Rapido, emotivo, Conceição

La grande stagione dell'ex Parma e Lazio sulla panchina del Porto: intransigente, esigente e quasi vittorioso sulla panchina di un club che non gioisce dal 2013.

Lo scorso 15 aprile si è giocato O Clássico portoghese, allo stadio Da Luz di Lisbona il Benfica ha ospitato il Porto allenato da Sergio Conceição. I Dragões hanno battuto 1-0 i rivali storici, superandoli al primo posto in classifica, grazie a un gol di Héctor Herrera al 90esimo minuto. La rete è arrivata con un tiro da fuori area diretto all’incrocio dei pali, una traiettoria praticamente imprendibile per il portiere Bruno Varela. Di solito queste conclusioni sono frutto di intuizioni individuali, o comunque rappresentano una soluzione alternativa – perché più incidentale – rispetto ad un gioco sviluppato in maniera codificata, sistemica. In questo caso la definizione è esattamente contraria, perché tutto ciò che avviene appena prima del tiro di Herrera è una sublimazione per blocchi del calcio di Sergio Conceição: il movimento dell’esterno alto verso il centro del campo e la sovrapposizione del laterale basso; il tentativo di rompere le linee avversarie con un passaggio verticale; l’attaccante che riceve e protegge il pallone, spalle alla porta. Infine il rimorchio di uno dei due intermedi, che ha seguito l’azione e si è costruito lo spazio per tentare la conclusione. 

Il gol che ha indirizzato in maniera decisiva il campionato portoghese

«Amo il calcio realistico e pragmatico, amo le squadre che accelerano rapidamente verso la porta avversaria». Le parole usate da Sergio Conceição per descrivere il suo approccio al gioco sono controculturali rispetto alla tradizione del futebol portoghese, storicamente basato sul possesso e sui ritmi lenti, caratterizzato da un’inestricabile tendenza alla mistica del palleggio, della raffinatezza. È una questione di modernità –  i tecnici lusitani contemporanei, da Mourinho a Jorge Jesus fino a Jardim e Paulo Sousa, offrono un menu tattico ampio e variegato -, ma anche di formazione, che per Conceição vuol dire viaggio, contaminazione. Dopo una carriera da esterno offensivo esplosa nel Porto e spesa essenzialmente in Italia, con un’appendice in Belgio, Kuwait e Grecia, la nuova vita da allenatore dell’uomo di Coimbra ha già toccato tre paesi diversi, con sette incarichi in altrettante società dal 2010 a oggi. Un’ascesa progressiva eppure frammentaria, accidentata, che ha vissuto anche momenti di forte conflittualità. Al termine di una buona stagione sulla panchina dello Sporting Braga – quarto posto in campionato e finale di Coppa di Portogallo persa ai rigori con lo Sporting Lisbona -, Conceição viene esonerato dal presidente Antonio Salvador, che gli contesta pubblicamente un atteggiamento «autoritario e aggressivo» nei confronti della dirigenza. Siamo nel 2015, un anno prima il tecnico aveva lasciato l’Académica de Coimbra dopo una lite col presidente José Eduardo Simões per una questione di stipendi non pagati.

L’impulsività è una sorta di condanna, per Sergio Conceição. Un profilo del quotidiano Tribuna Expresso l’ha definito con un appellativo suggestivo, azzeccato, tranchant: “O Emotivo”; anche il suo addio al Nantes è stato turbolento, in un’intervistaDragões Magazine – rivista ufficiale del Porto – ha raccontato così gli ultimi giorni in Francia: «Il mio contratto era stato rinnovato da poco, ma il presidente mi aveva garantito che non si sarebbe opposto se fossi stato contattato da un grande club. È arrivata l’offerta del Porto e non ha mantenuto la sua parola, ha cercato di ostacolare in tutti i modi la mia partenza, nonostante fosse a conoscenza delle condizioni di salute di mia moglie, del fatto che dovesse operarsi di nuovo e che volesse rimanere ad Oporto (la signora Conceição è da tempo malata, ndr). Alla fine sono andato via, i tifosi del Nantes hanno reagito male al mio addio, ma il calcio e la vita funzionano così. Al di là di tutto, parlo francamente: credevo di arrivare prima al Porto, penso di meritare questa occasione. Ho sempre svolto un lavoro di qualità, in tutte le mie esperienze precedenti».

Il Nantes di Sergio Conceição, in una clip

Quasi come a voler dare continuità al suo personaggio, Sergio Conceição predilige uno stile di gioco diretto, aggressivo, ambizioso in senso offensivo. Nell’intervista rilasciata a Dragões, descrive la sua filosofia: «Credo che l’intensità sia una caratteristica fondamentale per una squadra che vuole vincere dei trofei. Mi piace che i miei calciatori abbiano una mentalità d’attacco, ma tutto deve partire dall’equilibrio tra le due fasi. Se voglio andare costantemente alla ricerca della rete, devo portare almeno cinque uomini nell’ultimo terzo di campo, così da contenere gli avversari a ridosso della propria area. L’unico modo per essere certi di far punti, però, è non prendere gol. Per mettere insieme queste due esigenze, i giocatori devono correre molto, ma sempre in maniera organizzata, coerente».

Dal punto di vista puramente tattico, il Porto 2017/2018 esprime questi principi attraverso un sistema liquido – il 4-4-2 di riferimento può diventare 4-3-3 o 4-2-3-1 – che però non accetta compromessi per quanto riguarda atteggiamento e automatismi: i ritmi sono sempre alti, i movimenti dei calciatori e dei reparti sono ripetuti in maniera continua, ossessiva, in fase offensiva e difensiva; allo stesso tempo, però, il talento non viene depotenziato o ingabbiato, anzi si percepisce il tentativo di esaltarlo in alcune posizioni chiave. In un articolo di Outsideoftheboot, Conceição viene definito come un «tecnico idealista, che però non rinuncia a dare libertà ai calciatori più tenici. Una rosa di qualità superiore alla media come quella del Porto è destinata ad avere un buon rendimento con un approccio del genere, e sta andando proprio in questo modo. È come se Conceição avesse studiato per arrivare al massimo della sua proposta calcistica, mentre attendeva un’occasione del genere».

Nel Porto, le responsabilità creative sono affidate alla catena di sinistra formata da Alex Telles e Brahimi. È un dispositivo meccanizzato che non cancella la fantasia: Brahimi riceve il pallone sulla fascia e rientra verso il campo, in conduzione col piede forte, lasciando al laterale basso il corridoio per la sovrapposizione. A quel punto, le possibilità di creare un’occasione pericolosa passano per le doti associative e di read and react del francoalgerino, che può esplorare la traccia verticale (come nel caso del gol di Herrera), puntare l’area in azione personale, oppure sfruttare l’ampiezza e il calcio preciso di Telles. Non a caso, l’ex terzino dell’Inter è il primo calciatore della Primeira Liga per assist decisivi e passaggi chiave (9 su 63). Le altre situazioni ricorrenti del Porto si adattano alla qualità dei calciatori, mediamente più bassa rispetto a quella di Brahimi: combinazioni elementari sulla fascia destra, di solito occupata da Ricardo Pereira e dal messicano Corona; movimento e contromovimento verticale degli attaccanti, così da destrutturare la difesa avversaria, creare spazi e profondità; inserimenti da parte dei centrocampisti, che hanno grandi qualità dinamiche ma non sono raffinatissimi dal punto di vista tecnico. Non a caso, la costruzione bassa è affidata ai servizi diretti dei due centrali difensivi, Felipe e Ivan Marcano, primi giocatori dell’organico per quantità di passaggi (53 e 51 per match) e per lunghezza media degli appoggi (22 e 23 metri).

Porto-Braga 3-1, in questa partita i principi tattici di Sergio Conceição sono chiaramente percettibili

Il Porto in viaggio verso il 28esimo titolo nazionale della sua storia (grazie alla vittoria sul Marítimo, ieri sera, ha aumentato a cinque punti il vantaggio su Benfica e Sporting Lisbona) è imperniato sulla figura del suo allenatore. Non è solo un discorso di campo, la corrispondenza è stata ed è trasversale, perché riguarda l’intera esperienza del club. L’impatto di Sergio Conceição, ad esempio, è stato fondamentale per superare alcune situazioni complicate, come le limitazioni sul mercato imposte dalla Uefa nell’ambito del Fair Play Finanziario. Già prima della sessione estiva di trasferimenti, il tecnico era convinto che la sua squadra avrebbe fatto affidamento sulla «voglia di riscatto di alcuni calciatori reduci da esperienze in prestito, che hanno tutte le credenziali per giocare nel Porto e nel campionato portoghese». È andata esattamente in questo modo, la stagione della coppia d’attacco dei Dragões mostra quanto possa incidere un allenatore, quanto contino la fiducia e la creazione di un contesto di gioco adatto alle caratteristiche degli uomini in organico: Aboubakar e Marega, l’anno scorso rispettivamente al Beşiktaş e al Vitória Guimarães, hanno realizzato 49 gol in tutte le competizioni.

Conceição è un allenatore che veicola un’identità chiara, riconoscibile, fondata su un modelli tecnici e comportamentali che interagiscono continuamente. Il primato del lavoro e dell’intensità ha caratterizzato la stagione del Porto, non è eccessivo pensare che questa retorica abbia spinto la squadra e l’ambiente oltre i propri limiti. L’ultimo trofeo vinto, non a caso, risaliva all’estate del 2013 (Supercoppa portoghese). Ora l’attesa è destinata a finire, grazie a un tecnico carismatico, ambizioso, profondamente convinto delle proprie qualità umane e professionali, della propria etica. Tanto da relegare in panchina Iker Casillas per quattro mesi (da ottobre a febbraio), motivando così questa decisione: «I giocatori del Porto hanno imparato a conoscere le mie regole, sanno che pretendo da loro il 100% anche in allenamento. Se faccio eccezioni, perdo credibilità nei confronti del gruppo. Quando Iker mi ha chiesto perché non era più titolare, gli ho spiegato che non posso chiudere un occhio se un calciatore non dà il massimo per quindici giorni, anche se si chiama Casillas. Ha capito perfettamente il mio punto di vista». Ambizione, intransigenza, culto della fatica e del sé: è la forza composita di Conceição, allenatore emotivo. Il suo viaggio è già lungo, eppure è appena cominciato. E promette bene, decisamente.