L’epifania di Shevchenko, vent’anni fa

di Redazione Undici
06 Novembre 2017

Nel 1997, Andriy Shevchenko era appena ventunenne, e tra i maggiori talenti del calcio europeo: con la prima squadra della Dinamo Kiev aveva già segnato 37 gol tra tutte le competizioni in poco più di due anni, cosa che aveva già attirato l’attenzione delle più importanti squadre del continente. La Dinamo Kiev dell’epoca era una squadra molto interessante, che schierava in attacco, in coppia con Sheva, un altro giovane molto interessante: Serhiy Rebrov, di due anni più grande del futuro milanista. Se in patria dominava, con la conquista di nove campionati ucraini di fila dal 1992/93 al 2000/01, anche in Europa la Dinamo era una squadra molto temibile: tra il 1998 e il 1999 in Champions League raggiunse quarti (eliminata dalla Juventus) e semifinali (fuori con il Bayern Monaco dopo avere eliminato i campioni in carica del Real Madrid). Ritornando alla stagione 1997/98, gli ucraini vinsero il girone, chiudendo davanti a Psv, Newcastle e Barcellona.

Shevchenko firmò due reti nelle prime due partite, una al Psv e l’altra al Newcastle. Rimase a digiuno nella terza giornata, quando la Dinamo Kiev travolse il Barcellona 3-0, ma restava tra i più attesi nella gara di ritorno al Camp Nou. In quell’occasione, il Milan mandò un proprio osservatore, Italo Galbiati, a visionare l’attaccante ucraino: il report fu entusiastico – «Sono rimasto impressionato per la sua facilità di gioco. È un giocatore emergente. Superfluo aggiungere altro. È DA MILAN». Shevchenko – era il 5 novembre 1997 – segnò una tripletta quella sera, interamente nel primo tempo (il gol del definitivo 4-0, che arrivò nella ripresa, fu firmato da Rebrov). Il primo gol Sheva lo segnò con una sua specialità, il colpo di testa: sulla punizione di Kalitvintsev, l’attaccante, partendo da lontano – fuori dall’area di rigore, addirittura – riuscì a farsi trovare pronto per lo stacco aereo, anticipando l’incerta uscita di Vitor Baía. Il portiere portoghese sbagliò anche in occasione del 2-0, arrivato poco dopo la mezzora: su un traversone dalla parabola molto alta, Sheva riuscì a impattare con grande tempismo e fisicità, senza commettere fallo sull’estremo difensore del Barcellona, troppo morbido nell’intervento. Il 3-0 arrivò su calcio di rigore conquistato dallo stesso Sheva, abile a divincolarsi in area saltando prima Sergi e poi costringendo Fernando Couto a fermarlo con le cattive. Dal dischetto l’ucraino, nonostante la giovane età, calciò con freddezza, spiazzando Baía. In totale furono cinque le marcature realizzate in quell’edizione di Champions, mentre nella seguente furono addirittura otto – capocannoniere del torneo, e chiamata del Milan a fine stagione.

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