Alla vigilia della finale di Champions League, nove undicesimi della Juventus che affronterà il Real Madrid sembrano già sicuri di una maglia da titolare: Buffon, Dani Alves, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro, Pjanic, Mandzukic, Dybala e Higuaín. Sorvolando sul ballottaggio Marchisio-Khedira, che non comporta variazioni significative in termini di interpretazione della partita, vale la pena approfondire il dualismo, questo sì ben più determinante, tra Cuadrado e Barzagli. La doppia semifinale di Champions e la finale di Coppa Italia, in cui la Juve ha riportato in auge, almeno in fase offensiva, la difesa a 3, lasciano intendere la conferma di questo sistema; tuttavia non è da escludere un nuovo colpo di scena, ovvero la riproposizione di quel 4-2-3-1 grazie a cui ha svoltato la stagione.
Vale la pena quindi focalizzarci sui possibili pro e contro derivanti dalla scelta di un modulo a discapito dell’altro. Nell’andata della semifinale di Champions, Allegri ha spiazzato i monegaschi inserendo Barzagli al posto di Cuadrado. Aggiungere un difensore, al di là dell’effetto sorpresa, ha voluto dire garantirsi la superiorità numerica nei confronti dell’attacco biancorosso. Nello specifico i tre centrali difensivi si sono potuti permettere di uscire forte su Mbappé, rompendo quindi la linea senza scoprire il centro dell’area. O eventualmente, considerato il divario atletico tra la punta francese e la Bbc, i campioni d’Italia hanno potuto spendere un uomo in copertura al marcatore di Mbappé, pronto all’occorrenza per il raddoppio.
Detto della miglior copertura dell’area sui cross (il Monaco tra andata e ritorno ha completato solo 7 traversoni su 60), il rombo basso Barzagli-Bonucci-Chiellini-Pjanic, forte sempre dell’uomo in più, con la palla tra i piedi ha costretto l’avversario a forzare le marcature: meglio chiudere il segmento centrale o uscire sui difensori laterali? Alla luce della proprietà di palleggio limitata di Chiellini e Barzagli, questi sono stati lasciati liberi di ricevere, ma una volta in possesso un eventuale scivolamento avversario senza i tempi giusti ha aperto la linea di passaggio verso uno dei registi.
Come in questo caso: Lemar esce timidamente su Barzagli, Bakayoko non si alza su Pjanic e il bosniaco può verticalizzare per Dybala
Quello a cui abbiamo assistito pure contro la Lazio in Coppa Italia è uno schieramento di difficile catalogazione: in fase di possesso Dybala è una sorta di free role che si muove a tutto campo per legare e rifinire il gioco, Mandzukic ne prende il posto spartendosi l’area con Higuaín, mentre Alex Sandro e Dani Alves corrono lungo i binari esterni. Con l’ex Barcellona a tutta fascia, la Juve ha potuto beneficiare della gestione dei tempi, la visione di gioco e la capacità di attaccare gli spazi del brasiliano, letteralmente in stato di grazia, garantendosi una risalita del pallone più efficiente rispetto a quella offerta dal colombiano, meno lucido nelle scelte negli ultimi 30 metri. Tuttavia con il 3-4-1-2 il rischio è quello di ricadere nelle problematiche del recente passato a livello di costruzione bassa: la difesa non autosufficiente nell’impostazione obbliga gli accentratori (Alves, Pjanic, Dybala e Higuaín) a schiacciarsi, impedendo alla squadra di distendersi. Con due uomini per lato le posizioni medie sono invece più alte e risalita del campo per vie laterali quasi naturale.
L’ex viola e il brasiliano si dividono la fascia e, facilitati dal lavoro di Higuaín, vanno facilmente sul fondo
In più, in una formazione che non ha nelle sue corde i tempi né le spaziature corrette nelle ripartenze, Cuadrado è l’unico che ha il passo (con e senza palla) per ribaltare il campo in contropiede. Una dote da tenere a mente in una partita che giocoforza si deciderà sugli episodi, dove la formazione di Allegri verosimilmente alternerà fasi di possesso ad altre di difesa posizionale. L’ex Fiorentina in questo senso, nonostante la flessione delle ultime uscite, rappresenterebbe la variabile impazzita in grado di far saltare il banco.
D’altro canto non si può attuare un determinato piano gara senza tenere conto dell’avversario. A maggior ragione contro un Zidane che in più di una circostanza ha modellato il suo undici sui difetti del contendente. Dopo l’infortunio di Bale subito a fine aprile, l’allenatore francese con l’inserimento di Isco ha virato dal 4-4-2 al 4-3-1-2. Una mossa con cui si è assicurato un controllo dei ritmi e della sfera superiori, ma soprattutto un trequartista capace di fungere da raccordo tra centrocampo e attacco svariando in orizzontale e verticale.
Isco a tutto campo: prima scende sulla linea dei centrocampisti per consolidare l’azione, poi si alza alle spalle della difesa del Celta Vigo, propiziando la rete di Cristiano
Lo schieramento delle merengues è ancora più fluido di quello bianconero: se la Juve in fase difensiva ritorna al 4-4-2 (con il 3-4-1-2 può passare a 5 se si alzano sul lato forte terzino e ala), il Madrid, che difficilmente va a contestare il possesso e aggredire il portatore, si dispone a seconda delle posizioni a palla persa. Ad esempio se lo stesso Isco la perde sull’esterno, si piazza lateralmente rispetto alla mezzala, formando un 4-4-2. Non trattandosi però di una configurazione fissa (talvolta i blancos optano per il 4-3-1-2 di partenza), si possono generare dei malintesi nelle transizioni negative potenzialmente sanguinosi.
Isco, inizialmente sul centro-sinistra, scopre la fascia per andare su Hernandez. Così facendo però lascia Marcelo con due uomini. Con il terzino brasiliano costretto a prendere Hugo Mallo, Sergio Ramos abbandona Guidetti per uscire su Iago Aspas, che nel mentre ha il tempo di prendere la mira e calciare
Anche questa fragilità dei madrileni – che in Champions concedono ben 12,3 tiri a partita e in stagione hanno subito complessivamente 69 reti in 59 partite – suggerirebbe l’impiego di Cuadrado, su cui il tecnico livornese potrebbe contare pure per spendere l’uomo in più sulla fascia e tenere basso Marcelo, terzino solo nominalmente. Idem qualora Zidane decidesse di lanciare dal 1’ il convalescente Bale e tornare al 4-4-2: con il colombiano titolare, l’allenatore toscano si giocherebbe la finale in maniera speculare. Per contro la difesa a 3 – ammesso che il francese punti sul 4-3-1-2 – permetterebbe di sopperire alla doppia inferiorità numerica in mezzo al campo con l’uscita di uno dei 3 centrali, che si occuperebbe del trequarti andaluso senza sguarnire il centro. Eventualmente lo stesso discorso può essere applicato a Benzema in relazione ai suoi movimenti a liberare l’area, con cui cuce la manovra e apparecchia la tavola a Cristiano.
Un altro piano di lettura riguarda la gestione dei cambi: se i campioni uscenti in panchina possono contare su un parco attaccanti chilometrico (basti pensare al fatto che uno tra Bale, James, Vazquez, Kovacic, Asensio e Morata potrebbe finire in tribuna), la Juve non ha alternative offensive da inserire a gara in corso. Se non appunto Cuadrado, ancora una volta ago della bilancia nella preparazione del match. Un aspetto, quello del “cambio spacca partita”, particolarmente caro al mister livornese, di cui difficilmente non terrà conto nelle sue valutazioni. Anche perché la sfida potrebbe protrarsi ai supplementari.
Se Allegri ha dichiarato che gli spagnoli «con Bale sono più ordinati e meno fantasiosi, con Isco meno ordinati e più fantasiosi», guardando in casa propria può vagliare due registri: ripartire dalla Bbc e giocarsi una gara più conservativa, in cui prediligere il controllo degli spazi, attaccare e difendere in posizione, salvo poi scoprire tutte le proprie carte nella ripresa con l’ingresso di Cuadrado. Oppure approcciarsi alla finale in maniera più sbarazzina e proporre grazie al colombiano dall’inizio una squadra più verticale e ficcante nelle transizioni.