L’importanza della costruzione dal basso

Nel calcio di oggi è un aspetto di gioco ritenuto imprescindibile: a ogni allenatore, corrisponde uno stile diverso.

L’idea di iniziare a muovere rasoterra il pallone dal portiere, quindi dalla linea di fondo campo, è paradossalmente in controtendenza rispetto all’obiettivo del calcio, ovvero raggiungere l’estremo opposto, avvicinarsi il più possibile alla porta avversaria. Probabilmente un alieno a cui viene spiegato il gioco per la prima volta suggerirebbe che la strategia più efficace per segnare è il lancio lungo: così scavalchi molti giocatori, e avvicini con un solo gesto il pallone alla zona di pericolo per gli avversari. Certo, la sfera calciata dal portiere era in possesso della squadra che attacca e quando è in volo non lo è più, non ha padroni e dunque va poi riconquistata, ma è spontaneo pensare che il lancio sia un metodo più veloce e semplice per offendere, per arrivare a destinazione, al gol. Può sembrare un discorso semplicistico e per certi versi assurdo, ma in realtà è una contrapposizione ideologica su cui si sono da sempre basati gli stili di gioco: è meglio la complicazione di un’azione costruita da zero o la semplificazione di un lancio lungo, magari aggredendo in ribattuta il pallone vagante in una zona favorevole?

Stando all’ultimo decennio, la risposta è la prima: la costruzione dal basso è la soluzione migliore. La maggior parte degli allenatori ne ha ormai intuito la necessità e ha cominciato a studiare soluzioni per valorizzare questa “fatica”, per trasformarla da inutile o superflua a efficace e, infine, necessaria. È uno dei tanti risvolti del calcio del Barcellona di Guardiola e della salida lavolpiana, il meccanismo (ideato negli anni ’90 dal tecnico La Volpe, da cui ha ereditato il nome) per cui il mediano di un centrocampo a tre giocatori abbassa il suo raggio d’azione tra i due centrali di difesa, che contemporaneamente si allargano spingendo in avanti a loro volta i due terzini. Si tratta del primo riconoscibile esempio di schema studiato per agevolare l’impostazione dalla difesa, una bozza di spartito che ha iniziato a sgomberare il campo dall’improvvisazione o dalla banalità del giro palla classico.

La salida lavolpiana nel gioco del Barcellona

La salida lavolpiana è stata rivoluzionaria perché ha promosso la rottura delle linee: i difensori esterni diventano centrocampisti mentre il regista si aggiunge alla difesa. È l’applicazione in schema dell’idea di un calcio in movimento, in cui i giocatori ruotano le posizioni per facilitare lo scambio del pallone, che ha anticipato un altro sviluppo del gioco: il mescolarsi delle caratteristiche dei giocatori. La salida lavolpiana, infatti, era efficace perché valorizzava la qualità del regista, in linea teorica superiore a quella dei difensori, quindi più utile all’inizio dell’azione.

Nel nuovo millennio l’incipit della manovra è diventato una priorità: non esiste squadra che non abbia in dote uno o più schemi per iniziare l’azione dal fondo. La creatività dei tecnici nel settore è ormai diventata pari a quella dei calci piazzati, e questo ne conferma l’importanza: come uno schema su corner ben eseguito aumenta le probabilità di segnare, un buon inizio dal basso è il miglior modo per essere pericolosi in zona gol. È quindi una piccola rivoluzione filosofica del calcio, perché l’inizio dell’azione è ormai diventato importante tanto quanto la fine, il primo passaggio vale tanto quanto la conclusione in porta, e forse di più: iniziare la manovra dal basso significa moltiplicare i passaggi e i movimenti, dunque le possibilità di un sbagliare, ma il gioco vale la candela, perché aumentano anche i potenziali errori altrui, visto che la squadra avversaria è obbligata a correre e a disgregarsi per recuperare il pallone in movimento.

L’attenzione crescente all’incipit della manovra ha generato anche un cambio di caratteristiche dei giocatori coinvolti, quindi il portiere, i difensori centrali e i terzini. Ne sono manifesto i portieri allenati da Guardiola: prima Valdes, poi Neuer e infine Ederson, rappresentano gli stadi dell’evoluzione. L’attuale giocatore del City non è solo abile a giocare con i piedi, ma è anche sicuro nel compiere il gesto tecnico e in grado di pensare velocemente e oltre il banale, di assumersi anche responsabilità creative oltre che esecutive, e dunque rendere sempre imprevedibile e dinamico l’inizio dell’azione. Con lui, i compagni in difesa hanno più libertà di muoversi, di variare sul tema e trovare una via d’uscita per il pallone. Insomma, Ederson agisce da regista non solo per la qualità tecnica, ma per la capacità di pensare di non essere “soltanto” un portiere

Iniziare l’azione dal punto zero quindi significa essere consapevoli che la sfera dovrà superare tutti gli ostacoli disseminati per il campo uno alla volta, senza scorciatoie, ma il tornaconto è che poi arriverà alla fine della corsa in una posizione migliore, e con un’inerzia maggiore, potenzialmente in condizioni ideali per concludere facilmente verso la porta avversaria. Se pensiamo all’azione come ad un flipper, allora è evidente che l’inizio, la prima spinta alla pallina, sia quella fondamentale per raggiungere le migliori sponde successive, ed entrare in buca. E il bello è che ogni squadra ha ideato una prima spinta diversa, come un marchio in cui può essere riconosciuta: ecco, di seguito, alcuni esempi.

MANCHESTER CITY: l’effetto esca

La struttura del City in fase di uscita palla è un esempio per dinamicità: varia di partita in partita, a seconda delle contromisure prese dall’avversario. Guardiola sceglie se impostare con tre difensori, con Walker bloccato al fianco di Stones e Laporte mentre Mendy si apre fino a diventare un’ala, oppure con una struttura più tradizionale e simmetrica a quattro, con Fernandinho ed Ederson a comporre un rombo di costruzione.

Può cambiare la forma del City, ma non la sostanza: il principio su cui sembra fondato l’avvio di manovra di Guardiola è quello dell’esca. Ovvero, palleggiare fin nella propria area di rigore, accettandone i rischi che ne derivano, per “ingolosire” la squadra avversaria al pressing, invitarla ad alzarsi per riconquistare il pallone e confidando nel fatto che non sia perfetta e che quindi aprirà dei varchi dietro la prima linea di pressione, là dove i giocatori offensivi di Guardiola hanno avuto il tempo di muoversi per ricevere negli spazi di mezzo, così da avviare poi la seconda fase dell’azione di fronte ad una squadra destrutturata.

TOTTENHAM: spazi dilatati

Il fatto che Pochettino sembra ormai prediligere una difesa a tre pura suggerisce che la sua priorità è la garanzia della superiorità numerica nella fase iniziale dell’azione, rispetto alla fase di conclusione. E si noti il dirottamento di Davinson Sanchez al centro: è tra i difensori degli Spurs quello più in difficoltà con il pallone tra i piedi, quindi sembra un controsenso perché il centrale dovrebbe essere quello più abile ad impostare, e invece sottolinea l’idea di costruzione di Pochettino. Ovvero, avvolgere il pressing avversario, dirottando il pallone sull’esterno, svuotando il centro. Nella struttura esagonale del Tottenham nell’ultima partita contro il Watford si noti poi l’influenza del portiere Vorm, che cerca i “terzi” di difesa, Vertonghen e Alderweireld, i quali a loro volta devono assumersi i maggiori compiti di avvio della manovra (credit: @11tegen11). 

NAPOLI: ritmo tambureggiante

In attesa dell’evoluzione che porterà nel tempo Ancelotti, sono rimasti nel Napoli i meccanismi di Sarri, che non rinunciava a costruire la manovra nemmeno quando subiva un pressing ultraoffensivo, perché la considerava una specie di miccia, un momento in cui va impressa l’inerzia utile a velocizzare tutta l’azione. Per questo il Napoli costruisce mantenendo strette le posizioni tra i giocatori coinvolti, a differenza ad esempio del City, e il ritmo di palleggio iniziale è più alto, insistente, tambureggiante.

CHELSEA: comanda Jorginho

Manca ancora il ritmo e la sicurezza nel palleggio del Napoli, al Chelsea di Sarri, ma l’input non è cambiato: l’azione comincia con un passaggio in verticale a Jorginho, che sfrutta lo spazio tra i due centrali che si allargano per ricevere e poi consegnare, di prima intenzione, proprio ai due centrali il pallone. In sostanza, Sarri vuole che il regista sia il secondo a toccare il pallone, dopo il portiere, e non il terzo, così che i centrali possano avviare l’azione già in avanzamento, con una giocata più semplice.

INTER: la propulsione di Skriniar

A proposito di evoluzione dei giocatori indotta dall’attenzione alla costruzione della manovra dal basso, in un’altra epoca forse non sarebbe nato un difensore con le caratteristiche di Skriniar, che con l’abilità nei passaggi laser in verticale influisce in positivo sulla tipologia dell’avvio dell’azione di Spalletti. Il palleggio iniziale nerazzurro può anche essere sterile, perché quando il pallone giungerà tra i suoi piedi guadagnerà velocità e avvierà gli offensivi. L’arma in più di Spalletti quest’anno è la difesa a tre, possibile con l’arrivo di De Vrij e i miglioramenti in fase di impostazione di D’Ambrosio: contro il Torino, nel primo tempo, la distribuzione dell’uscita di palla era perfetta, con i terzi di difesa che sono riusciti a servire in verticale Perisic e Politano.

BARCELLONA: il regista ombra

Valverde ha semplificato la struttura dei blaugrana virando quest’anno su un classico 4-3-3. Sono cambiate però alcune competenze: ha maggiori responsabilità Piqué, mentre sono calate quelle di Busquets, come se avesse il compito di “farsi marcare” per liberare le mezzali in fase di inizio azione. È a suo modo una rivoluzione, l’“annullamento” del regista. Il mediano, soprattutto quando è marcato come nell’immagine, non ha compiti in fase di uscita, semmai è dovere delle mezzali imprimere inerzia: queste ultime, abbassandosi ai lati dei centrali, permettono ai terzini di salire e di conseguenza a Messi e Dembelé di accentrarsi.

REAL MADRID: costruzione asimmetrica

Lopetegui ha mantenuto la struttura asimmetrica di Zidane in fase di uscita palla, con l’ormai tipico movimento di Kroos verso il lato sinistro, per ricevere e avere la visione di tutto il campo, e sul piede forte la possibilità di avviare l’azione. Questo meccanismo viene bilanciato dall’avanzata di Marcelo e dal contromovimento di Asensio, disponibile a ricevere palla tra le linee, a centrocampo.

LIVERPOOL: lancio posticipato

Anche una squadra verticale e diretta come quella di Klopp costruisce dal basso. L’obiettivo è dilatare il tempo per arrivare sui terzini, permettendo così alle mezzali di correre in avanti, là giungerà il lancio. Il focus del tecnico tedesco rimane l’aggressione della seconda palla, ma l’inizio della manovra, seppur elementare, è utile a posticipare il lancio e ad aggiungere uomini nella metà campo avversaria. E quindi, studiato.