Correre “in calzamaglia” non serve a niente

di Redazione Undici
05 Giugno 2017

In inglese si chiamano “compression tights” e negli ultimi anni si sono diffusi ovunque, tra chi pratica running o jogging: sono una specie di calzamaglia che stringe – comprime, appunto – le gambe degli atleti e che, in teoria, dovrebbe implementare la performance. Ma uno studio commissionato da Nike al Wexner Medical Center della Ohio State University ha rivelato che, beh, le performance rimangono esattamente le stesse, correndo con i “tights” oppure senza.

Innanzitutto, la teoria. Perché si pensava che le calzamaglie contenitive funzionassero? Perché, ha spiegato lo studio, correndo i muscoli sono sottoposti a notevoli vibrazioni. Ogni vibrazione produce delle contrazioni che utilizzano energia. Comprimendo i muscoli si riducono le vibrazioni. Riducendo le vibrazioni, si pensava, si sarebbe risparmiata energia, e l’atleta avrebbe quindi faticato meno. Ma i test, realizzati su uno speciale tapis-roulant dotato di moltissimi sensori, hanno mostrato che la riduzione delle vibrazioni muscolari non corrispondeva a nessun risparmio di fatica: i test, con e senza i “tights”, avevano gli stessi risultati.

Ajit Chaudhari, il professore che ha condotto i testi, ha tuttavia detto che i runner potrebbero beneficiare di una sorta di effetto Placebo: dallo studio, d’altronde, non è emerso che i “tights” facciano male, o che riducano le performance. Quindi, se un atleta pensa di performare meglio indossandoli, forse lo farà, semplicemente per una questione psicologica.

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