A Monaco di Baviera era rimasto un conto in sospeso. Quando scrivevamo: «Il raggiungimento della finale di Berlino, ora, va visto in un’altra ottica: non l’exploit isolato di una stagione, ma il posizionamento di una squadra tra le big d’Europa». Cosa aveva impedito alla Juventus di eliminare il Bayern? Un episodio, nient’altro: un gol arrivato a tempo praticamente scaduto, dopo che per tre quarti di partita i bianconeri erano avanti di due reti. Al netto del risultato sfavorevole, quello che la partita di Monaco di Baviera lasciava alla Juventus era una consapevolezza diversa, una consapevolezza europea.
Non era nata in Germania, ma era frutto di un percorso, a volte faticoso, a volte lineare, a cui la Juve era approdata grazie a numerosi fattori: la mentalità vincente, ritrovata sin dai tempi di Conte; il know-how allegriano; la presenza di giocatori esperti e abituati a certe serate. Ci sono state partite che hanno rappresentato la svolta (la vittoria per 3-0 a Dortmund nel 2015, per esempio), ma quella contro il Barcellona non lo è: rientra perfettamente nel ruolo che la Juventus ha ritagliato per sé, quella di squadra in linea con le ambizioni più alte. Le previsioni della gara, anche sui media esteri, non indicavano un Barcellona favorito, a riprova di quanto la differenza tra le due squadre fosse diventata minima, praticamente inesistente. Il risultato finale, così largo e così pesante, si deve al combinarsi di vari fattori: la serata strabiliante di Dybala; la conferma della difesa bianconera, capace di subire appena due gol in questa Champions; l’approccio molle del Barcellona, più volte visto in trasferta (Parigi vale per tutte), con troppi giocatori sottotono (Neymar la delusione maggiore).
Molti indicano nel 4-2-3-1 di Allegri, con la presenza contemporanea di tutti i giocatori di maggior qualità in campo, una delle chiavi del successo schiacciante della Juventus. Non è soltanto per questo: Allegri ha trovato uno straordinario mix tra creatività ed equilibrio con questa soluzione, una delle più belle e azzeccate, ma da sola non basta. Se il tecnico avesse individuato in un altro modulo, in un’altra disposizione, in altri uomini il sistema perfetto per la sua squadra, allora questo avrebbe funzionato anche contro il Barcellona. Perché il valore aggiunto della vittoria dei bianconeri è stato questo: non aver giocato sull’avversario. Allegri, e la Juventus tutta, ha tenuto fede alle sue convinzioni: da questo passa l’idea di una squadra che è diventata matura, un’autentica grande.
Il contesto di eccellenza della Juventus di oggi ha un effetto determinante nella crescita dei suoi giocatori. Contro il Barcellona, si è visto soprattutto per Paulo Dybala. La Joya ha segnato due gol bellissimi, oltre che importantissimi (il primo più difficile del secondo: riceve palla spalle alla porta, non ha visuale, eppure in un attimo si gira e da fermo incrocia sull’angolo più lontano). Ma è tutta la sua gara a dimostrare un’efficenza e una qualità altissime: nonostante i suoi 23 anni, ha dimostrato di sapere esattamente in quale porzione di campo giocare, dove ricevere palla, quando spingere. Complice anche l’assenza di Busquets e con un Mascherano decisamente in difficoltà a centrocampo, ha saputo agire tra le linee, trovando sempre i tempi della giocata: più il Barça cercava di contenere le scorribande nemiche sugli esterni, più la Juventus convergeva immediatamente per linee centrali, dove aveva il suo faro luminosissimo nell’argentino. Con questi numeri: 22 passaggi completati, due tiri in porta, due gol. Ma è un ragionamento che può valere per molti altri giocatori, come Alex Sandro, autore di una partita di incredibile applicazione.
Dobbiamo abituarci all’idea, se ancora non lo siamo, di posizionare la Juventus in linea con le migliori, di valutarla come fosse un Real Madrid, un Bayern Monaco, o un Barcellona stesso. La ritroviamo sempre tra le migliori d’Europa, e non vale più solo per il campionato: è una squadra che ha imparato a sentirsi forte, a non temere certe partite e certi avversari. La sconfitta del Barça contro il Psg per 4-0 aveva destato scalpore, quella dello Stadium no: non basta per tracciare un’idea di come esistano livelli diversi, e di come la Juventus appartenga al più alto? C’è ancora una partita di ritorno da affrontare, ma la Juventus sa quello che deve fare: dovrà giocare per sé, non per aspettare che il tempo passi come ha fatto il Psg, pur consapevole che la pressione sarà doppia, tripla, rispetto alla gara di andata. Ma non ci sarà bisogno di aspettare per verificare che questa Juve, oggi, ha un’idea di compiutezza totale.