Come lo sport sta cambiando Las Vegas

Un tempo Sin City, oggi un luogo in cui il divertimento è rivolto sempre di più alle famiglie e all'intrattenimento sportivo.

A Las Vegas il senso d’appartenenza sportivo è nato prima che una squadra professionistica, la prima della storia, esordisse in campionato. A Las Vegas il senso d’appartenenza sportivo è nato la sera dell’1 ottobre 2017, quando Stephen Paddock, un uomo bianco di 64 anni, ha sparato sulla folla di un concerto di musica country dal 32° piano di un hotel uccidendo 58 persone.

I Vegas Golden Knights di hockey su ghiaccio hanno giocato la loro prima partita di Nhl il 6 ottobre, in casa dei Dallas Stars, e il 24 ottobre il difensore Deryk Engelland ha scritto su The Players’ Tribune: «Sarebbe folle dire che lo sport può aiutare le persone a riprendersi dopo una tragedia come questa. Sappiamo che siamo solo dei giocatori di hockey, sappiamo che è solo un gioco. Ma, dopo la strage, ci siamo ritrovati nello spogliatoio con uno scopo. Continuavamo a ripetere: “Forse possiamo rendere questa città orgogliosa di noi, forse possiamo distrarre queste persone per qualche ora”. Abbiamo iniziato la stagione a Dallas cinque giorni dopo. È stato difficile, tutti volevano tornare presto a Las Vegas per aiutare in qualche modo le vittime. Ma volevamo anche vincere. E, dopo avercela fatta per 2-1, sul pullman di ritorno verso l’albergo ho ricevuto un messaggio da un mio amico che lavora nei vigili del fuoco. Diceva: “Amico, non crederai mai all’atmosfera che c’è ora alla stazione. Vi abbiamo guardato tutti. Continuate così!”». Lo scorso 1 aprile i Vegas Golden Knights hanno ritirato ufficialmente la maglia numero 58 in memoria delle vittime della strage.

Vegas Strong

Dopo gli spari sugli spettatori di un concerto, Las Vegas si è riscoperta quella che non è più da molto tempo: Sin City, la città del peccato. Ma quell’etichetta che sa tanto di anni Cinquanta è da considerarsi superata nel momento stesso in cui si prende coscienza della prima parte della notizia, del pre attentato: un concerto, un concerto a Las Vegas. Famiglie. Famiglie che ogni anno vanno in Nevada attratte da un entertainment che non è più solo gioco d’azzardo. Secondo i dati di Applied Analysis, un’azienda locale che si occupa di ricerche di mercato, i ricavi dei casinò lungo la Strip rappresentano solo il 34% delle entrate totali. Marco Benvenuti, un imprenditore italiano che vive a Las Vegas, conferma che «le persone spendono sempre di più i loro soldi in divertimento che non è rappresentato da gioco d’azzardo e slot machine, ma hotel, cibo, spettacoli, discoteche e ora anche sport».

Già, lo sport. Las Vegas non aveva mai avuto squadre professionistiche per vari motivi: non era una città abbastanza grande (ora è la 30esima degli Stati Uniti, più grossa di altre 12 che invece di franchigie ne hanno da tempo), i suoi abitanti hanno una sorta di fuso orario proprio, lavorando specialmente di sera e nel weekend e, soprattutto, in Nevada sono legali le scommesse sportive. Per decenni l’America è rimasta scottata dal “Black Sox scandal” – l’accusa a otto giocatori dei Chicago White Sox (poi bannati a vita) di aver perso apposta, in cambio di soldi, le World Series di baseball del 1919 contro i Cincinnati Reds – e ha evitato come la peste Las Vegas. Adesso però, anche grazie ai fantasy sports (le versioni americane del fantacalcio), il tabù dello sport professionistico lungo la Strip è caduto.

A Las Vegas ci gioca anche Freddy Adu

Nella stessa stagione, quella in corso, hanno esordito i Vegas Golden Knights di hockey e i Las Vegas Lights di calcio, che militano nella United Soccer League, una lega professionistica gestita dalla Federazione statunitense subito sotto la Mls. Nei prossimi mesi sarà la volta delle Las Vegas Aces nella Wnba, il basket femminile, mentre entro il 2020 verrà completato lo spostamento a Las Vegas degli Oakland Raiders di football americano. Ma a Las Vegas, come del resto dappertutto negli Stati Uniti, investire sullo sport significa investire anche sugli impianti sportivi: nel 2016 è stata inaugurata la T-Mobile Arena, dove la scorsa estate hanno combattuto Floyd Mayweather e Conor McGregor, costata quasi 400 milioni di dollari, ed è in costruzione il Las Vegas Stadium, circa due miliardi, che ospiterà la franchigia di Nfl proveniente da Oakland.

I risultati finora sono stati ottimi, sia dal punto di vista sportivo sia per la risposta del pubblico. I Golden Knights hanno stravolto la Nhl, dalla scelta dei colori sociali (grigio e oro, contro ogni tradizione) ai record (51 vittorie e 109 punti in regular season, mai un “expansion team” era andato così bene, e ora ci sono i playoff), passando per un utilizzo estremamente innovativo e divertente dei social media. La T-Mobile Arena (18 mila posti), a discapito dell’ossimoro “hockey su ghiaccio nel deserto”, è il quarto palazzetto del campionato per percentuale di riempimento davanti a luoghi sacri come Toronto, Boston, New York e Pittsburgh, così come lo stadio di Cashman Field ha fatto registrare il tutto esaurito (oltre 9 mila persone) per la prima partita ufficiale dei Las Vegas Lights, imbattuti dopo quattro giornate di campionato con due vittorie e due pareggi.

«Ci sono molti tifosi di squadre Nhl che generalmente non fanno trasferte, ma che potrebbero fare un viaggio a Las Vegas per seguire la propria franchigia. Città come Las Vegas attirano le persone perché offrono un’esperienza che non è replicabile altrove: questa è la forza di Las Vegas», continua Marco Benvenuti nella sua analisi, che si conclude così: «Verranno spesi sempre più soldi nell’entertainment: il dato sta crescendo e un giorno si potrebbe arrivare a una divisione 80-20 delle entrate tra divertimento tradizionale e gioco d’azzardo. I casinò faranno ancora parte dell’esperienza, ma la gente non ci giocherà più 10 ore al giorno con 15/20 anni fa, ma solo tre prima di andare a vedere una partita dei Raiders o dei Golden Knights o a uno spettacolo e poi spendere tremila dollari a cena o 10 mila in discoteca».