Il calcio libero di Tadic

L'attaccante serbo ha trovato la sua dimensione nell’Ajax di Erik ten Hag.

Come quelle coincidenze che suonano fin troppo retoriche per quanto sono perfette, il 16esimo gol stagionale di Dusan Tadic – quello con cui l’attaccante serbo ha eguagliato il suo precedente record – è arrivato la stessa sera della sua miglior prestazione della carriera in Champions League. Alla Johan Cruijff Arena di Amsterdam si giocava Ajax-Bayern Monaco, ultima partita del girone E, che ha ha sancito il ritorno degli olandesi agli ottavi di finale dopo 13 anni. Il match è finito 3-3, con due espulsioni e quattro gol tra l’81’ e il 95’. Tadic ha segnato una doppietta. Era lo scorso 12 dicembre: non eravamo neanche a metà stagione.

A oggi, inizio marzo, i gol di Tadic sono 25. A 30 anni il serbo ha già migliorato di nove reti il suo precedente primato, 16 appunto, che risaliva alle annate 2012/13 e  2013/14 con la maglia del Twente. Solo un’altra volta aveva superato la doppia cifra, nel 2009/10 con il Vojvodina. Quest’anno, invece, è andato in gol 16 volte in Eredivisie, 8 in Champions League (compresi i preliminari) e una in Coppa d’Olanda: nessuno all’Ajax ha fatto meglio di lui. E con già 13 assist serviti ai compagni non è impensabile che da qui a fine stagione possa superare anche quest’altro record: il numero da battere è 22, realizzato nel 2012/13 con il Twente e nel 2010/11 con il Groningen.

Dusan Tadic in azione durante il match di andata degli ottavi di Champions, contro il Real Madrid

La narrazione di Dusan Tadic è la narrazione di un indolente, di un talento che si accende a intermittenza, di un calciatore che con un po’ di continuità in più avrebbe potuto e potrebbe essere tra i più forti del mondo. Tutto sommato è vero: a riportare le attenzioni su di lui (anche sul mercato) è bastata la prestazione nell’andata degli ottavi di finale di Champions League contro il Real Madrid, giocata tre settimane fa. Nel primo tempo Tadic ha fatto impazzire la difesa dei campioni in carica, colpendo anche un palo; nel secondo tempo, invece, si è eclissato.

A differenza di quanto si può immaginare vedendolo, talvolta, passeggiare spaesato su un campo di calcio, il serbo però non vive in un mondo tutto suo. Ci sono molte interviste in cui Tadic parla di tattica e sistemi di gioco, della sua squadra ma anche di altre. Qui, per esempio, elogiava il suo ex allenatore al Southampton, Mark Hughes, perché con lui «tocchiamo la palla molto di più»; qui, dopo una sconfitta, se la prendeva con Ronald Koeman perché «abbiamo giocato troppi palloni lunghi, questo non è il nostro calcio». In un’altra dichiarazione si diceva preoccupato di una partita contro il Tottenham per via della «loro filosofia offensiva, vogliono sempre vincere dominando gli avversari». E da quando è all’Ajax non fa che esaltare la mentalità del suo nuovo club, oltre alla miglior qualità della vita in Olanda: «Sceglierei sempre Amsterdam al posto dell’Inghilterra. È una città bellissima, non c’è niente che non mi piace in questo posto, è tutto pulito. È qualcosa di speciale».

A fine gennaio Tadic è stato intervistato in auto da Andy van der Meyde e ha detto: «In Inghilterra prendevo solo calci e a fine partita dovevo sempre mettere del ghiaccio sulle gambe. Quando mi ritirerò non voglio mai più vedere del ghiaccio, neanche in una bottiglia».

Ma il “manifesto” di Dusan Tadic è un’intervista rilasciata nel novembre 2014 al Guardian, quand’era arrivato da poco al Southampton. Dal pezzo viene fuori un Tadic inguaribile ottimista, che non si arrabbia se gli inglesi non hanno ancora imparato a pronunciare bene «Dusan» e che ripete tre volte la parola free, libero: «Gli allenatori in Serbia chiedono solo di lottare, e basta. Io invece voglio sentirmi libero. Ogni giocatore può esprimersi al meglio se è libero». E ancora: «Quando ho la palla tra i piedi, ho bisogno di essere libero di creare qualcosa, di giocare con la mia testa».

Se si pensa a un’idea di calcio libero, non nel senso di “a caso” ma appunto di “contesto in cui ogni giocatore viene messo nelle condizioni di esprimersi al meglio”, è difficile non pensare al calcio olandese. L’Ajax di oggi è allenato da Erik ten Hag, ex vice di Pep Guardiola, a sua volta allievo di Johan Cruijff, e non può essere un caso che Dusan Tadic stia vivendo la miglior stagione della sua carriera proprio in questo club, con questo allenatore. Oltre al record di gol, il serbo sta tenendo una media di 2,4 passaggi chiave a partita in campionato (mai così tanti dai 4 per match del 2013/14 con il Twente), e, sempre in Eredivisie, esegue 2,5 dribbling ogni 90 minuti – una cifra che sale a 3,3 in Champions League. C’è però anche un rovescio della medaglia: con 2,6 palle perse e 2,2 contrasti subìti a partita in campionato, Tadic non aveva mai fatto così male in tutta la sua carriera per quanto riguarda questi due aspetti. È il prezzo che l’Ajax deve pagare per la libertà del serbo, ma è quasi fisiologico: come scrive These Football Times, Tadic al Southampton era «the man», il solo giocatore che aveva il compito di creare occasioni da gol (e infatti per un periodo è stato il numero uno della Premier per passaggi chiave), mentre ora «è solo uno dei tanti uomini da annullare, e non più il punto focale».

Tadic affronta Filipe Luis durante Brasile-Serbia, match dei Mondiali 2018

Forse i paragoni tra la Premier League e l’Eredivisie non sono del tutto realistici (per dire: l’Ajax in questa stagione ha già segnato 111 gol, di cui 82 in campionato, mentre il miglior bottino del Southampton negli anni di Tadic è di 59 reti in Premier), ma l’impatto che il serbo ha avuto in Champions League, mai giocata fino allo scorso agosto, non può che evidenziare un cambiamento. Tadic si sta esprimendo come mai prima d’ora: segna e fa segnare, e chi se ne importa se a volte perde qualche pallone di troppo o si intestardisce in un dribbling in più. È il suo calcio libero, il massimo dell’efficacia, e della felicità personale, per un talento atteso fino ai 30 anni.

 

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