Perché la Juve ha bisogno di Ramsey

Cosa aggiunge il gallese al centrocampo bianconero.
di Claudio Pellecchia 18 Gennaio 2019 alle 05:44

«Sono molto contento di lui. Ha l’ambizione che voglio che si metta ogni giorno, in ogni allenamento. Sta lavorando bene, con quella qualità che sto cercando. Il perché non abbia rinnovato il contratto non è una domanda che dovete fare a me ma direttamente a lui e al club. Per quanto mi riguarda ho già comunicato a chi di dovere quanto lo ritenga un giocatore fondamentale per la squadra». Così parlò Unai Emery, a proposito di Aaron Ramsey, lo scorso 12 luglio durante la sua prima conferenza stampa da allenatore dell’Arsenal. Sei mesi, altrettanti assist e tre gol in 1339 minuti di impiego (26 presenze complessive, di cui 16 da titolare) dopo, l’umore e il tenore delle dichiarazioni sono radicalmente cambiati: «Sono contento di come ha giocato contro il Blackpool. Gli avevo chiesto se se la sentisse di giocare e mi ha risposto di si. Si è impegnato e ci ha aiutato molto ma adesso il suo futuro dipende da lui, dalla sua famiglia e dal suo agente».

Questo contro il Fulham potrebbe essere l’ultimo gol di Ramsey con la maglia dell’Arsenal

Un futuro che dovrebbe chiamarsi Juventus. Ramsey possiede delle caratteristiche tecniche e tattiche uniche e non rinvenibili in nessuno degli elementi che compongono la mediana bianconera. Oltre a una duttilità che, nel corso degli anni, lo ha portato a ricoprire indifferentemente la posizione di mediano, mezzala di corsa e trequartista (concetto che ben si sposa con i canoni alla base della “liquidità” del calcio di Allegri), il gallese è un box to box player a tutto tondo che potrebbe tornare utile a colmare le lacune di reparto. Pur essendo perfettamente collocabile entro le logiche codificate di un sistema di gioco, Ramsey è un giocatore fortemente controintuitivo in grado di assicurare quell’estemporaneità tipica delle giocate decisive di una partita: una caratteristica non marginale, soprattutto se si considera che, dei 46 gol realizzati fin qui in stagione dalla Juventus, appena otto sono arrivati dai suoi centrocampisti. Nelle sue quasi nove stagioni con i Gunners, Ramsey ha messo a referto 64 gol e 67 assist, 11 e 12 nella passata annata.

La grande padronanza dei propri mezzi tecnici – che si traduce soprattutto nel controllo orientato verso la direzione migliore richiesta dalla singola situazione di gioco, nonché nella capacità di superare in dribbling il diretto marcatore, spesso spezzando anche l’eventuale raddoppio – e la naturale inclinazione a giocare con la testa alta rendono Ramsey un giocatore da percussioni e “strappi” palla al piede, profilo che alla Juve manca dai tempi di Paul Pogba e che si incastrerebbe perfettamente con il ruolo che Allegri ha ritagliato per Pjanic (cui, ormai, spetta stabilmente la prima costruzione in combinato disposto con Bonucci) e con la fisicità di Matuidi e/o Bentancur. In tal senso, la multidimensionalità del gallese lo renderebbe utilizzabile praticamente ovunque nel triangolo di centrocampo, per quanto la posizione ideale sembrerebbe essere quella della mezzala (destra o sinistra cambia poco) che possa fungere da ulteriore punto di riferimento in fase di possesso e che possa sfruttare i notevoli istinti off the ball – attaccando le seconde palle o inserendosi dal lato debole – per dare concretezza ad una capacità realizzativa che si è andata affinando nel corso degli anni.

La qualità realizzativa di Ramsey è pari alla sua continuità di rendimento

Non va poi sottovalutato che Ramsey ha sempre goduto di ampia libertà nella ricerca della posizione ideale in cui esprimere il suo calcio di read and react: un dettaglio che permetterebbe il suo inserimento in piante stabile come trequartista de facto – del resto i 67 assist e gli 1,5 passaggi chiave di media dal 2008 ad oggi raccontano di un giocatore dalla spiccata associatività e in possesso del giusto timing richiesto dalla fase di rifinitura – sgravando Dybala dal dover interpretare quel ruolo di costante riferimento tra le linee. Di contro, a destare perplessità, oltre ai problemi fisici che lo hanno portato a saltare oltre 110 partite con l’Arsenal, è l’apporto meno determinante e “vistoso” in fase di non possesso. Nonostante i dati raccontino come il gallese sia il primo giocatore della Premier League per numero di recuperi effettuati nell’ultimo terzo di campo (ben 12), dal punto di vista difensivo Ramsey riesce a farsi valere quasi esclusivamente grazie ad un innato senso della posizione che gli consente di inserirsi con congruo anticipo sulle line di passaggio altrui, andando, invece, molto in difficoltà nelle situazioni in cui si trova a dover fronteggiare un uno contro uno (una volta saltato è difficile che riesca a rinvenire sul diretto avversario) o a dover correre all’indietro.

Al di là delle caratteristiche di base, comunque, l’impressione è che l’impatto di Ramsey nella Juventus dipenda da quando riuscirà a vestire effettivamente il bianconero: arrivasse nell’attuale finestra invernale di mercato, l’upgrade, soprattutto in chiave europea, sarebbe indiscutibile e darebbe a Massimiliano Allegri un’alternativa in più per sviluppare il tipo di calcio che ha in mente. Amy Lawrence ha scritto: «Andar via dall’Arsenal è un qualcosa che affronterà con la sua solita tranquillità. Lontano dal campo Ramsey resta il padre di famiglia che è rimasto legato ai suoi amici di sempre e che andrà volentieri a Glastonbury senza ricercare nessuna esperienza in particolare, solo per seguire il flusso della folla e godere della musica e del campeggio, nello stesso modo in cui ha gestito questa strana prima metà di stagione sotto Unai Emery. Spedito in panchina non ha appena ha interrotto le trattative per il rinnovo del contratto non ha detto nulla e ha proseguito a lavorare con professionalità, dando il meglio ogni volta che è stato chiamato in causa».

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