Grazie al successo esterno ottenuto nello scontro diretto contro la Costa d’Avorio, il Marocco ha ottenuto il pass per i Mondiali del 2018, figurando tra le tre squadre del MENA che saranno presenti in Russia la prossima estate, in compagnia di Egitto e Tunisia. L’obiettivo raggiunto dai Leoni dell’Atlante non era affatto scontato, se consideriamo che i quattro precedenti tentativi di qualificarsi al Mondiale erano andati a vuoto. L’ultima apparizione dei marocchini nella più attesa competizione calcistica internazionale risale infatti al 1998, un’avventura conclusasi solamente nella fase a gruppi a causa della beffarda rete della Norvegia, capace di battere nei minuti finali il Brasile futuro finalista, che condannò Hadji e compagni ad una precoce eliminazione.
L’ultima vittoria del Marocco ai Mondiali: 3-0 alla Scozia, nel 1998
A vent’anni di distanza Mustapha Hadji fa ancora parte del giro della Nazionale: l’ex fantasista di Aston Villa e Deportivo La Coruña adesso è assistant coach di Hervé Renard e sta giocando un ruolo fondamentale nello sviluppo di un gruppo vincente, un po’ come sta accadendo in altre federazioni calcistiche dell’Africa dove, nell’organigramma tecnico, ad un selezionatore europeo è affiancata una vecchia gloria locale. È abbastanza inevitabile, comunque, considerare Hervé Renard il principale artefice dell’exploit marocchino, il vero simbolo di questa Nazionale – oltre che profondo conoscitore del calcio africano: prima del Marocco aveva già allenato in Ghana, Angola, Zambia, Costa d’Avorio e Algeria. Più che per il suo curriculum da record, visto che è stato il primo e unico allenatore capace di vincere la Coppa d’Africa con due diverse squadre (il successo con lo Zambia nel 2012 è forse l’impresa più grande di sempre nel panorama africano), Renard ha avuto il merito di saper infondere, nell’ambiente marocchino, una grande dose di consapevolezza nei propri mezzi. Con una particolare attenzione alla solidità difensiva: il Marocco è riuscito a non subire neanche una rete in tutti e sei gli incontri di qualificazione, mantenendo inviolata la porta per più di 540 minuti in un gruppo tutt’altro che agevole.
Come sottolineato da Michael Yokhin, editorialista di Espn, c’era solamente un calciatore nato in Marocco nell’undici titolare chiamato a giocarsi l’approdo ai Mondiali: Nabil Dirar, scorso semifinalista di Champions League con il Monaco e adesso in forza al Fenerbahce. I restanti dieci protagonisti sono tutti nati e cresciuti in Europa: chi in Spagna, chi in Olanda, chi in Francia. Se uno dei principali compiti di Renard era stato quello di assemblare una grande massa di talento e riuscire a farla coesistere, il tecnico francese è stato per certi versi molto fortunato, ritrovandosi in mano un potenziale roster già molto esperto, formato da interpreti che conoscono bene calcio europeo, cresciuti in tante prestigiose accademie. Negli ultimi anni, poi, anche il Marocco è stato teatro della tendenza, da parte di tanti giovani giocatori, di fare retromarcia scegliendo la nazionalità del paese d’origine dopo aver militato nelle giovanili di altri paesi: recentemente è successo con Amin Harit (oro agli Europei con la Francia Under 19) e con Hakim Ziyech, a cui nel 2016 era stato dato dello “stupido” da parte di Marco Van Basten per aver preferito il Marocco all’Olanda. La Federazione marocchina adesso sta tentando in tutti i modi di convincere la Fifa a concedere un permesso speciale a Munir El Haddadi, l’ex enfant prodige del Barcellona che nel 2014 aveva esordito, seppur per pochi minuti, con la maglia della Spagna.
La vittoria per 2-0 in Costa d’Avorio, decisiva per la qualificazione
Dopo l’eliminazione nei quarti di finale della scorsa Coppa d’Africa, per mano dell’Egitto, Renard ha deciso di ripiegare sul 4-2-3-1 (capace di mutare in un 4-3-3) abbandonando l’opzione di giocare a tre in difesa. In questo modo, oltre che garantire una migliore copertura, il coach francese è riuscito ad ottimizzare al meglio la verve dei suoi trequartisti, la cui fantasia è il vero punto di forza di questa Nazionale. Per i più anarchici è servito un lavoro extra per razionalizzare il più possibile il loro estro, e metterlo a disposizione della squadra in maniera produttiva. Ad oggi sono praticamente sicuri di aver un posto in Russia Moubarak Boussoufa (inserito nella top 11 delle qualificazioni da parte della Caf, adesso gioca negli Emirati Arabi), Younes Belhanda (Galatasaray), Hakim Ziyech (Ajax), Faycal Fajr (Getafe), Nordin Amrabat (Leganés), Amin Harit (Schalke 04) e Sofian Boufal (l’acquisto più costoso della storia del Southampton). La grande speranza del calcio marocchino si chiama invece Achraf Hakimi: nel 1998 non era ancora nato quando la sua Nazionale fu eliminata dal calcio di rigore di Rekdal, oggi gioca in prima squadra nel Real Madrid. Zidane stravede per questo giovane terzino destro, all’occorrenza anche disposto a giocare sull’out opposto, che si è già guadagnato un posto da titolare con i Leoni e che in Spagna molti considerano l’erede naturale di Carvajal per la sua intraprendenza offensiva.
Achraf Hakimi, il difensore del Real Madrid promessa del calcio marocchino
Comunque vada la spedizione in Russia, i vertici federali sono ampiamente consapevoli che l’intero movimento, attualmente, sta comunque vivendo una fase di grande crescita. Oltre ai recenti risultati ottenuti dalla selezione nazionale e dai club (il Wydad Casablanca ha appena vinto la Champions League africana dopo 25 anni), ciò che sta funzionando bene è il lavoro svolto dal nuovo presidente della Federcalcio, il quarantasettenne Faouzi Lekjaa, un passato brillante come dirigente nel ministero dell’Economia dello Stato marocchino ed un futuro come membro del Comitato Esecutivo della Caf. Lekjaa sta dimostrando una sintonia unica con il Re, Mohammed VI, e una capacità gestionale molto spiccata, che gli è valsa una fiducia smisurata. Per far dimenticare la brutta vicenda della rinuncia all’organizzazione della Coppa d’Africa 2015 (causa virus dell’Ebola), che è costata anche una pesante squalifica, ad agosto il Marocco ha già comunicato ufficialmente di voler ospitare i Mondiali 2026: i marocchini ci proveranno per la quinta volta (dopo i no ricevuti nel 1994, nel 1998, nel 2006 e nel 2010) e sono decisi più che mai ad ottenere la candidatura. Servirà battere la concorrenza della tripla domanda congiunta di Stati Uniti, Canada e Messico, ma l’entusiasmo di questi ultimi giorni lo sta facendo sembrare un sogno alla portata.