Saint-Denis, 27-06-16

Una Nazionale sorprendente già dai gironi, stretta intorno al proprio allenatore, e un ottavo di finale europeo esaltante, contro i campioni in carica.

Fino all’estate del 2016 accostare le parole Spagna ed Europei significava rievocare l’eliminazione dell’edizione 2008, una sconfitta ai rigori che per noi fu la prima eliminazione in un torneo dopo il 2006. O, peggio ancora, la doppia sfida del 2012, l’apertura e la chiusura di un Europeo di cui rimane solo il sapore amaro di un 4-0 in finale. L’Italia ha visto da vicino la genesi e lo sviluppo dell’Armada Invencible che in quattro anni ha sollevato due volte il trofeo continentale, a fare da cornice al Mondiale sudafricano. L’appuntamento del 2016, tuttavia, ha sfumature differenti. Innanzitutto perché sono gli ottavi di finale dell’Europeo più grande, quello di Francia, il primo a 24 squadre, il primo – appunto – in cui si giocano gli ottavi. La Spagna, poi, arriva da campione in carica, ma alle spalle ha un’eliminazione ai Mondiali in Brasile che ha messo in discussione la sua invincibilità.

L’Italia viene da un girone giocato in maniera straordinaria, sulla scia della carica agonistica portata in dote da Antonio Conte. L’ex allenatore della Juventus si è trovato tra le mani un gruppo forse sottovalutato, almeno dal punto di vista tecnico, demineralizzato ancor di più dagli infortuni di Verratti e Marchisio, i due che avrebbero dovuto muoversi nella stanza dei bottoni per dare un senso ai palloni giocati a centrocampo.

Alla prima partita dell’Europeo francese gli azzurri hanno incrociato il Belgio dei terribili Hazard e De Bruyne, sconfitti senza alcuna paura, senza il timore di avere di fronte una Nazionale tra le più ricche di talento nella manifestazione. La seconda partita è la sublimazione della nuova mentalità indotta da Conte ai suoi. Se non si può puntare tutto sulla qualità, se non c’è possibilità di provare giocate sopra le righe, e allora deve esserci convinzione, cattiveria, concentrazione: la Svezia non ha tirato nemmeno una volta tra i pali di Buffon, ed è un record per l’Italia in un Europeo. Il gol di Éder poco prima del triplice fischio, inoltre, ha messo gli Azzurri in una posizione fin troppo comoda per la terza giornata: con la vittoria del Belgio sull’Irlanda l’aritmetica ci ha di fatto regalato il passaggio del turno con tanto di primo posto in omaggio. La partita con l’Irlanda, così, diventa superflua. L’Italia perde, segna un centrocampista di qualità sopraffina, quel Robbie Brady che per le geometrie euclidee che nasconde nel sinistro avrebbe fatto comodo a Conte. Ma non ha alcun peso. Semmai bisogna valutare se una sconfitta subita per troppa leggerezza ha scalfito la durezza mentale del gruppo.

Per l’Italia, infatti, la partita con la Spagna è un test di maturità, intesa come senso di responsabilità, come prova di coraggio, come dimostrazione di voler lottare su ogni pallone. Insomma, serve una Nazionale consapevole di essere un gradino al di sotto delle Furie Rosse, ma carica e pronta a colmare quel gap con il cuore, con la testa e con la forza d’animo.

In un primo tempo giocato sotto il diluvio di una terra, quella francese, che quasi sembra respingerci, infangarci per farci scivolare fuori dalla competizione, l’Italia si dimostra impermeabile, all’acqua e al palleggio della Spagna. Tant’è che le occasioni migliori sono per Pellè e per Giaccherini, che ha rischiato di sbliccare il risultato con una rovesciata dopo dieci minuti. Ma i segnali di una giornata memorabile a Saint-Denis ci sono già tutti. Intorno alla mezz’ora Pellè conquista un calcio di punizione dal limite dell’area, in posizione centrale. Florenzi raccoglie per primo il pallone, poi si mette spalle alla porta e lo passa a Bonucci, che lo accetta, lo guarda e lo sistema. Intanto si sono avvicinati Éder e Giaccherini, mentre Florenzi non la smette di parlare. Passano i secondi, qualche minuto. Alla fine passa De Rossi e mette d’accordo tutti: non vuole calciare, vuole velocizzare il processo. Alla fine tira Éder. Parte un missile sul palo del portiere, De Gea mette i pugni, sulla respinta arriva per primo Giaccherini che ha intuito tutto e va in contrasto con il portiere spagnolo. La palla finisce sul ginocchio sinistro di Chiellini, che correva verso la linea di porta come per fare meta, ed entra in rete.

Rimane un’ora da giocare. Un’ora di sofferenza, perché con la Spagna c’è sempre tempo per soffrire. Le successive occasioni sono ancora per l’Italia, con Giaccherini che parte da sinistra e si accentra infilandosi tra le maglie avversarie per calciare. E per Éder, con l’azione più bella: gli azzurri innescano il contropiede con quattro passaggi, verticalizzano su Pellè che mette il turbo a Éder con un colpo di tacco vellutato. La corsa del nativo di Santa Caterina si arresta troppo tardi, quando ormai De Gea è troppo vicino per essere superato. Per un po’ all’Italia sembra tutto fin troppo semplice: la Spagna è lenta, prevedibile, quasi scolastica nella sua manovra.  Ma al settantesimo Aduriz ci ricorda che c’è sempre tempo per soffrire con la Roja: è la prima azione palla a terra della Spagna che finisce con un tiro pulito, ma il basco non trova lo specchio.

Da quel momento in poi siamo rintanati nella nostra trequarti, con la stanchezza che inizia a presentare il suo conto salato alle gambe e alla testa. Prima Ramos, poi Iniesta, poi Piqué vanno a un passo dal pari. Buffon decide che non è ancora venuto il momento di arrendersi. La Spagna si butta in attacco e Conte risponde inserendo la risorsa tecnica che aveva ancora a disposizione mandando in campo Insigne e Thiago Motta. Con un piede nei minuti di recupero, proprio i due appena entrati riciclano uno dei rari possessi nella metà campo offensiva del secondo tempo. Quando la Spagna aggredisce forte su Insigne per recuperare il pallone, lui indovina il cambio di gioco per Darmian. L’esterno ha tutto il tempo di seguire con lo sguardo il movimento oltre il dischetto del rigore di Pellè, e servirlo. Il cronometro segna 24 secondi oltre il novantesimo. È due a zero. È fatta. Non c’è più tempo per soffrire. La rivincita dopo il 4-0 di Kiev sta tutta in questo ottavo di finale, e l’Italia si gode il passaggio del turno. Ai quarti ci eliminerà la Germania, fa male ma non così tanto. Con loro abbiamo un credito illimitato.