Piqué Inc.

I vasti interessi imprenditoriali di Gerard Piqué, che ne fanno un profilo unico nel panorama calcistico.

Imprenditoria, impegno politico e un futuro dirigenziale: Gerard Piqué non è solo un calciatore. L’ultima iniziativa che lo riguarda l’ha resa nota lui stesso su Instagram con questo post: dal novembre del prossimo anno la Coppa Davis, storica competizione del tennis maschile, si disputerà seguendo una formula inedita a seguito di un accordo raggiunto tra Kosmos (il gruppo d’investimento di sua proprietà) e la Federazione Internazionale del Tennis (Itf). La volontà di Piqué era quella di creare un equivalente del Mondiale sulla scena tennistica, con le stesse modalità (alternanza quadriennale) per generare lo stesso appeal e la stessa audience. Nell’ambito della trattativa è stata decisiva l’influenza di Hiroshi Mikitani, presidente dell’azienda giapponese Rakuten (main sponsor del Barcellona: non un caso, ma ci torniamo più avanti). A trarne beneficio in primis sarà la Itf, che nei prossimi venticinque anni riceverà quasi due miliardi e mezzo di euro. Il gruppo d’investimento di Piqué avrà l’incarico di sviluppare il progetto e di tenerne le redini, con un unico obiettivo dichiarato: diffondere il tennis, pubblicizzarlo e renderlo ancora più appetibile.

L’attività imprenditoriale del catalano va ben oltre Kosmos e la riforma della Coppa Davis. Si registrano sue partecipazioni in numerosi e vari settori, in primis quello videoludico. Piqué è infatti proprietario della Kerad Games, azienda che si occupa di progettazione, produzione e commercializzazione di videogiochi destinati ad ogni tipo di piattaforma, e che oggi conta più di cinquanta dipendenti. O ancora, restando nell’ambito dell’informatica, è noto lo stretto rapporto che lo lega a Mark Zuckerberg: i due si stimano vicendevolmente e si sono confrontati spesso, anche pubblicamente. Cambiando settore c’è poi Kypers, azienda specializzata in ottica low-cost che da circa quattro anni è di proprietà della famiglia Piqué. O ancora, spostandoci sull’alimentare: Natrus, una marca di hamburger di cui Piqué possiede circa un quarto delle quote; 426 Miles, una bevanda isotonica naturale al 100% pensata con l’ex compagno Puyol per l’idratazione degli sportivi. È inoltre coinvolto alla versione spagnola di The Player’s Tribune, un portale nato circa un anno fa il cui scopo è quello di racchiudere le testimonianze di calciatori e più in generale di personaggi del mondo dello sport. Ma l’iniziativa più originale, futuristica in un certo senso, tra quelle lanciate da Piqué è la fondazione di eFootball.Pro, compagnia di e-sports che ha recentemente stretto accordi con il colosso Konami per costruire un canale di comunicazione tra gli e-sports e lo storico Pro Evolution Soccer. «L’obiettivo – ha detto Piqué – è quello di portare al pubblico un nuovo modello di intrattenimento che amerà sin dal primo giorno». Non è un caso che il Barcellona reciti il ruolo pionieristico per eccellenza: in un comunicato il club ha fatto sapere di aver raggiunto (tra le righe: mediante lo stesso Piqué) un accordo con eFootball.Pro e Konami, e che parteciperà alla prima edizione della Pes2018 League.

Numerose attività, e tutte più o meno floride. Per raggiungere questo grado di efficienza in chiave imprenditoriale Piqué ha dedicato molto tempo alla propria formazione. È risaputo, ad esempio, che in passato prese delle lezioni di business e management da un professore della Esade, una delle più prestigiose scuole di business al mondo con sede a Barcellona. Lo scorso giugno invece ha seguito le lezioni di un master ad Harvard sul business dell’intrattenimento, dei media e dello sport. Il corso, tenuto interamente in inglese dalla professoressa Anita Elberse, era precisamente indirizzato a musicisti, attori, sportivi di alto livello ed imprenditori interessati ad approfondire le dinamiche di mercato del settore. Così, mentre i compagni di squadra trascorrevano in vacanza le settimane di sosta previste prima della preparazione estiva, Piqué è volato nel Massachusetts. Lì assieme al catalano erano presenti anche altri personaggi del mondo dello sport, tra cui Alex Ferguson. L’ex manager del Manchester United è stato protagonista di un dibattito con la professoressa Elberse, in cui i due hanno analizzato le qualità che definiscono un leader. Per comprendere il profilo extra-calcistico di Piqué può essere utile rifarsi alle parole della stessa Elberse, interrogata riguardo le intenzioni del catalano di assumere un ruolo dirigenziale nel mondo del calcio: «Piqué è intelligente a sufficienza per raggiungere il suo obiettivo. Ha un grande intuito in fatto di business». Proseguendo sullo stesso binario, quattro mesi più tardi Piqué ha partecipato ad una video-conferenza con l’Università di Harvard da Lisbona, dove il Barcellona si trovava per gli impegni della Champions. Con una differenza: in quel caso fu lui stesso a tenere parte della lezione, invece che a parteciparvi in veste di studente. L’oggetto del suo approfondimento fu il modello Barcellona, con una particolare attenzione dedicata al concetto di identità.

Già di per sé la cospicua serie di settori in cui Piqué opera fa di lui un personaggio unico sulla scena calcistica. Se a questa però aggiungiamo anche il suo impegno politico (come Guardiola, anche il difensore è praticamente un sostenitore dichiarato dell’indipendentismo catalano) e le attività extra-imprenditoriali (come quella legata all’Unicef, ad esempio) il profilo che ne emerge è senz’altro meritevole di attenzione. Anche per questo le voci che, in un futuro non troppo lontano, lo vorrebbero alla guida del club in qualità di presidente, appaiono tutt’altro che prive di fondamento. La questione è stata aperta ufficialmente circa un anno e mezzo fa, nell’autunno del 2016, ma già in passato Piqué aveva fatto intuire le sue mire dirigenziali. E in fondo, come hanno fatto ragionevolmente notare dalla Spagna, cosa ci saremmo potuti aspettare dal nipote di un ex vice-presidente blaugrana, figlio di un imprenditore, e per di più con qualità personali di questo tipo? In ogni caso, quelli che fino a poco tempo fa erano sussurri si sono evoluti in discorsi pubblici anche discretamente approfonditi. La chiave di volta risale come detto al 2016, e in particolare all’accordo di sponsorship tra Rakuten e il Barcellona. Se le parole usate dalla professoressa Elberse per descrivere Piqué lo presentano in maniera positiva, quelle di cui si è servito Mikitani a margine della firma hanno un effetto molto simile: «Gerard è speciale, e non lo dico soltanto perché è mio amico. È una persona aperta e sorprendentemente matura, non è facile trovare un calciatore come lui alla sua età». Per inciso, il Mikitani di cui parliamo è uno dei più facoltosi imprenditori giapponesi, e la sua azienda, Rakuten, è l’equivalente su scala ridotta di Amazon.

In un arco di tempo relativamente ridotto la pre-candidatura di Piqué ha già ricevuto l’approvazione di due personaggi di spicco del microcosmo catalano: Xavi e Pep Guardiola. Il primo, stando a quanto riportato dai media locali, si è spinto addirittura oltre andando a definire il quadro societario del Barcellona del futuro: Piqué presidente, Puyol direttore sportivo, Xavi stesso allenatore e Busquets come secondo. Dal canto suo, come è naturale che sia, Piqué ci va cauto. Poco più di un mese fa ha detto che se verrà eletto la sua interpretazione del ruolo sarà «abbastanza atipica», dal momento che riconosce di non incarnare un profilo politico ordinario. Però riducendo la questione all’osso – ed osservandola dall’esterno – resta un fatto evidente: nessuno pare tagliato quanto Piqué per un ruolo di questa portata a Barcellona. La leadership e il fascino, un passato di trionfi sul campo e qualità imprenditoriali già cementate nel suo background professionale sono tutti elementi che suggeriscono un percorso già tracciato.