Qualche giorno fa, parlando dell’affare Neymar, Karl-Heinz Rummenigge, presidente del Consiglio direttivo del Bayern Monaco, ha detto alla Bild: «Il nostro club non può e non vuole entrare nel carosello degli acquisti a suon di centinaia di milioni, e sono convinto che i nostri tifosi siano d’accordo. Noi abbiamo un’altra filosofia, non ci faremo coinvolgere in questa follia. La gente capirà». Dentro le dichiarazioni del dirigente tedesco c’è tutta la Bundesliga: un modo di intendere, pensare, fare il calciomercato. Secondo le trascrizioni dell’intervista, Rummenigge ha usato la parola “filosofia“. Amore per la sapienza. È bello, anche perché è realistico, immaginare che la politica di mercato dei club tedeschi possa essere nata da un processo valutativo similare a quello della filosofia aristotelica: un’analisi e un giudizio per ogni ipotesi, poi la scelta della soluzione migliore.
Una ricerca su Google con la query “Philosophie Bundesliga” ha come primo risultato una recente intervista di Oliver Kahn a Die Welt. Anche la lettura dell’ex portiere è illuminante, e chiarisce i concetti chiave del modello costruito in Germania: «Il Bayern utilizza una strategia consolidata, i profili acquistati al mercato hanno un’età che consentirà loro di svilupparsi ancora. Nonostante i grandi mezzi finanziari del club, è sempre più difficile acquistare i calciatori più forti, quelli già formati. È necessario utilizzare un approccio diverso, perciò i bavaresi uniscono questo tipo di giocatori, provenienti dalla Bundes o dall’estero, a quelli cresciuti nel settore giovanile. Accanto a quella del Bayern, apprezzo molto la filosofia del Dortmund: tutto si basa sulla valorizzazione economica e tecnica di calciatori ancora più giovani, ad altissimo potenziale». Non è un caso che Kahn abbia usato il termine filosofia anche parlando del Borussia. La Bundesliga è un luogo dove il calciomercato è giovane, sostenibile, ma soprattutto logico.
I primi highlight in maglia Bayern di Corentin Tolisso, l’acquisto d’importazione più caro nella storia della Bundesliga
In un articolo pubblicato su Studio subito dopo il titolo Mondiale della Mannschaft di Joachim Löw, nel 2014, Marco Capizzi scrive: «C’è una leggenda da sfatare, e di cui si è sentito tanto parlare in tv: “La Bundesliga non va mica a comprare stranieri inutili”. Ecco, la Germania, nel 2013, è il quarto Paese al Mondo per flusso di trasferimenti internazionali in entrata (345), davanti all’Italia (sesta con 304) e anche alla Spagna (nona con 264)». Si tratta di un dato importante, che fa riflettere perché va oltre i luoghi comuni. E che viene confermato dal mercato estivo 2017: al momento in cui scriviamo, la Bundesliga ha importato 43 nuovi calciatori dall’estero, la stessa quota della Serie A. Quello dei club tedeschi è un metodo di reclutamento composito, basato sulla formazione domestica dei giovani (attraverso i Talent Promotion Program istituzionalizzati in tutti i club, secondo le regole didattiche della DFB) e su un attento lavoro di scouting nei campionati di tutto il mondo. Le cifre, anche in questo caso, supportano e confermano questa doppia politica: la Bundesliga ha una percentuale di giocatori stranieri di poco superiore al 51%.
Se la geografia del calciomercato tedesco si snoda secondo due direzioni differenti, i parametri che regolano gli investimenti sono comuni, condivisi, collettivi – ovviamente proporzionati alla forza economica di ogni società. Le operazioni onerose, quelle che comportano un costo per il cartellino, sono pensate e utilizzate in funzione esclusivamente prospettica, per acquistare calciatori giovani in grado di crescere, di contribuire al ciclo ininterrotto del denaro e del talento. La pagina di Transfermarkt che elenca tutti i trasferimenti ufficiali di questa estate è la conferma di questo modello: le 18 squadre che nell’ultimo week-end hanno aperto la 55esima edizione della Bundes a girone unico hanno concluso, in tutto, due soli affari onerosi per calciatori sopra i 29 anni. Si tratta del 30enne svizzero Gelson Fernandes, acquistato dall’Eintracht Francoforte per 500mila euro, e di Paul Verhaegh, terzino belga di 33 anni, passato dal’Augsburg al Wolfsburg per 1,5 milioni di euro. Tutti gli altri movimenti che hanno coinvolto giocatori nati prima del 1987 sono stati formalizzati in prestito o a costo zero.
In questa stessa sessione, il Bayern ha battuto un record che già deteneva precedentemente, quello dell’acquisto di importazione più costoso di sempre: Corentin Tolisso, 22enne centrocampista francese, è stato pagato 41,5 milioni di euro. Il suo predecessore, in questa particolare graduatoria, era Javi Martínez, comprato nel 2012 – a 24 anni – per 40 milioni di euro. Quella portata a termine per l’ex Lione non è però l’operazione più costosa di sempre per una società tedesca: Julian Draxler, nell’estate del 2015, è passato dallo Schalke al Wolfsburg per 43 milioni di euro. L’attuale esterno offensivo del Psg, al tempo del passaggio al club della Bassa Sassonia, aveva 21 anni. Tra le cinque leghe più importanti d’Europa, la Bundes ha l’età media più bassa in assoluto (24,9 anni contro i 25,4 della Ligue 1, tutte le altre vanno a salire). Come abbiamo scritto prima, il calciomercato da queste parti è logico, giovane, sostenibile: le cifre dei trasferimenti record nella storia del torneo raccontano il perché .
Maximilian Philipp, classe 1994: è passato dal Friburgo al Borussia Dortmund per 20 milioni di euro
Alla vigilia della finale di Champions tutta tedesca del 2013, la Bbc pubblica un’analisi dal titolo impegnativo (“German football model is a league apart”) in cui vengono chiariti i risvolti virtuosi, tecnici ed economici, del business model della Bundesliga: «Molti club di Premier League sono in perdita. quelli di Bundesliga hanno invece un bilancio profittevole. La differenza sta tutta nel modo in cui le dirigenze contengono i costi. I risultati aggregati dicono che l’intero campionato tedesco è in attivo di 47 milioni di sterline, mentre quello inglese ha una perdita di 207 milioni. È un problema di stipendi: il costo del lavoro incide per il 38% del fatturato di un club di Bundes, mentre in Premier questa percentuale arriva al 67%. In Germania esiste un mercato dei campioni – il Bayern ha appena comprato Götze dal Borussia Dortmund per 31 milioni di sterline –, ma il sistema permette a tanti giovani stelle di crescere all’interno dei club».
Una struttura sportiva e manageriale di questo tipo, basata sull’esplorazione e la valorizzazione del talento, garantisce solidità economica a lungo termine. Ma consente anche di fare selezione, di puntare solo sui giovani migliori. I club di Bundesliga si affidano ai prodotti delle loro academy (i convocati dell’Under 21 di Stefan Kuntz, alla vigilia del vittorioso Europeo di categoria, mettevano insieme 1137 presenze nel massimo campionato tedesco), ma intanto continuano a pescare sul mercato, domestico ed internazionale. Oltre Tolisso e James Rodríguez, i movimenti di importazione più interessanti di questa stagione sono quelli di RB Lipsia, Schalke 04 ed Eintracht Francoforte. Il club di proprietà della Red Bull, dopo il secondo posto e la qualificazione diretta ai gironi di Champions, ha cercato di replicare un calciomercato simile a quello del Borussia Dortmund 2016, con una differenza fondamentale: la politica di riferimento non è il sell-to-buy, non ci sono state cessioni d’impatto, ma le caratteristiche dei nuovi acquisti sono molto simili a quelle del club giallonero – grande qualità e hype riconosciuto a livello internazionale. L’organico di Ralph Hasenhüttl si è arricchito con Jean-Kévin Augustin dal Psg, Bruma dal Galatasaray e Konrad Laimer dal Red Bull Salisburgo. L’operazione più promettente dal punto di vista tecnico e narrativo è quella relativa al 20enne attaccante francese, cresciuto nelle giovanili del Paris: un anno fa, Outsideoftheboot lo ha definito «un calciatore destinato a una carriera brillante, con grandi doti di accelerazione e forza fisica, e con la giusta sensibilità tattica per interpretare anche il ruolo di esterno». Per il suo nuovo tecnico, Augustin è «potenzialmente perfetto per il sistema di gioco del Lipsia».
Amine Harit, 20 anni, è appena passato allo Schalke 04
Lo Schalke ha impostato il suo calciomercato sulle suggestioni del talento: accanto al riscatto di Bentaleb dal Tottenham, ecco Konoplyanka e Pablo Insua dalla Spagna – rispettivamente da Siviglia e Deportivo La Coruña – e il ventenne francese Amine Harit, fantasista ex Nantes. Campione d’Europa Under 19 nel 2016, Harit è stato descritto così da Ludovic Batelli, ct della nazionale francese Under 19: «Amine è un ragazzo di grande qualità tecnica, un vero amante del dribbling. Il suo è un atteggiamento da vero professionista: nel nostro percorso condiviso in Nazionale, abbiamo lavorato sulla sua fase difensiva, ed è cresciuto davvero tanto in questo senso». Dalla Francia, via Olanda, arriva anche Sébastien Haller, nuovo centravanti dell’Eintracht di Francoforte. L’ex attaccante dell’Utrecht, 23 anni e 45 gol nelle ultime tre stagioni in Eredivisie, è il colpo pregiato di una campagna acquisti cosmopolita, che tocca tre continenti: dal Messico, dal Guadalajara, è arrivato l’ex Fiorentina Carlos Salcedo, 23 anni; dal Giappone Daichi Kamada, 21enne trequartista cresciuto nel Sagan Tosu.
Tra i movimenti più ricchi e significativi del mercato interno c’è il passaggio di Niklas Süle dall’Hoffenheim al Bayern Monaco, per 20 milioni di euro. Gli altri due colpi domestici sono meno suggestivi: Sebastian Rudy è arrivato a parametro zero, sempre dall’Hoffenheim, e per Serge Gnabry si è deciso di aspettare ancora, continuerà la sua formazione proprio all’Hoffenheim dopo le rinascita al Werder Brema. Il Borussia Dortmund, abbandonando la policy internazionale dell’ultima rivoluzione targata Tuchel, ha guardato alla Germania e non ai campionati stranieri: il nuovo allenatore Bosz avrà a disposizione Mahmoud Dahoud, Ömer Toprak e Maximilian Philipp, talento offensivo cresciuto tra Cottbus e Friburgo. Un anno fa, FourFourTwo presentava Philipp come «un calciatore eccitante, divertente da veder giocare, in grado di calciare benissimo con entrambi i piedi e con una grande capacità di lettura delle situazioni offensive». In uscita dal Borussia, Matthias Ginter e Sven Bender, passati rispettivamente al Borussia Mönchengladbach e al Bayer Leverkusen. Sarà interessante seguire l’evoluzione di John Brooks, dall’Hertha Berlino al Wolfsburg per 17 milioni: a 24 anni, il difensore di nazionalità americana ha l’occasione per ricercare la consacrazione definitiva, dopo una stagione in cui ha messo in mostra le sue doti in fase difensiva ma anche una buona predisposizione alla costruzione del gioco (87% di precisione nei passaggi, quinto centrale di tutto il campionato).
La politica di mercato della Bundesliga è, insomma, una struttura di concetti e significati che fa parte di un modello più ampio, di una sovrastruttura condivisa. È una conseguenza della svolta didattica voluta dalla federazione nei primi anni Duemila, ma è anche una scelta perpetrata nel tempo per cementificare i risultati finanziari, primo passo per la costruzione di quelli sportivi. La sensazione è che le trattative, esattamente come tutto il resto, siano pensate e attuate per offrire al pubblico e agli investitori (pubblicitari, televisivi) un campionato godibile, equilibrato, stabile, e che contribuisce al funzionamento dell’intero sistema. Un sistema che diventa un esempio da esportare, da copiare, anche perché il successo dura da più di un decennio, e si rinnova a tutti i livelli. Nel 2010, parlando a Observer Sport, il CEO della Bundesliga Christian Seifert ha raccontato gli esiti del lavoro fatto in Germania: «Investiamo 75 milioni di euro l’anno nelle Academy tra prima e seconda divisione. In questo modo, il numero di giocatori Under 23 totali nei nostri club è pari ora al 15%, dieci anni fa eravamo al 6%. Questo continuo ricambio ci permette non solo di trovare nuovi calciatori nei nostri vivai, ma anche di avere più soldi per comprare meglio sul mercato. Abbiamo creato un ambiente calcistico ciclico, una lega forte e di qualità». Sette anni dopo, questa serie di strategie ha prodotto un torneo con il 91% di affluenza media negli stadi, e con introiti televisivi che valgono 1,16 miliardi di euro l’anno. La Bundes è uno specchio del movimento tedesco, e il suo mercato si esprime senza follie da centinaia di milioni. Da queste parti non ce n’è bisogno, c’è un’altra filosofia. E la gente capirà, anzi, ha già capito.