La maturazione di Youri Tielemans

Procede a ritmo spedito: a 19 anni, il belga è uno dei centrocampisti più interessanti d'Europa. E oggi, con un nuovo ruolo, anche tra i più prolifici.

Neerpede è un polmone verde alla periferia ovest di Bruxelles, sia in senso letterale che figurato. Se le speculazioni edilizie sono una minaccia ricorrente con la quale i residenti sono ormai abituati a convivere (nel 2013 ci fu una petizione per impedire che una vasta area locale fosse ricoperta da una colata di cemento), in tema calcistico il verde rimane un ambito protetto e tutelato. Da anni si parla della rinascita del calcio belga a livello di nazionale, ma la profonda riforma attuata dalla KBVB (la Federcalcio belga) ha prodotto sensibili miglioramenti anche nella Jupiler Pro League, come dimostrato dalle tre squadre portate dal Belgio agli ottavi di finale di Europa League – risultato mai ottenuto prima d’ora in nessuna competizione internazionale dal paese dei Diavoli Rossi. Un exploit alle cui radici c’è un sistema tanto criticato quanto efficiente come quello dei play-off, ovvero un girone all’italiana tra le prime sei classificate, che si affrontano in partite di andata e ritorno, iniziando la poule scudetto con la metà dei punti raccolti durante la regular season. La formula, adottata nel 2009, ha innescato un circolo virtuoso che, incrementando la percentuale di riempimento degli stadi (dal 65% al 74% per la regular season, dal 67% all’82% per i play-off), ha generato profitti e investimenti (il contratto per la cessione dei diritti tv per il triennio 2017-2020 prevede 80 milioni contro i 36 del triennio 2005-2008), portando effetti positivi anche dal punto di vista sportivo (in sei anni nel ranking Uefa per club il Belgio è passato dal 14° al 9° posto).

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Neerpede è il cuore del settore giovanile dell’Anderlecht, club che contende la palma di società più produttiva del Belgio al Genk. A differenza dei fiamminghi, però, l’Anderlecht dispone ancora tra i suoi ranghi del miglior prodotto uscito dalla fucina bianco-malva da parecchi anni a questa parte, ovvero Youri Tielemans, «un 6 che può fare l’8, il 6,5 e l’8,5». Parole dell’attuale ct del Belgio Roberto Martinez che, oltre alla passione per i vecchi numeri del calcio dall’1 all’11, ha mostrato di gradire parecchio la polifunzionalità di questo centrocampista che all’età di 19 anni è già alla quarta stagione in prima squadra. Il prossimo 7 maggio Tielemans terminerà la propria adolescenza, salutando l’età da teen-ager con un bagaglio di oltre 170 presenze nell’Anderlecht (di cui è il più giovane nella storia ad aver raggiunto i 100 caps) e più di 30 nelle competizioni europee, dove detiene il primato di più precoce debuttante belga di sempre (16 anni, 4 mesi e 25 giorni in Champions League.

Il settimanale Voetbalmagazine ha preso in esame il 19esimo anno di età di una serie di centrocampisti e mezzepunte di prim’ordine che hanno preso parte quest’anno alla Champions League. Andres Iniesta, Thiago Alcanatara e Mesut Ozil avevano giocato una dozzina scarsa di partite rispettivamente con Barcellona e Schalke 04; Riyad Mahrez segnava e (si) divertiva nel Le Havre B, quarta divisione francese; Paulo Dybala era ancora un prospetto di giocatore a Palermo (27 presenze, 3 reti); Luka Modric giocava in prestito all’Inter Zapresic, David Silva al Celta Vigo, Toni Kroos al Bayer Leverkusen; Marek Hamsik infine faceva il piccolo fenomeno a Brescia. Nessuno insomma aveva alle spalle nemmeno la metà dell’esperienza già accumulata da Tielemans. Questo non rappresenta di per sé un fattore sufficiente per garantire una carriera al livello top, ma è una base importante. Aver costruito tale base tra le mura di casa lo è ancora di più.

 

Neerpede non è un semplice vivaio, bensì un laboratorio dove il talento è una componente necessaria. Da solo però non basta. «Non fabbricano squadre, ma individualità», dice Thierry Verjans, ex tecnico delle giovanili dell’Anderlecht e oggi assistente allo Standard Liegi. Una volta individuati, già nella prima adolescenza, i ragazzi dotati delle potenzialità per poter ambire alla prima squadra, la filosofia Anderlecht prevede la costruzione del giocatore attraverso un progetto individuale che prescinde da quello della squadra di appartenenza. «La base di partenza», prosegue Verjans, «è rappresentata da una domanda: il soggetto è fisicamente e mentalmente pronto per giocare con ragazzi di età superiore? Da qui si inizia a sviluppare una traiettoria specifica, che include anche l’assegnazione di uno status diverso all’interno della squadra. Tielemans rappresenta il prototipo perfetto di questo modo di agire». All’Anderlecht dall’età di 4 anni, Tielemans – con l’eccezione delle primissime stagioni – è stato sistematicamente aggregato a selezioni di età superiori alla sua. «Molti pensano che quella sia la via più rapida per formare un giocatore», afferma Mohammed Ouahbi, allenatore di Youri dall’under 8 all’Under 17, “ma la questione è molto più complessa. La scelta del talento giusto da far progredire, senza bruciarlo, è un’arte basata su sottili equilibri. Tielemans era un giocatore da addetti ai lavori, l’occhio esperto capiva subito che possedeva qualità da fuori categoria, ma ad un primo sguardo erano altri i giocatori che colpivano: Adnan Januzaj e la sua tecnica sopraffina, Charly Musonda Jr. e i suoi dribbling”. Nomi non citati a caso, sui quali ritorneremo.

 

Nell’Under 14 Tielemans era un giocatore che chiudeva la stagione con 30 reti nonostante giocasse da play in mezzo al campo. La società decise di lavorare sul fisico del giocatore attraverso un programma specifico che gli permettesse di aumentare intensità della corsa e resistenza, al fine di ottenere quella velocità media di 24-25 chilometri orari che, statistiche alla mano, caratterizza i top player del calcio mondiale in quella posizione del campo. Si parlava però anche di status. Per lui, come per Romelu Lukaku o Dennis Praet, le regole erano un pizzico più fluide. Il riscaldamento prevedeva quindici giri di campo? Ai progetti di campione era consentito farne dieci, e compensare il resto con una camminata defatigante. Alcune volte venivano dispensati da test fisici particolarmente pesanti, e ai tecnici delle giovanili la società consigliava vivamente di non sostituirli anche durante le giornate-no, come raccontato da un membro dello staff bianco-malva, rimasto anonimo, a Voetbalmagazine. «Anche in questo caso si tratta di un sottile gioco di equilibrio», dice Jean Kindermans, direttore del vivaio di Neerpede, «perché per un giovane talento è facile montarsi la testa. Tielemans sotto questo profilo è sempre stato esemplare: deciso ma mai arrogante, spesso lo abbiamo fatto capitano di squadre in cui era il più giovane. Parlava poco ma lo ascoltavano tutti, una cosa che non sarebbe successa con qualcuno dall’ego gonfiato». Lo scorso 2 ottobre, nel match contro lo Standard Liegi (il Clasico del calcio belga), Tielemans è sceso in campo con la fascia di capitano e ha disputato una delle sue migliori partite stagionali.

Originario di Bruxelles, background multiculturale, bilingue, piedi capaci di dare del tu al pallone: Tielemans rappresenta l’eccellenza del prodotto made in Anderlecht, l’ultima versione di un prototipo che ha in Vincent Kompany il suo esemplare migliore. L’essere rimasto a Bruxelles senza aver ceduto alle lusinghe delle big straniere, come accaduto ai citati Januzaj e Musonda jr. – migrati rispettivamente nelle giovanili di Manchester United e Chelsea senza aver disputato un solo minuto in Jupiler Pro League – ha rappresentato uno snodo cruciale per la sua carriera. Infatti in cima alla lista del Belgio 2.0 pianificato da Martinez c’è lui, mentre i suoi ex compagni di vivaio (che non giocano mai, o quasi) nemmeno vengono citati. «Dopo la fase del boom, ogni talento precoce conosce un momento di regressione», commenta Peter Smeets, collaboratore del procuratore di Tielemans Christophe Henrotay. «Affrontarlo e superarlo nel club dove sei cresciuto, dove tutti non solo sono propensi ad aiutarti, e hanno anche interesse a farlo, non ha paragoni. All’estero, in un grande club-multinazionale, in pochi ti aspettano».

 

Parole che rispecchiano la storia di Tielemans con la prima squadra dell’Anderlecht. La prima stagione è stato un lampo accecante, con il debutto il 28 luglio 2013 a 16 anni e 82 giorni contro il Lokeren e la vittoria a fine stagione del premio di miglior giovane del campionato (l’ultimo bianco-malva a vedersi assegnato tale riconoscimento fu Lucas Biglia, il cui buco lasciato in organico con la sua cessione alla Lazio fu coperto proprio promuovendo Tielemans). Era un’Anderlecht che sembrava ispirarsi alla hit All the young dudes firmata da David Bowie: Tielemans, Chancel Mbemba, Praet, Massimo Bruno, Aleksandar Mitrovic. Persero 9 partite su 30 nella regular season, poi altre 2 nei primi 5 turni dei play-off scudetto, fino alla clamorosa rimonta terminata con la vittoria in volata su Standard e Brugge. A oggi, questo è l’ultimo titolo finito nella bacheca del club di Bruxelles. Nelle due stagioni successive però Tielemans è scivolato sotto il peso delle (enormi) aspettative, nonostante il bis nel 2015 nella categoria Belofte van het Jaar (promessa dell’anno): i tempi di gioco hanno cominciato a essere dettati con tempi fuori sincrono, i lanci si sono fatti meno precisi, la presenza sul campo è stata ammantata da un alone di impalpabilità. Con Besnik Hasi lo scorso anno è arrivata, in 15 occasioni, persino la panchina. Cadute di tono assorbite dall’ambiente casalingo, che non gli ha mai fatto mancare il proprio sostegno.

Poi in estate è arrivato lo svizzero René Weiler, reduce da una promozione sfiorata in Bundesliga con il Norimberga e in possesso di una laurea in Comunicazione, Marketing e Leadership. Aria fresca e idee nuove, che oltre ad aver condotto alla valorizzazione di un attaccante (il polacco Lukas Teodorczyk) capace di segnare più dei vari Lukaku, Mitrovic e Okaka, hanno permesso di rispolverare il miglior Tielemans da un paio di anni a questa parte.  L’intuizione di Weiler è stata quella di toglierlo dal cuore del centrocampo, proponendolo più interno che play basso per sfruttarne le capacità balistiche (secondo il tecnico dell’Under 21 belga Johan Walem «da uno con la sua tecnica mi aspetto una decina di gol a stagione») e di incursione. Finora, 17 centri stagionali, 10 assist e l’idea di rimanere a Bruxelles ancora un anno. «Con il titolo nazionale e il premio di giocatore dell’anno saprò di essere pronto a lasciare il Belgio», ha dichiarato Tielemans. Il modello per eccellenza del laboratorio di Neerpede negli anni a venire.