Otto protagonisti del Mondiale poco celebrati

Non solo numeri dieci e grandi attaccanti: da Akinfeev a Granqvist e Kanté, nomi poco convenzionali che si stanno imponendo in Russia.

Dejan Lovren, Croazia

Dejan Lovren ha vestito i panni del reietto nell’ultima stagione del Liverpool. Costantemente individuato come uno dei punti deboli dei Reds, in Russia si è distinto come uno dei pilastri di una Croazia possibile candidata alla finale. Lovren, che ha vissuto la guerra da bambino, ha detto che in realtà gli insulti lo rafforzano e che non ha paura di prendersi responsabilità. Contro la Danimarca è stato uno dei totem su cui si è fondato il passaggio del turno croato: 87% di precisione nei passaggi, 69 tocchi effettuati, 4/6 duelli aerei vinti, 5 spazzate e un tentativo verso la porta avversaria che quasi andava a buon fine.

Andreas Granqvist, Svezia

Andreas Granqvist ha segnato più di Messi, Aguero e Lewandoski; allungando la lista alle precedenti edizioni della Coppa del mondo, ha lo stesso numero di gol di Patrick Kluivert, Kenny Dalglish e Ronaldinho. Non un brutto traguardo per un giocatore finito nel dimenticatoio e con una carriera passata in giro tra realtà non esattamente di prima fascia. È vero che i Mondiali trasformano i calciatori, ma il centrale e capitano svedese sembra la versione più sicura e affidabile di se stesso. Non è una sorpresa vederlo comparire tra i migliori della competizione e dobbiamo abituarci all’idea che contro la Svizzera sia stato il migliore per tiri bloccati, disimpegni e interventi effettuati di testa. Il tutto con una pulizia d’intervento che non eravamo capaci di riconoscergli prima di oggi.

Il rigore di Granqvist contro il Messico

Coutinho, Brasile

Nel Mondiale di Neymar il Brasile ha affermato la centralità del collettivo, come ordine fondamentale su cui costruire i successi di squadra. Dalla solidità di Thiago Silva e Miranda all’equilibrio regalato da Paulinho fino all’importanza capitale di Coutinho. Proprio Cou è l’anima quieta di un Brasile in festa. L’uomo bambino che è cresciuto sereno, dietro le quinte, senza grandi proclami. L’ex Inter detta i tempi del gioco offensivo senza frenesia, decide quando far muovere il pallone e quando muoversi lui senza. Se ha definito Neymar come lo specchio del calciatore che vorrebbe essere – «Un’ ispirazione e un esempio da seguire» –, sembra che la sua grandezza sia fatta di una materia diversa, meno luccicante ma ugualmente concreta. Se nel 2014 il Brasile era “solo Neymar” e poco altro, oggi può contare su una batteria di talenti pronti a supportarlo. Tra questi Coutinho è il più silenzioso, ma non per questo meno efficace.

La gara di Coutinho contro il Messico agli ottavi

N’Golo Kanté, Francia

Con un’iperbole potremmo dire che il Mondiale ha bisogno dei Kanté. Nella competizione che sta dando risalto alla fase difensiva e che vede molti protagonisti offensivi andare in difficoltà, il centrocampista francese sta mostrando come la sua umiltà, l’altruismo e la devozione al lavoro siano fondamentali per la Francia odierna. Alle prese con una Nazionale che non entusiasma se non per gli strappi di Mbappé, N’golo è la vittoria dei quasi invisibili, di quei giocatori che a momenti ti dimentichi essere in campo eppure prendono centralità partita dopo partita. Kanté è l’esaltazione del silenzio, del lavoro oscuro e prezioso, dell’importanza in campo che nessuno o quasi sembra vedere. Per chi ne apprezza le caratteristiche nascoste all’interno del gioco, Kanté è il calcio nella sua essenza più profonda.

José Giménez, Uruguay

Un difensore che sa anche segnare quando serve. In coppia con Godín, José Giménez è uno dei maggiori artefici del cammino della Celeste. Contro il Portogallo José ha toccato solo 13 palloni, con il 100% di precisione, ha recuperato un pallone, portato a termine 9 disimpegni, 6 di testa e ha mostrato che oltre a Cavani e Suarez, al centrocampo cerebrale e innovativo, la fase difensiva dell’Uruguay è un fattore centrale nella crescita della squadra di Tabárez. Contro la Francia saranno fondamentali ancora una volta i due centrali: dalla loro solidità e dal loro affiatamento passerà la possibilità di disinnescare i pericoli portati dall’attacco francese. Per media del singolo di WhoScored il centrale dell’Atlético è il giocatore con il più alto valore nella rosa della Celeste, con un 7,88; a questo si aggiungono 2,3 tackle a partita, 4 intercetti (primo fra i propri compagni per distacco), 6 spazzate di media e 0,7 contrasti a partita.

Josè vola altissimo

Jordan Pickford, Inghilterra

«Sapevamo di essere in grado di vincere», ha dichiarato con sicurezza Jordan Pickford dopo i calci di rigore con cui l’Inghilterra ha battuto la Colombia. La Nazionale dei Tre Leoni si è allenata per mesi sui tiri dal dischetto e si è visto nella freddezza con cui sono andati dagli undici metri i giocatori di Southgate, quasi come in un’opera di purificazione che il tecnico ha potuto vivere dopo il suo errore agli Europei del 1996. Proprio quell’errore ci regala lo spunto per comprendere quanto questa generazione di calciatori sia distaccata dal passato, senza paure. Quando a Pickford – classe 1994 – è stata posta una domanda riguardo il passato del suo tecnico, ha risposto con un qualcosa tipo “1996 cosa?”. Pickford è il simbolo dell’incoscienza e del distacco con cui questi ragazzi vivono la competizione. Se il calcio sta tornando a casa è forse più nella testa dei tifosi che in quella di ragazzi come l’estremo difensore dell’Everton. Per loro è solo calcio, solo una partita alla volta. Ora tocca alla Svezia.

LA parata del Mondiale?

Nacer Chadli, Belgio

Nacer Chadli ha ormai 29 anni, quest’anno ha giocato soltanto cinque spezzoni in Premier con la maglia del West Bromwich Albion ed ha passato gran parte del tempo fuori per problemi alla coscia. È partito dall’inizio soltanto due volte e non sembrava nemmeno in grado di poter prendere parte al Mondiale. Ma Roberto Martínez deve avere un certo dono di preveggenza se lo ha scelto tra i 23 per la competizione russa. Nell’ultima gara, quella degli ottavi, è entrato in campo al 65′ insieme a Marouane Fellaini sul risultato di 2-0 per il Giappone, ed è stato lui a segnare il gol della rimonta definitiva. Alla sua prima grande opportunità ha colto l’opportunità che il fato gli aveva cucito addosso, in una gara che lo ha visto saltare l’uomo con costanza e dare una mano vincendo due duelli aerei su due ingaggiati. Partito per la Russia quasi da dimenticato, ha ricordato come il caso o l’intelligenza tattica operino in maniera imprevedibile.

Igor Akinfeev, Russia

È uno dei portieri più forti della storia russa, ma sul suo valore ha sempre pesato quell’ombra – Lev Yashin, naturalmente – e qualche errore di troppo durante le uscite internazionali sia della Russia che del Cska. Certo, pesa sul giudizio globale di Igor Akinfeev anche il fatto che non si sia mai provato fuori dalla Russia, ma sia rimasto fedele allo stesso club, come un capitano d’altri tempi. Finalmente Akinfeev sembra aver inanellato una serie di partite all’altezza di quella che dovrebbe essere la sua vera fama: la solidità della Russia passa anche dalle sue parate, in particolare quelle ai rigori contro la Spagna. In Russia l’hanno già raffigurato come icona ortodossa, proprio lui che è cristiano ferventissimo. Lui ha sempre scansato i paragoni con Yashin, dice tuttora che il loro stile è diverso. Il suo idolo e modello è originale come la sua carriera, quasi understated come le dichiarazioni che è abituato a rilasciare («Non sono io l’uomo della partita: è l’intera squadra», dopo la vittoria agli ottavi): Santiago Cañizares.