Sarri alla Juventus è l’inizio di una nuova era

L'arrivo dell'ex Chelsea è per i bianconeri un segnale di rottura rispetto al passato.

Quando la Juventus ha ufficializzato l’addio di Massimiliano Allegri, in realtà aveva già preannunciato l’arrivo di Maurizio Sarri. Era inevitabile che la dirigenza bianconera decidesse di operare una scelta di rottura, rottura nel senso di cambiamento drastico rispetto al passato: l’interruzione del rapporto con un allenatore in grado di vincere gli ultimi cinque scudetti più quattro Coppe Italia, e di arrivare per due volte alla finale di Champions League, presupponeva la volontà di cambiare qualcosa nella conduzione tecnica della squadra. L’idea alla base di questa strategia, almeno per quanto riguarda il lavoro sul campo, era di quella di assumere un allenatore con un approccio diverso, meno pragmatico e forse più idealista, o ideologizzato – dal punto di vista puramente tattico. L’arrivo di Sarri a Torino apre una nuova era, perché l’ex di Chelsea e Napoli appartiene al gruppo dei tecnici sistemici del calcio contemporaneo. E allora porterà in bianconero un nuovo modo di gestire la squadra, un nuovo modo di gestire la rosa.

 

I due piani si intersecano sempre, anche Allegri – come tutti gli allenatori del mondo – cercava di bilanciare, di equilibrare, gli aspetti umani e quelli puramente tecnici del suo lavoro. Solo che da ora in poi cambieranno i rapporti di forza che regolano le scelte di campo, di formazione: i giocatori saranno responsabilizzati dal punto di vista tattico prima che tecnico, che non vuol dire cancellare o limitare la loro fantasia, piuttosto renderla funzionale a un modello di gioco basato su meccanismi fissi, su automatismi provati e riprovati in allenamento. Si tratta di una scelta controculturale per la Juventus, che evidentemente stava cercando un allenatore in grado di sperimentare nuove strade per cercare di conseguire i risultati sul campo. Differentemente da Allegri, la ricerca di Sarri si basa su un sistema fisso da individuare e poi migliorare nel tempo, senza grandi e/o continui stravolgimenti legati al singolo evento – inteso come partita, ma anche come arco di tempo che può essere caratterizzato dagli infortuni o dalla scarsa condizione di alcuni elementi.

Non è solo una questione di gioco offensivo/speculativo, etichette spesso insignificanti rispetto a una realtà più ampia e più sfumata, oppure di altezza della linea difensiva o ancora di ritmo di corsa, frequenza di possesso. Questi cambiamenti saranno consequenziali rispetto a un nuovo approccio al gioco in senso assoluto, per cui ora la Juventus fonderà il suo calcio e quindi le sue strategie tecnico-societarie su un’identità di riferimento, sull’inderogabilità di alcuni concetti di gioco. In realtà, il lavoro di Sarri al Chelsea è stato diverso da quello fatto al Napoli, era inevitabile perché aveva a che fare con un gruppo di giocatori differente per caratteristiche, anzi il percorso di perfezionamento è stato progressivo, durante la stagione i Blues hanno sviluppato nuove direttrici di gioco, hanno adattato il loro modello – l’esempio più calzante è il progressivo inserimento di Emerson Palmieri al posto di Marcos Alonso nello slot di terzino sinistro. Allo stesso modo, però, i principi del possesso palla, del gioco di posizione e della difesa alta non sono mai stati messi in discussione, esattamente come il modulo iniziale.

È il calcio di Sarri, che però determina delle criticità: rispetto al triennio vissuto a Napoli, l’allenatore toscano ha adoperato in maniera più estensiva e inclusiva lo strumento del turn-over, dimostrando una maggiore elasticità rispetto al passato – l’utilizzo e il buon rendimento di Giroud nel finale di stagione nonostante l’arrivo di Higuaín è stato un segnale chiaro, in questo senso. Allo stesso modo, però, i giocatori che Sarri ritiene esclusi dal suo progetto tattico vengono davvero esclusi, praticamente senza appello. Al Chelsea è toccato a Gary Cahill e Cesc Fàbregas, il difensore inglese ha parlato di «scarso rispetto» da parte del suo manager e il centrocampista spagnolo ha lasciato Londra durante il mercato di gennaio. Alla fine le scelte di Sarri si sono rivelate esatte, il Chelsea ha centrato gli obiettivi stagionali e altri giocatori inizialmente poco utilizzati (Loftus-Cheek, Emerson Palmieri, Christensen) sono stati progressivamente inseriti nelle rotazioni. Solo che si tratta di un processo necessariamente più lungo rispetto a quello di un allenatore come Allegri, perché presuppone la totale aderenza – tecnica, fisica, ideologica – e la perfetta conoscenza di certi meccanismi di gioco. Anche in questo senso, la Juventus apre una nuova era: da ora in poi sarà fondamentale accontentare Sarri sul mercato dei calciatori, che non vuol dire concludere zero o cento operazioni, piuttosto trovare il modo di integrare la rosa con degli elementi adatti a un certo tipo di calcio. Al calcio di Sarri. Al calcio che Sarri vuole praticare alla Juventus – ed è difficile pensare che cambierà completamente le sue idee di riferimento. Una certezza-rischio che la Juventus ha deciso di voler sperimentare, evidentemente la dirigenza bianconera crede di avere già dei giocatori che possano rendere con questo tipo di approccio.

La sensazione è che la Juventus abbia fatto una scelta player-oriented, basata sulla volontà di dare nuovi stimoli di crescita ai calciatori. Probabilmente l’unica imputazione reale che si può muovere ad Allegri è quella di aver sacrificato il percorso di sviluppo di alcuni elementi nel nome del cambiamento continuo come strada per inseguire il risultato. Dybala, Douglas Costa e Cancelo, per esempio, hanno sofferto le scelte e gli avvicendamenti dell’allenatore in alcune parti dell’ultima stagione, la stessa condizione vissuta da Rugani e in parte anche da Bernardeschi nelle annate precedenti. La Juventus è uno dei club più importanti al mondo, eppure ha fatto fatica, negli ultimi anni, a “produrre” un nuovo fuoriclasse di livello assoluto oltre a quelli arrivati dal mercato. L’ultimo è stato Paul Pogba, ceduto nell’estate del 2016.

Il riferimento di questo discorso è sempre Dybala: l’argentino ha sicuramente migliorato il suo status e aumentato il suo valore da quando è arrivato alla Juve, ma non si è ancora consacrato davvero come leader, se non per brevi periodi. Ecco, l’avventura di Sarri partirà da qui, dall’idea che un approccio diverso al lavoro di campo possa portare al miglioramento dei calciatori presenti in organico, quindi dei risultati e dell’appeal della società e del brand sul mercato internazionale. Non è un caso che Sarri sia arrivato dopo una stagione al Chelsea e la vittoria dell’Europa League, evidentemente si trattava di uno step tecnico e umano ritenuto fondamentale dalla Juventus. I bianconeri hanno investito su un potenziale compromesso tra l’esigenza di costruire un’identità di gioco continua nel tempo – un’esigenza ormai irrinunciabile per i top club – e un tecnico ormai affermato, riconoscibile a tutti i livelli, reduce da una vittoria importante.