È quello che si dice tra amici ad ogni inizio di Champions League, ma stavolta sembra più vero del solito. “È l’anno della Juventus”, “finalmente tocca di nuovo a Guardiola”, “dopo tutti quei soldi spesi, non può non vincerla il Psg”, “dai, Simeone e il suo Atlético se la meritano”. Dopo cinque anni di duopolio Real Madrid-Barcellona (un duopolio molto più blanco che blaugrana a dir la verità, quattro trionfi a uno), l’edizione 2018/19 è alle porte con una griglia di partenza per certi versi inedita.
Il Real Madrid ha perso Zinédine Zidane e Cristiano Ronaldo e risulta difficile pensare al poker consecutivo, mentre Barcellona e Bayern Monaco non sembrano più le corazzate di inizio decennio. Quindi? Quindi può essere la stagione della grande occasione per due squadre che negli ultimi anni sono state bollate come “perdenti”, o per altre due etichettate come “squadre-che-hanno-speso-tantissimo-senza-mai-neanche-arrivare-in-finale”. Cioè proprio Atlético Madrid, Juventus (primo caso), Manchester City e Paris Saint-Germain (secondo), tutte costruite per vincere la Champions League — bianconeri a parte, nessuna ce l’ha mai fatta nella storia — e tutte chiamate, adesso, a vincerla davvero.
Juventus
La situazione della Juventus ricorda un po’ quella dell’Inter nel 2009. A livello di carisma e impatto sulla Champions League, Cristiano Ronaldo è il Mourinho voluto, cercato e acquistato con un solo obiettivo: vincere la coppa dopo un’astinenza troppo lunga. I nerazzurri ci riuscirono al secondo anno, il 2010, dopo una prima stagione di rodaggio. I bianconeri sono andati in all-in come a suo tempo fece Moratti: l’attaccante portoghese ha 33 anni e davanti a sé realisticamente un paio di occasioni per riportare a Torino quel trofeo che manca dal 1996 e che, nel frattempo, è sfumato per cinque volte all’atto conclusivo. Un periodo di “esperimenti” (provare a far convivere CR7 e Dybala, trovare il modulo giusto, risolvere finalmente l’enigma Douglas Costa, ricostruire la difesa nell’anno I d. B., dopo Buffon) ad Allegri lo si può anche concedere, ma se il passaggio di Cristiano Ronaldo nel calcio italiano dovesse terminare senza Champions, beh, sarebbe una delusione per tutti, lato marketing escluso.
Paris Saint-Germain
Dietro alla Juventus, che quest’estate sul mercato ha speso quasi 260 milioni di euro, c’è il Psg con un investimento di 186 milioni. Il club francese ha parecchi punti in comune con i bianconeri (un attacco stellare composto da Mbappé, Neymar e Cavani, un campionato nazionale praticamente senza rivali — ma questo non per forza è un bene, secondo qualcuno) e una sostanziale differenza: l’allenatore. Allegri è a Torino dal 2014, Thomas Tuchel si è trasferito a Parigi dal Borussia Dortmund solo da pochi mesi e il suo ciclo, di fatto, deve ancora cominciare. Il lavoro da fare è ancora lungo e rischia di portare via più tempo. Proprio per questo motivo Tuchel, intervistato dall’Équipe, ha dichiarato di voler prima di tutto lavorare sulla mentalità europea della sua rosa: «Secondo me bisogna invertire le cose. Se lavoriamo bene ogni giorno, se viviamo bene ogni giorno come gruppo, allora saremo preparati meglio per affrontare i grandi match. Non dobbiamo pensare già ora a febbraio, ma dobbiamo ragionare giorno per giorno partendo dalla fase a gruppi, che non è semplice».
Manchester City
A differenza degli ultimi anni, nell’estate 2018 il Manchester City ha piazzato un solo grande colpo di mercato, acquistando dal Leicester Riyad Mahrez per quasi 70 milioni di euro. Nella classifica delle squadre europee che hanno speso di più, quella dello sceicco Mansour occupa solo il 24° posto, a quasi 200 milioni di distanza dalla Juventus e a più di 100 dal Paris Saint-Germain. Questo dato significa però che Pep Guardiola — che non vince la Champions League dal 2011, anno prima di lasciare il Barcellona — ha dalla sua il fattore della continuità, che sommato alla prestazioni offerte nella passata stagione (con il record di 100 punti in Premier League) pone i Citizens un gradino sopra la “nuova” Juventus di Cristiano Ronaldo e il “nuovo” Psg di Tuchel. Il gioco di posizione dell’allenatore spagnolo, tuttavia, rischia di essere il più dispendioso di tutti, soprattutto considerando che, a differenza di Serie A e Ligue 1, in Premier il City dovrà affrontare rivali ben più attrezzate, Chelsea e Liverpool su tutte.
Atlético Madrid
Sembrava aver perso il treno giusto, l’Atlético Madrid, battuto in finale dal Real due volte in tre anni tra il 2014 e il 2016 ed eliminato addirittura ai gironi dell’ultima Champions League dal Chelsea e dalla Roma. Invece i Colchoneros di Diego Pablo Simeone — l’allenatore più longevo, a Madrid dal 2011 — si sono ritrovati vincendo con relativa semplicità l’Europa League e, soprattutto, portando a casa la Supercoppa europea contro i Blancos orfani di Cristiano Ronaldo e Zidane. Perenne terza forza del calcio spagnolo, in un limbo in cui l’identità data da Simeone è gran parte del segreto per competere con le big, l’Atlético si gode la maturità del leader della Francia campione del mondo Antoine Griezmann e l’esplosività di Diego Costa, tornato come oggetto misterioso dopo essere finito fuori rosa al Chelsea e tranquillamente considerabile tra le prime punte più forti d’Europa. Centoventitré milioni di euro di investimenti mirati (i 22enni Lemar e Rodri, il terzino Arias autore di un bel Mondiale con la Colombia) sono l’essenza dell’Atlético Madrid: non la squadra più forte e nemmeno quella più ricca, ma una squadra intelligente, concreta, che difficilmente si riesce a battere e che per questo può arrivare in fondo.