«Cinque vittorie di fila non me le aspettavo. Quando sono arrivato speravo di cambiare qualcosa perché ero convinto che questa squadra potesse fare di più. E ora stiamo facendo qualcosa di incredibile, cinque vittorie di fila forse non le fa neanche la Juve». In effetti Massimo Oddo non è nemmeno andato tanto lontano dalla verità: nelle ultime sette gare di campionato, da quando cioè l’ex tecnico pescarese ha preso il posto di Del Neri sulla panchina dell’Udinese, solo i bianconeri di Torino hanno realizzato più punti (19 contro 16) dei friulani, nonostante la sconfitta di misura all’esordio contro il Napoli capolista. Un dato incredibile se si considera gli appena 12 punti ottenuti nelle precedenti 12 partite, frutto di appena quattro vittorie e ben otto sconfitte, alcune delle quali incredibili per proporzioni e modalità: dal 3-2 in casa della Spal allo 0-1 interno contro il Cagliari, passando per il 2-6 in superiorità numerica per oltre un’ora rimediato dalla stessa Juventus.
Si tratta dei primi successi nella massima serie di uno tra i più promettenti allenatori della nuova generazione che, dopo un ottimo apprendistato in cadetteria nel 2015/2016 e la conseguente promozione in A con il Pescara, aveva finito con il farsi travolgere dal naufragio parzialmente annunciato dell’anno successivo: la miseria di nove punti in 24 partite. Una lezione di cui Oddo ha saputo evidentemente fare tesoro: la rapidità con cui è riuscito ad adattarsi al nuovo materiale tecnico ed umano a disposizione, riuscendo a derogare dai suoi principi tattici di base, sono il sintomo di un allenatore più maturo nelle scelte e maggiormente portato al compromesso in funzione della continuità e del risultato da raggiungere. Un taglio netto rispetto al recente passato e che sta aiutando l’ex campione del mondo 2006 a ricostruirsi una carriera in prospettiva di buon livello dopo i troppi alti e bassi degli esordi.
Saper cambiare, saper migliorare
Quando è arrivato a Udine Oddo ha trovato un’Udinese impostata sul classico 4-4-2 di Luigi Del Neri. Una squadra lineare e monocorde in cui l’uomo chiave era Jankto, l’unico che era deputato ad alzarsi sulla linea degli attaccanti per accompagnare la manovra dopo il recupero palla. Il risultato era una manovra certamente verticale ma molto più basica in fase di costruzione e sviluppo. All’ex tecnico del Pescara sono bastati pochi allenamenti per capire che se un cambio ci doveva essere, questo doveva partire puntando da una difesa a tre e da un centrocampo con cinque uomini in linea chiamato a garantire la necessaria solidità in fase passiva attraverso la densità in zona palla e la creazione di una sorta di monoblocco difensivo in grado di occupare il campo nella sua totalità. Un pragmatismo figlio della rapida comprensione delle caratteristiche del gruppo di giocatori a disposizione, sottolineato con forza dopo la vittoria in rimonta contro il Bologna al Dall’Ara: «Oggi abbiamo capito che si può vincere in tanti modi e lo abbiamo fatto con una partita di grande sofferenza, abbiamo colpito al momento giusto e siamo stati cinici. Quando hai determinate caratteristiche non devi inventarti niente».
I campetti posizionali relativi alle partite contro Napoli (a sinistra) e Inter (a destra) mostrano chiaramente l’evoluzione di uno dei tratti salienti della fase difensiva dell’Udinese di Oddo: fin dal suo esordio contro i partenopei, infatti, l’ex tecnico del Pescara ha optato per un progressivo abbassamento della squadra sotto la linea della palla, con il 3-5-2 a garantire l’ intasamento degli spazi centrali e un’ adeguata copertura sugli esterni, con la seconda punta chiamata a schermare in non possesso il costruttore di gioco avversario
Break to build
Nelle prime 12 giornate l’Udinese ha incassato 23 gol, alla media di quasi due a partita. Questo è stato il motivo principale che ha spinto Oddo a ripensare la sua idea di calcio, provando a costruire a partire da una solida base difensiva, ancorata sui principi sopra esposti. I dividendi sono stati ottimi: nelle successive sette partite, di cui la metà in trasferta, le reti subite sono state quattro (una su autorete di Danilo), tre i clean sheets. Al di là del mero dato statistico, comunque, l’allenatore pescarese ha dimostrato una grande capacità di lettura preventiva delle singole partite, mettendo in campo di volta in volta la formazione che, pur nella sua natura reattiva di base, era maggiormente aderente all’avversario di giornata.
L’esempio migliore è rappresentato dalla gara di San Siro contro l’Inter, il turning point della prima metà della stagione, coincisa con la prima sconfitta in campionato dei nerazzurri. Inizialmente l’Inter è stata messa particolarmente in difficoltà dalla furiosa pressione esercitata sui suoi centrocampisti nel momento in cui questi si aprivano per mettersi in visione del centrale di riferimento e fornirgli una comoda linea di passaggio. La rete dell’immediato pareggio di Icardi dopo il vantaggio di Lasagna e le successive occasioni di Perisic e Candreva hanno spinto Oddo a chiedere di più alle sue mezzali in fase di non possesso, abbassando il raggio di azione di Adnan e Widmer mentre De Paul si occupava di disturbare Borja Valero quando andava a ricevere il pallone nelle propria trequarti: di fatto nei secondi 45 minuti l’Udinese in fase di non possesso veniva schierata con un 5-3-1-1 che assicurava un’adeguata copertura di tutto il campo, riuscendo contestualmente a sovraccaricare il lato palla e a coprire gli inserimenti sul lato debole. L’Inter, fatta salva una traversa di Skriniar sugli sviluppi di un calcio d’angolo, non è più riuscita a rendersi veramente pericolosa e Oddo si è ritrovato a toccare con mano la bontà di un sistema difensivo elastico in grado di adattarsi facilmente a qualsiasi avversario.
Le heatmap dell’Udinese in occasione della partita contro l’Inter mostrano il diverso atteggiamento difensivo dei friulani tra primo (a sinistra) e secondo tempo (a destra): inizialmente optano per un sistema di marcature a uomo quasi a tutto campo; nella ripresa, invece, complice qualche rischio di troppo corso nel finale di prima frazione, Oddo decide di abbassare ulteriormente i suoi, spostando Adnan e Widmer sulla linea dei difensori e invitando le mezzali a coprire il campo in ampiezza. Di fatto la copertura delle varie zone di campo è stata totale e continua
Attaccare la profondità
In fase offensiva, poi, il rinnovato pragmatismo di Oddo risalta ancora di più, soprattutto perché si combina perfettamente con quella ricerca spasmodica della verticalità che si era già intravista a Pescara. L’Udinese si è immediatamente dimostrata una squadra in grado di proporre un calcio offensivo piacevole ed efficace (nelle ultime sette partite 67 occasioni create su un totale di 168, 15 su 33 il computo dei gol), interpretando diversi spartiti a seconda del predominio territoriale potenzialmente esercitabile e, soprattutto, senza rinunciare ad equilibrio e compattezza. Ancora una volta la gara contro l’Inter rappresenta il metro con cui bisognerà misurare l’indice di pericolosità dei friulani al cospetto delle prime sei della classifica. Avendo messo in preventivo delle difficoltà in fase di prima costruzione, il tecnico pescarese ha scelto di puntare tutto sull’immediatezza e sulla velocità d’esecuzione, confidando nelle capacità di Kevin Lasagna di attaccare lo spazio alle spalle della linea difensiva e affidando a De Paul (cinque assist e 26 passaggi chiave in stagione) il compito di creare connessioni sulla trequarti giocando sulle qualità off the ball delle due mezzali.
Il terzo gol rappresenta la fusione dei tre concetti: il numero 10 bianconero è bravissimo ad attaccare l’half space tra Skriniar e il resto della difesa nerazzurra dopo la sponda di Lasagna e ad aspettare il puntuale rimorchio di Jankto, lesto a vedere l’inserimento sul lato debole di Barak mentre tutti collassano centralmente ancora su Lasagna. Per andare in porta, coprendo uno spazio di oltre 50 metri, sono bastati quattro tocchi e dieci secondi:
L’importanza dei due shadow striker emerge ancor di più contro squadre di pari rango o inferiori: in queste partite la scelta prevalente di Oddo è stata quella di schierare due punte per aver ancora più spazio attaccabile da chiunque riesca a inserirsi senza palla. In occasione della rete del 3-0 contro il Verona, l’Udinese dimostra di saper allargare e restringere il campo a piacimento sfruttando i movimenti sincronizzati della coppia d’attacco: l’azione si sviluppa sul centro-destra, con la combinazione Barak-Widmer che libera uno spazio immediatamente preso da Maxi Lopez che tira fuori il diretto marcatore, creando il corridoio attaccato dallo stesso Widmer; il cross sul primo palo è quasi alla cieca, sfruttando il taglio di Lasagna abile a giocare di sponda per l’ennesimo inserimento di Barak (che aveva iniziato l’azione) libero di prendersi una conclusione fronte porta ad alta percentuale. Il risultato è scontato:
L’apporto dei due interni, poi, risulta fondamentale quando le due punte si posizionano l’una dietro l’altra, con il teorico numero 9 che esce incontro ai centrocampisti per velocizzare lo sviluppo dell’azione nell’ultimo terzo di campo: in questo caso uno tra Barak e Jankto ha il compito di rifinire in verticale per il centravanti, con l’omologo sul lato opposto che si inserisce senza palla per offrire all’attaccante un’ulteriore opzione per l’ultimo passaggio:
La rete dell’1-0 al Crotone è il manifesto di come l’Udinese riesca ad attaccare centralmente sfruttando le combinazioni in verticale delle due punte: il gol è di Jankto ma la costruzione è tutta del duo Lasagna-Maxi Lopez con il fondamentale apporto di un Barak abile ad effettuare il key pass nei tempi giusti
Non manca, inoltre, l’esplorazione dei lati più offensivi del 3-5-2. Contro avversari che lasciano costruire l’azione dal basso (dettaglio in cui si rivela fondamentale Danilo, particolarmente a suo agio se, in fase di costruzione, viene affiancato da due marcatori puri pronti a dargli copertura: la pass accuracy è salita fino all’82%, con quasi l’85% dei tocchi effettuati in verticale) scegliendo di fare densità nella propria trequarti, Oddo sceglie di alzare i due esterni fin quasi sulla linea degli attaccanti, in una sorta di 3-3-4 volto a garantire maggiore ampiezza e varietà di soluzioni in situazioni in cui la ricerca dello spazio per vie centrali risulta difficile: la combinazione tra i due giocatori di fascia a tagliar fuori i centrali di difesa avversaria è già un potenziale marchio di fabbrica.
Il gol del momentaneo pareggio contro il Bologna dimostra come i bianconeri riescano a trovare valide alternative sugli esterni quando le zone centrali di campo sono intasate: con l’intera difesa rossoblù che collassa su Maxi Lopez e Lasagna, per Widmer è fin troppo semplice sfruttare al meglio l’assist di Adnan
Write the future
«Penso che sia stata la partita peggiore da quando sono qui, soprattutto nel primo tempo. Va bene avere un calo, ci può stare, ma oggi abbiamo sbagliato l’approccio». L’autocritica di Oddo a seguito del pareggio esterno con il Chievo è, paradossalmente, un segnale migliore del filotto di vittorie con cui l’Udinese si è guadagnata una tranquilla posizione in classifica. Il tecnico pescarese è perfettamente consapevole dei correttivi da apportare in divenire, oltre che disposto a riconsiderare le proprie scelte iniziali in relazione alla prova del campo: in tal senso, l’aver privilegiato un atteggiamento troppo attendista contro i clivensi – riproponendo il 3-5-1-1 con De Paul a supporto del solo Lasagna – ha costituito un chiaro errore di lettura delle caratteristiche dell’avversario, poi corretto solo in parte.
La rapida adattabilità ad un contesto tecnico che non appariva idoneo a esaltare la sua iniziale idea di calcio e il rifiuto aprioristico di un modulo fisso gli ha permesso di ricostruire ricostruendosi, tenendo fede al principio della centralità delle caratteristiche dei singoli calciatori (prova ne sia il miglioramento esponenziale di Barak e Jankto, autori di sei dei 15 gol realizzati durante la gestione Oddo ed esaltati nelle loro qualità di corsa e inserimento) rispetto alla rigidità e allo schematismo di un sistema di gioco predefinito: l’aver messo in campo un’Udinese compatta, quadrata e piuttosto diretta nell’esecuzione della manovra offensiva rappresenta il miglior compromesso possibile tra il suo progetto iniziale e il gruppo a disposizione. Ovvero quel che serve per fronteggiare al meglio l’impatto con le difficoltà e le rudezze che caratterizzano la Serie A delle medio-piccole: «Non ho nessuna bacchetta magica, quella ce l’hanno solo i maghi. Noi ci mettiamo passione e lavoro, poi in campo vanno i ragazzi ed è merito loro che applicano quanto facciamo in settimana. Abbiamo cambiato mentalità, ora stiamo andando avanti tutti insieme, stiamo giocando da squadra e questo è importante».