Digitando il nome di Marco Asensio nella barra di ricerca di YouTube, compaiono una serie di filmati in cui il giovane maiorchino viene indicato come “The New Messi”: retaggio di un video in cui, palla al piede, taglia il campo per 70 metri, portandosi dietro mezza squadra avversaria. Vederlo giocare contro la Macedonia, nella partita d’esordio delle Furie Rosse all’Europeo Under 21 in Polonia, ha richiamato la medesima sensazione di naturale superiorità che la Pulce esercita con regolarità: facendo nostre le parole di Sergio Santos Chosaz su AS, “un uomo tra i bambini”, tecnicamente sovradimensionato rispetto al contesto, l’impressione di essere almeno due volte più veloce, di piede e di pensiero, di chiunque degli altri 21 in campo in quel momento. Al termine della gara Albert Celades, allenatore di una squadra che può contare su elementi del calibro di Saúl, Deulofeu e Iñaki Williams, ha detto che «la Spagna deve sentirsi benedetta a poter schierare uno con le sue qualità tecniche e umane», mentre su Marca Pablo Egea, il giorno dopo, ha scritto: «Con uno come Marco Asensio come leader, non è stata necessaria la miglior versione della Spagna per vincere la partita. Il ragazzo di Maiorca ha fatto di tutto per presentare la propria candidatura come Mvp del torneo, spaccando la partita con le sue tipiche accelerazioni. Nessuno della Macedonia era in grado di tenere quello che, molto probabilmente, sarà il miglior giocatore della manifestazione».
La spettacolare prova di Marco Asensio contro la Macedonia nella prima gara dell’Europeo Under 21: tripletta nel 5-0 finale della Rojita
A 21 anni appena compiuti, l’ex Maiorca ed Espanyol ha disputato la prima stagione veramente importante della carriera, pur non essendo quella della definitiva consacrazione: normale quando ti ritrovi davanti mostri sacri come Ronaldo, Bale e Benzema e con due riserve di lusso come Isco e Morata che, a loro volta, hanno dovuto sgomitare e non poco per ritagliarsi il giusto spazio. Come hanno fatto notare su FourFourTwo, «Zidane lo ha portato stabilmente in prima squadra e se ne è servito come valido ricambio per le stelle della sua linea d’attacco, specialmente nelle settimane finali della stagione quando l’allenatore ha adottato un’efficace rotazione in proiezione della vittoria della Liga e della gloria europea». Da questo punto vista, quindi, il bilancio di Asensio può considerarsi ampiamente in attivo, non solo dal punto di vista dei trofei conquistati: 38 presenze tra campionato e coppe (di cui appena 15 da titolare) e 10 gol. Tanto da far dire a Sergio Moreno di AS: «Uno dei piani B di Zidane in caso di partenza di Cristiano Ronaldo è il lancio in pianta stabile di Marco Asensio, una delle più grandi promesse del calcio mondiale e già nel mirino di Lopetegui per la nazionale maggiore. Se Cristiano lascerà il club, l’allenatore affiderà al giovane il compito di occupare la fascia sinistra dell’attacco. Una scelta rischiosa che, però, Asensio si è guadagnato facendo la differenza nella parte finale di stagione».
Il 2016/2017 di Marco Asensio
Dopo essere arrivato per poco più di tre milioni di euro nell’estate 2015, Asensio viene da subito aggregato alla prima squadra di Benitez. A fine mercato passa all’Espanyol: con un bottino di 4 reti in 34 presenze, Asensio si segnala come l’elemento chiave del 4-2-3-1 dei Periquitos, disimpegnandosi ottimamente sia come esterno puro che come trequartista, diventando una sorta di playmaker offensivo (chiuderà il 2015/16 con 10 assist e 56 passaggi chiave) che dà il meglio quando riesce ad agire tra le linee, saltando la prima pressione avversaria e sfruttando la sua grande visione di gioco per mandare in porta il compagno sul taglio alle spalle della difesa (81% di pass accuracy con il 53.5% dei tocchi effettuati in verticale). L’impatto con il calcio ad alti livelli è talmente buono che Del Bosque non lo convoca per gli Europei in Francia solo perché «la concorrenza sarebbe stata troppa per lui», non mancando, però, di definirlo come «il più grande talento che abbiamo oggi in Spagna».
Quello che ritorna al Real dalla porta principale è un giocatore duttile (ad inizio stagione, senza Ronaldo, è il terzo a sinistra del tridente offensivo, salvo poi occupare praticamente ogni posizione dell’attacco, da trequartista atipico e/o da esterno a piede invertito per facilitarne il movimento ad accentrarsi liberando la conclusione mancina), tatticamente disciplinato (la sua grande resistenza aerobica e un QI calcistico particolarmente sviluppato lo rendono molto versatile anche in fase di non possesso, con un’ovvia predilezione per la chiusura delle linee di passaggio altrui: sono 13 gli intercetti stagionali, con 7 recuperi difensivi), dal sicuro impatto a gara in corso indipendentemente dai minuti a disposizione. E che migliora, in maniera esponenziale, il suo apporto realizzativo, uno dei pochi punti deboli del suo repertorio: rispetto alla sua annata all’Espanyol, a fronte di un numero pari di conclusioni (poco più di 40), la shot accuracy cresce di quasi 20 punti percentuali (dal 55 del 2015/2016 al 77 attuale), permettendogli di diventare molto più efficace sotto porta (il conversion rate è passato dal 10 al 17.5%) e di trovare il gol all’esordio in tutte le competizioni cui il Madrid partecipa, fatta eccezione per il Mondiale per Club.
La sua migliore caratteristica, però, è la capacità di conduzione del gioco in transizione: contrariamente a quello che le sue caratteristiche di base lascerebbero pensare (ottimo scatto da fermo, praticamente inarrestabile in progressione in campo aperto, il 52% di successo nell’uno contro uno), Asensio è un giocatore molto più associativo del normale: il suo correre sempre a testa alta gli permette di intuire prima degli altri lo sviluppo della singola situazione e di operare sempre la scelta concettualmente corretta, al netto degli errori di misura o imprecisione. Non è difficile immaginare, quindi, il perché, alla lunga, sia riuscito ad incidere di più e meglio rispetto ad un James Rodríguez o ad un Morata, elementi maggiormente inclini alla ricerca della giocata estemporanea piuttosto che di quella più utile in relazione ad una determinata fase della partita. Come ha fatto giustamente notare ancora Sergio Santos Chosaz, «l’atteggiamento di Asensio in questa stagione è stato impressionante e, nonostante un periodo di incertezza intorno a gennaio, ha mostrato una maturità insospettabile per la sua giovane età. Nel periodo in cui non ha giocato non ha voluto dire nulla sulle poche opportunità che gli venivano concesse, cosa che James non ha fatto nel finale della stagione 2016».
Nella seconda gara dell’Europeo Under 21 contro il Portogallo, Asensio ha dimostrato come sa essere determinante quando non entra nel tabellino dei marcatori: movimenti continui, tanto in ampiezza quanto in profondità, per evitare di dare punti di riferimento, lettura perfetta delle situazioni a difesa schierata e/o in campo aperto, giocate mai forzate e sempre utili allo sviluppo organico della manovra. Il repertorio di un esterno moderno e completo
Asensio potrebbe seguire le orme di Cristiano Ronaldo a livello di evoluzione tattica: attualmente il giovane spagnolo agisce come prima alternativa sulle corsie esterne del tridente d’attacco (tanto sulla mancina naturale quanto su quella destra), in modo da poter massimizzare gli effetti delle sue giocate in transizione in situazione di campo aperto a partita in corso; così come le recenti prestazioni con la maglia dell’Under 21 stanno dimostrando come anche da titolare (svariando su tutto il fronte offensivo, talvolta agendo anche da falso nueve ed evitando di dare punti di riferimento fissi e di facile lettura per gli avversari) il suo impatto sulla partita non subisca sostanziali stravolgimenti, soprattutto in virtù della sua polivalenza e della sua adattabilità. Al momento, quindi, lo spunto nel breve e la natura associativa delle sue giocate ne suggeriscono l’impiego a supporto di una prima punta (la posizione, come detto, è indifferente), magari imparando a sfruttare meglio lo spazio creato dai movimenti della stessa.
Non è peregrino, però, immaginare in futuro un Asensio portato molto più vicino alla porta, anche in posizione centrale, per sfruttarne le intuizioni e l’ottima qualità di calcio con entrambi i piedi, magari migliorandone la lucidità al momento della battuta a rete. Certo c’è da limare un’incostanza tipicamente giovanile e il killer instinct negli ultimi 16 metri (in particolare per ciò che riguarda la velocità d’esecuzione e la naturalezza dei movimenti all’interno dell’area di rigore), ma la voglia e la testa sono quelle del predestinato: «Devo essere umile e continuare a lavorare, gli elogi non devono assolutamente distrarmi. Tutto quello che ho guadagnato fino ad ora lo devo grazie al lavoro e al sacrificio. E se si nota in campo non mi resta che continuare così».