Esportare la Premier League in Nazionale. La strada tracciata da Gareth Southgate per Russia 2018 può sembrare un paradosso. Da un lato perché si parla di un campionato che fa sempre più fatica a imporre allenatori autoctoni, quindi estremamente aperto a nuove tendenze di fare calcio, lontane dal pedigree britannico. Dall’altro perché tra le maggiori leghe europee la Premier è quella con più stranieri in assoluto, ben 371 su 574 nell’ultima stagione, una percentuale che sfiora il 65%. Il selezionatore inglese è partito da una certezza, vale a dire stilare la lista dei 23 convocati chiamando solo giocatori che militano nel massimo campionato inglese, e l’Inghilterra è l’unica Nazionale tra le 32 al Mondiale ad aver attinto da un unico bacino. Nel caso specifico si parla di un ct che è diventato negli anni un profondo conoscitore del panorama inglese, avendo iniziato con l’Under 21 nell’agosto 2013 prima di passare alla Nazionale maggiore tre anni più tardi, a seguito dello scandalo Allardyce. La campagna russa è solo uno dei tasselli che compongono il progetto federale, destinato ad avere il suo apice al prossimo Europeo e soprattutto al Mondiale in Qatar, visti gli ottimi risultati delle selezioni giovanili conseguiti di recente con l’Under 17 e l’Under 20, salite sul tetto del mondo negli ultimi dodici mesi. La sconfitta con il Belgio che ha chiuso la fase a gironi ha dirottato Kane e compagni nella cosiddetta parte “morbida” del tabellone, facendo intravedere un percorso meno tortuoso di altri verso una semifinale mondiale che Oltremanica manca da quella notte di Torino a Italia ‘90.
L’ordine e le priorità ristabilite da Southgate dopo il terribile Europeo francese sono alla base di un gruppo che a differenza del passato si è imbarcato sul volo per il Mondiale senza le pressioni e le attese tipiche del suo ambiente, ormai conscio che la cosiddetta Golden Generation – per qualità, non per risultati – è ampiamente alle spalle, con gli addii in sequenza di Gerrard, Rooney, Terry, Lampard e Carrick. «Siamo partiti sapendo semplicemente di essere nella media», ha scritto Daniel Taylor per il Guardian dal ritiro russo di Repino, «nessuno pensa di vincere la Coppa del mondo, c’è del sano realismo accompagnato da un pizzico di curiosità dopo aver visto le prime tre partite. Poi questo progetto del commissario tecnico è intrigante, sta facendo le cose in modo diverso dal solito e per il futuro rappresenta quella ventata di novità che ci voleva». Il percorso lineare e senza entusiasmare mostrato durante le qualificazioni ha finito per riverberarsi sulla tranquillità che ha circondato la Nazionale dei Tre Leoni, arrivata in Russia vincendo comodamente il rispettivo gruppo: otto vittorie, di cui la metà col minimo scarto, due pareggi e nessuna sconfitta, segnando diciotto reti e subendone solo tre, mantenendo la porta inviolata in otto occasioni su dieci.
La larga vittoria contro Panama ai gironi
Risultati e prestazioni alla mano, la perplessità più rilevante che ha accompagnato l’Inghilterra verso il Mondiale è stata l’incapacità di battere le Nazionali più attrezzate nelle probanti amichevoli che lo staff tecnico ha richiesto espressamente. Dopo l’Europeo gli inglesi hanno sfidato Spagna, Germania (due volte), Brasile e Italia, ma senza riuscire a vincere nemmeno una volta, pur confermando una certa solidità nelle prestazioni. Il motivo sta nel fatto che Southgate ha badato prima di tutto a trovare le condizioni migliori per far esprimere il gruppo, anziché pensare solo ai risultati, sfruttando proprio le amichevoli per abbandonare il 4-3-3, usato da Hodgson e Allardyce, in favore del 3-5-2 che è diventato una solida certezza in Russia. La difesa a tre ha debuttato nel marzo 2017 a Dortmund contro i tedeschi, prendendo come modello schemi e movimenti del Chelsea di Conte, che in quel periodo era nel pieno della cavalcata verso il titolo. I meccanismi sono imperniati sui due esterni a tutto campo, Trippier e Young, validi in entrambe le fasi: arretrano sulla linea di difesa quando c’è da coprire, avanzano fino ad allinearsi a Dier in fase di spinta, permettendo ad Alli e Loftus-Cheek di buttarsi in avanti per aumentare il peso specifico dell’attacco. Proprio il giocatore cresciuto nelle giovanili del Chelsea è uno degli uomini fidati del ct, che lo convocò per la prima volta nell’Under 21 nel 2015 e poi lo ha portato in pianta stabile con i grandi sin dallo scorso novembre. A spianargli la strada è stato anche l’infortunio di Oxlade-Chamberlain, che sarebbe stato perfetto per i meccanismi voluti da Southgate e già ampiamente sperimentati con Klopp al Liverpool, dove nell’ultima stagione è sempre partito da mezzala per buttarsi dentro, a turno, con Wijnaldum. Questa variante tattica è essenziale per una delle poche selezioni che non gioca il Mondiale con un solo centravanti, come già scritto da Alfonso Fasano su queste pagine, «sposando un modello ibrido e affiancando all’uomo di riferimento, Kane, una seconda punta atipica, un esterno offensivo adattato». Sterling come prima scelta e Rashford come immediata alternativa.
Anche per la caratura degli avversari affrontati fin qui, non ha subìto nessun contraccolpo la scelta di affidare la porta al ventiquattrenne Jordan Pickford, mettendo definitivamente fuori causa Hart nella speranza di evitare un problema che ultimamente ha sempre afflitto la Nazionale dei Tre Leoni, costretta nel tempo ad affidarsi anche alle mani poco sicure di Green, Robinson e James. Un altro dei punti a favore della Nazionale inglese che in questo periodo è stato più volte sottolineato è l’organizzazione mostrata sui calci piazzati, le soluzioni variegate che hanno portato la squadra a segnare sei delle otto reti totali partendo da cosiddette situazioni di set-piece, di azioni pianificate a tavolino. Gareth Southgate nella sua gestione vanta una percentuale di reti scaturite da palla ferma pari al 26%, maggiore rispetto a tutti i suoi predecessori, inclusi Capello ed Eriksson. «Non sappiamo quanta strada farà, ma questa è una squadra intelligente», ha scritto Jonathan Liew sull’Independent, «il commissario tecnico si sta dimostrando brillante, con una grande inventiva, cucendo addosso alla squadra un abito che sembra fatto su misura da Savile Row e non acquistato all’ultimo minuto a Romford Market». Oltremanica il grande interrogativo è rappresentato proprio dalle sfide a eliminazione diretta, visto che l’Inghilterra nei maggiori tornei internazionali ne ha superate solo 3 negli ultimi 25 anni. L’ultima volta risale a Germania 2006, all’ottavo vinto contro l’Ecuador grazie a una punizione di David Beckham. Sembra davvero un’altra epoca.