Perché l’Inter vuole Lukaku a tutti i costi?

C'è, da anni, la grande stima da parte di Antonio Conte, ma il confronto con Mauro Icardi non è dei più semplici.

Tra le squadre di vertice italiane, l’Inter è probabilmente la più interessante, in termini di ambizioni e potenzialità. I nerazzurri sono stati i primi ad ufficializzare la guida tecnica per la prossima stagione, con due settimane di anticipo rispetto a Roma, Juventus e Milan, e lo scorso giovedì i botteghini del club hanno registrato il tutto esaurito della campagna abbonamenti dopo appena quaranta giorni dall’apertura. Ha contribuito, anche, la rapida attivazione della dirigenza sul mercato, che ha già portato in dote a Conte Godín ed è in procinto di consegnargli anche Lazaro e Sensi.

Tra i nomi che a più riprese sono stati oggetto di indiscrezioni, in aggiunta a quelli di Barella e Dzeko, figura anche quello di Romelu Lukaku. Secondo Fabrizio Romano di Sky Sport l’Inter è disposta ad avanzare al Manchester United una prima offerta da 70 milioni di euro complessivi per portare il belga in Italia. Sarebbe un’operazione che, oltre a diventare la più onerosa per distacco della storia del club, sancirebbe anche – in via definitiva – la decisione di Conte di non puntare su Mauro Icardi per la prossima stagione. Una scelta che alimenta il dibattito e gli interrogativi: per quale motivo, quindi, l’Inter sembra così convinta di investire tutti quei soldi su Lukaku?

Per comprendere le dinamiche dell’affare è utile soffermarsi in particolare proprio su Conte. Il nuovo allenatore dell’Inter è da tempo tra i maggiori estimatori di Lukaku, tanto che nel suo trascorso bianconero quello del belga è stato a lungo uno dei nomi più ricorrenti per rinforzare il parco attaccanti della Juventus. Durante l’estate 2014, di ritorno al Chelsea dal prestito al West Bromwich (dove aveva segnato 17 reti alla sua prima stagione da titolare in Premier, a vent’anni da compiere), si aprirono per lui molte porte. «Potevo andare alla Juventus, si erano fatti avanti per me, ma qualcosa non mi convinceva», ha raccontato in una intervista di due mesi fa. «Quindi rifiutai e mi prese l’Everton. Il giorno dopo Conte lasciò la Juve…». Il flirt di Lukaku con la Serie A è un elemento che si è ripetuto di frequente: lo scorso ottobre, parlando con La Gazzetta dello Sport, rispose così a chi gli chiedeva se si vedesse in futuro in Italia: «Perché no? È una cosa che spero».

Ma l’endorsement definitivo del 26enne di Anversa, quello con cui ha fatto capire in maniera inequivocabile quali fossero le sue intenzioni, è più recente. Risale allo scorso dodici giugno: «Io sono sempre stato un grande fan della Serie A, chi mi conosce sa che ho sempre detto che ci sono due leghe in cui ho sempre sognato di giocare: la Premier e il campionato italiano». Infine, per chiudere il cerchio, parole al miele sono arrivate anche per Conte: «Il suo arrivo all’Inter è una grande notizia, per me è il miglior allenatore al mondo. La Serie A sarà davvero interessante il prossimo anno». Le trame che si intrecciano, sintesi alla mano, sono due: da una parte Lukaku e l’Italia, una combinazione che prima o poi sembra destinata a concretizzarsi per volontà dello stesso attaccante; dall’altra Conte e Lukaku, che si apprezzano a vicenda e che al terzo tentativo – Conte provò a prenderlo anche nel biennio al Chelsea, salvo poi essere costretto ad accontentarsi di Morata – potrebbero finalmente trovarsi dallo stesso lato del fronte.

Ma l’affare Lukaku merita di essere analizzato soprattutto in relazione al calciatore che Lukaku andrebbe a sostituire, ovvero Mauro Icardi. Sono ben note – almeno in superficie – le diatribe interne di casa nerazzurra, e non ci interessa granché ripercorrerle; ma è chiaro che se l’Inter, su diretto impulso di Conte, ha intenzione di sostituire l’argentino con il belga, sia necessario chiedersi quanto sensato risulti almeno sulla carta lo scambio. I due prima di tutto sono coetanei, entrambi sono nati nel 1993. Lukaku, professionista dall’età di 16 anni, ha messo insieme tra Anderlecht, Premier League e Nazionale quasi il doppio delle presenze di Icardi – penalizzato dalle esclusioni dalla Albiceleste: 492 a 260. È un discorso che tuttavia resta piuttosto limitato ai numeri, visto che né sul piano della maturità (continuità nelle prestazioni, leadership, fermezza nelle esposizioni mediatiche) né su quello dell’esperienza internazionale a livello di club si può dire che Icardi sia inferiore al collega. E anzi, se c’è uno che tra i due ha con il tempo dimostrato di saper essere decisivo nelle partite più impegnative, è stato proprio l’argentino. Un dato tra i tanti: nel campionato appena concluso, di certo non brillante per lui, Icardi ha segnato 4 reti negli scontri diretti contro le prime sei della classifica; Lukaku zero. E anche allargandolo alle ultime cinque stagioni il confronto (27 a 8) premierebbe nettamente l’argentino.

Lukaku esulta con Pogba e Rashford. Con il Manchester United, il centravanti belga ha realizzato 42 gol in 96 partite ufficiali, spalmate su due stagioni.  (Shaun Botterill/Getty Images)

Le loro caratteristiche sono piuttosto simili: sono entrambi attaccanti che in termini di scambi con i compagni tendono a partecipare mediamente poco alla manovra (secondo i dati di Wyscout nella scorsa stagione Icardi ha messo a referto 15 passaggi in media a partita, Lukaku 19), ed entrambi hanno sempre segnato quasi tutte le proprie reti dall’interno dell’area – con la specificità, e spezziamo qui una lancia in suo favore, che il repertorio di gol del belga è decisamente più vario rispetto a quello di Icardi. Il capitano dell’Inter ha qualcosa in più di Lukaku nella fuga dalla marcatura, nel gioco spalle alla porta e nel colpo di testa. Nel tempismo, per dirlo in una parola. Lukaku ha qualcosa (molto) in più di Icardi sul piano fisico e atletico, in esplosività e velocità, e gli è forse superiore anche come tecnica di base. Entrambi, però, rientrano in una categoria di attaccanti che definiremmo ancora – come ha fatto Wilson in un vecchio pezzo sul Guardian a proposito del belga – “tradizionali”.

Icardi e Lukaku si distinguono anche nel contributo alla fase difensiva: da questo punto di vista, con oltre quattro azioni difensive a una ogni novanta minuti nello scorso campionato, Lukaku è molto più presente all’interno della partita. Ma complessivamente, nonostante le lievi distanze, da una rapida analisi non sembrano esserci solide ragioni di carattere tecnico che giustificano la scelta di Conte – ammesso e non concesso che tale scelta sia completamente sua: ieri il Corriere dello Sport ha scritto che Steven Zhang «stravede per il belga» – di privarsi di un nove di assoluta garanzia qual è Icardi oggi, magari cedendolo persino ad una cifra inferiore a quella che il club sborserebbe per andare a prendere Lukaku.

Con la maglia del Belgio, Lukaku ha segnato 25 gol nelle ultime 21 partite. In questa foto la doppietta contro la Scozia, 11 giugno Dirk Waem/Afp/Getty Images)

Può essere che Conte lo ritenga meno adatto al suo sistema di gioco, che prevede due punte e che ha sempre imposto ad eccezione del biennio al Chelsea, quando per venire incontro alle esigenze di Hazard schierava un solo attaccante (Diego Costa il primo anno, Morata il secondo): una riflessione sensata, se non fosse che, come Icardi anche Lukaku – all’Everton, al Manchester United e con il Belgio – ha sempre operato da terminale offensivo unico. È più probabile, volendo azzardare una ipotesi da osservatori esterni, che dentro l’Inter ci sia la marcata volontà di costruire un percorso che sia nuovo a tutti gli effetti, anche se il prezzo da pagare è la cessione di uno dei due attaccanti più prolifici degli ultimi sei anni di Serie A – solo Higuaín, in questo lasso temporale, ha segnato più di Icardi.

Senza dubbio Lukaku rappresenta sulla carta un innesto di alto livello: parliamo di un attaccante che da quando ha 17 anni è sempre andato in doppia cifra (e mai sotto i 15 gol stagionali), tranne quando ha incrociato la strada di Mourinho, e che sarebbe sicuramente motivato dalla voglia di riscattare una stagione sotto le attese a Manchester, oltre che dal tanto atteso incontro con Conte e con l’Italia. Eppure rimangono alcune perplessità sulle ragioni che stanno spingendo l’Inter verso un’operazione tutto sommato molto rischiosa, dal punto di vista economico e da quello della resa effettiva sul campo. Oltretutto, le ultime volte in cui il club nerazzurro ha messo la mano pesante nel portafoglio per pescare dall’estero – Kondogbia, João Mário, Gabigol – le cose non sono andate poi granché bene. Anche per questo, per invertire un trend decisamente negativo, la speranza per Conte in primis è che se la nuova Inter vorrà davvero ripartire da Lukaku, il belga riesca a far dimenticare il più in fretta possibile il suo predecessore.