anche se qui l’investigazione riguarda il sottosuolo. Nell’imaging sismico utilizziamo delle vibrazioni per poter acquisire informazioni su quello che si trova in profondità. Con queste tecniche di indagine, riusciamo a raggiungere profondità nell’ordine dei dieci-quindici chilometri, con estensione delle aree investigate fino alle migliaia di chilometri quadrati». Uno dei maggiori elementi chiave del successo è stata proprio la capacità di abbinare competenze differenti, come la geofisica e l’informatica. Ma l’alta tecnologia non è nulla se non è coordinata dalla passione e da quel fascino per la scoperta che gli uomini Eni hanno sperimentato con successo. Un gruppo, appunto. Di lavoro, ma evidentemente non solo.