Lucy Bronze, talento e sacrificio

Intervista al difensore dell'Inghilterra, una delle calciatrici più forti al mondo: il suo successo parte da lontano, e non è mai stato scontato.

A Parigi sono le tre di pomeriggio e Palais Brogniart inizia a riempirsi di persone, tutte in attesa della presentazione delle nuove divise Nike. Il grande evento occupa la sala principale della vecchia Borsa di Parigi, un capolavoro dei primi dell’Ottocento nel II Arrondissement. E se non bastasse il fascino dell’architettura, ad aumentare la suggestione è l’allestimento della sfilata: giochi di luci calde e fredde che plasmano lo spazio come in un’opera di James Turrell; al centro della sala principale una pedana mobile sulla quale sfileranno le calciatrici, accompagnate da ragazze, bambine, donne di ogni età, etnia, shape corporea e religione, come stimolo ed esempio affinché ognuna possa credere in se stessa, nello sport e nella vita di ogni giorno.

Non è tutto: per la Women’s Champions League e per il prossimo Europeo – che inaugurerà nel 2021 – Nike diventerà il fornitore ufficiale dei palloni, e ha sottoscritto il piano quinquennale dell’Unione Europea per rendere il calcio il principale sport femminile nel continente. Non a caso infatti sono ben 14 le divise nazionali disegnate: Stati Uniti, Francia, Australia, Inghilterra, Norvegia, Sudafrica, Nuova Zelanda, Olanda, Corea del Sud, Cile, Nigeria, Cina e Canada.

Si abbassano le luci e le voci, la sfilata sta per iniziare. In passerella 28 delle migliori calciatrici del mondo, tra cui Lucy Bronze, giocatrice del Lione e della Nazionale inglese. Classe 1991, nata a Berwick-upon-Tweed ai confini con la Scozia, la incontro a fine sfilata, ci sistemiamo vicino alla pedana dove poco prima mostrava la nuova divisa da trasferta e cominciamo a parlare. Lucy è una vera forza della natura, ma confessa che mai si sarebbe immaginata di fare del calcio la sua professione, «all’inizio non era nient’altro che un sogno», dice subito. Inizia la sua ascesa nel calcio femminile al Manchester City per poi firmare con l’Olympique Lione nel 2017, dove tutt’ora gioca nel ruolo di difensore: «Oltre a renderla la mia professione, non mi sarei immaginata nemmeno di riuscire a giocare un giorno in una squadra così forte».

«Sei pronta a vincere?», le chiedo. «Yes, of course», risponde lei con un sorriso che non nasconde una grande sicurezzaDa un po’ di tempo Lucy è sotto i riflettori: l’anno scorso ha vinto il titolo di “Bbc Women’s Footballer of the Year”, dopo l’amata e stimata collega Ada Hegerberg, vincitrice dell’edizione 2017. E anche in campo, con il Lione, ha già collezionato vittorie importanti: la Uefa Champions League 2019 – la quarta consecutiva per la sua squadra – e il campionato francese, dove è stata inclusa nel team dell’anno. Si sta preparando ai Mondiali femminili che tra poco si giocheranno proprio in Francia: «Sei pronta a vincere?», le chiedo subito dopo. «Yes, of course», risponde lei con un sorriso che non nasconde una grande sicurezza.

L’Inghilterra punta alla prima vittoria in un Mondiale – nel 2015 si è aggiudicata il terzo posto – anche se le favoritissime rimangono ancora le ragazze degli Stati Uniti. Ma il 7 marzo 2019 l’Inghilterra ha vinto la SheBelieves Cup battendo il Giappone 3 a 0, e il nuovo allenatore Phil Neville definisce la sua squadra il futuro del calcio femminile. Proprio Neville è stato in passato molto discusso, ma sembra aver portato un contributo prezioso alla Nazionale. «Phil è una brava persona, ha cambiato molto il nostro sistema e ha fatto ottime cose», dice Lucy. «Ovviamente ha lavorato di più nel calcio maschile, certo, ma ha avuto grandi esperienze. È un good coach, ci sentiamo sempre stimolate e pronte per dare di più. Il modo in cui giochiamo, grazie a lui, è cambiato molto, per questo e molto altro vogliamo vincere».

Lucy Bronze è nata a Berwick-upon-Tweed, la città più a Nord dell’Inghilterra, il 28 ottobre 1991. Gioca da due stagioni nell’Olympique Lione, prima ha militato in diversi club inglesi (Sunderland, Everton, Liverpool e Manchester City)

Quando le chiedo invece dei suoi inizi, Lucy racconta della sua famiglia, di suo fratello maggiore, anche lui calciatore, «ho iniziato a giocare quando ero veramente piccola – when I was a baby –, avevo un fratello più grande di due anni, quindi tutto quello che facevo era copiarlo. Mi sembrava così impossibile poter vivere di questo… Non sono una di quelle che ha sempre creduto di diventare un’atleta per professione. L’idea di vita era quella comune ai più: crescere, trovare un lavoro… Il calcio era qualcosa di impossibile da concretizzare, più simile a un hobby».

Quando parla della sua famiglia dice che le manca casa, che ha sempre nostalgia dell’Inghilterra, ma che in Francia sta bene, adora Lione – ma torniamo subito a parlare di calcio: questi Mondiali femminili potrebbero essere davvero una svolta. Le cose cambieranno? Ci sarà più visibilità? «Of course, decisamente, soprattutto perché sono in Europa», dice. «La scorsa edizione erano in Canada, troppo distante a livello mediatico per poter essere calcolato in questo continente. Tutto verrà trasmesso ovunque quindi potrà avere un’influenza incredibile».

Ha esordito in Nazionale nel 2013, conta 73 presenze e 8 reti con la maglia delle Three Lionesses

«Bisogna lavorare duro per raggiungere il proprio obiettivo: quando inizi a dimostrare tutto questo a te stessa, la gente inizia ad ascoltarti»Per quanto riguarda lo sviluppo del calcio femminile in Europa, non tutte le nazioni sono sullo stesso piano dell’Inghilterra: il calcio femminile italiano, ad esempio, vive ancora tra molti ostacoli, ma Lucy la vive con estremo ottimismo: «In Italia il campionato maschile è veramente forte. Ma anche quello femminile è a un livello molto alto e ci sono grandissime giocatrici». Sì, ci sono atlete incredibili, ma sono spesso costrette ad avere un altro lavoro, a non essere quindi delle vere professioniste. «Anche in Inghilterra è così, molte non sono fully professional. Spesso la gente crede che sia una questione monetaria e che noi guadagniamo molto, ma non è vero. Ma oltre al problema del lavoro, c’è da prendere in considerazione la formazione dell’atleta: molte ragazze studiano e giocano allo stesso tempo. Anche io: sono andata a scuola, ho fatto l’università… Ti porta via molto tempo e purtroppo non riesci a concentrarti solo sulla tua carriera sportiva. Quello che bisogna fare, come in ogni lavoro, è keep on working, bisogna lavorare duro per raggiungere il proprio obiettivo. Push and push! Quando inizi davvero a dimostrare tutto questo a te stessa, la gente inizia ad ascoltarti, a vedere quanto vali e a riconoscere il tuo talento. E poi vogliono vederti, vogliono partecipare, ti seguono, a quel punto è fatta!».

Prima di spegnere il registratore (quasi in confidenza) lo ammette: non è facile per niente. Come in molti sport agonistici in cui la realtà femminile viene scarsamente considerata, diventare una calciatrice professionista non è cosa da tutti i giorni. Ma le cose stanno cambiando: per i Mondiali è prevista un’importante copertura mediatica, i brand si stanno impegnando affinché l’interesse verso il calcio femminile aumenti sempre di più in Europa e nel resto del mondo. Sta cambiando il punto di vista e sta cambiando il modo di guardare questo sport: giocare a calcio, anche per una ragazza, oggi è cool, e non più atipico.

Dal numero 28 di Undici