Cutrone al Wolverhampton è un sacrificio necessario

Il Milan ha bisogno di un attaccante diverso, Patrick ha scelto un campionato che potrà mascherare parte delle sue lacune.

Chiudete gli occhi e provate a immaginare un attaccante del Milan sgraziato, un po’ scoordinato e limitato tecnicamente che segna ed esulta come se avesse deciso all’ultimo secondo una finale mondiale: se qualcuno di voi ha pensato a Patrick Cutrone, e non a Filippo Inzaghi, probabilmente è perché in alcuni momenti delle ultime due stagioni Filippo Inzaghi è stato davvero – senza eccessivo pericolo di blasfemia – l’unico termine di paragone possibile per Patrick Cutrone. In 90 partite ufficiali la punta classe 1998 (21 anni e mezzo) ha segnato 27 reti, di cui 13 in Serie A e 10 in Europa League, e nell’89% dei casi per farlo gli è bastato solo un tocco, talvolta in equilibrio precario, in scivolata o in anticipo su portiere e difensori, badando sempre alla sostanza e quasi mai alla forma.

L’ultimo gol di Cutrone con la maglia del Milan, tuttavia, è arrivato il 12 gennaio 2019: doppietta ai supplementari negli ottavi di finale di Coppa Italia contro la Sampdoria. E in campionato si era fermato addirittura il 2 dicembre 2018, con una girata al volo valida per il momentaneo 1-1 nella partita poi vinta 2-1 dai rossoneri contro il Parma. Nel suo primo anno da professionista l’attaccante ha segnato 18 gol, grazie ai quali è stato il miglior marcatore dell’intera rosa, ma nel secondo ha dimezzato la cifra, limitandosi a 3 sole reti in Serie A pur giocando sostanzialmente gli stessi minuti: 1509 nel 2017/18, 1438 nel 2018/19.

Martedì Cutrone è stato venduto al Wolverhampton per 18 milioni di euro più 4 di bonus, e la sua cessione ha diviso i tifosi del Milan. In effetti poche situazioni meglio di questa si prestano a un contrasto tra “cuore” e “testa”: da una parte c’è la narrazione del predestinato (Cutrone è entrato nel settore giovanile del Diavolo a 8 anni, il suo idolo era naturalmente Inzaghi, fino a poco tempo fa si portava letteralmente a letto il pallone e durante il suo primo giorno d’asilo – ha raccontato suo padre – ha spaccato con una pallonata il vetro che copriva un estintore); c’è l’affetto del popolo rossonero verso colui che ha deciso l’ultimo derby vinto contro l’Inter; c’è la riconoscenza per aver sempre messo sul campo la grinta che è mancata ad altri, sintetizzata nel marzo 2018 dalla tarantolata corsa per recuperare il pallone del 2-2 al Chievo Verona appena convalidato dal Var e caricare tutto San Siro verso la rimonta poi completata nel finale da André Silva.

Dall’altra, però, c’è l’esigenza del Milan di vendere per fare cassa e ottenere plusvalenze; c’è il nuovo allenatore Marco Giampaolo che, nel suo 4-3-1-2, a un centravanti di ruolo (Krzysztof Piątek, e solo come seconda scelta Patrick Cutrone) vuole affiancare una punta diversa, un rifinitore di qualità e movimento più che un attaccante d’area di rigore; c’è soprattutto la consapevolezza che, per un centravanti, 3 reti in un intero campionato sono poche. I numeri positivi e l’ottimo impatto di Cutrone nel suo anno d’esordio hanno nascosto molte lacune, soprattutto tecniche, ma nell’ultima stagione la sensazione è che la sua crescita si sia un po’ arrestata.

Nel 2017/18 Cutrone è stato il secondo peggior giocatore del Milan per palle perse a partita e ha avuto la terzultima percentuale di passaggi realizzati (79%). I dati non sono migliorati nel 2018/19: sesto per palloni persi e ancora terzultimo nella precisione dei passaggi (74,3%). Cutrone è un attaccante essenziale: vive per il gol e per segnare è disposto a trascurare tutti i canoni dell’estetica, ma nel frattempo aiuta poco la squadra con le sponde ed è caotico e disordinato nel pressing. I suoi punti di forza, in fondo, sono anche i suoi limiti.

Tutta l’essenzialità di Patrick Cutrone: 7 palloni toccati, 7 gol

Gli ultimi Europei Under 21 disputati in Italia sono stati un perfetto saggio breve dell’attuale livello dell’ormai ex punta del Milan. Nella partita d’esordio contro la Spagna Cutrone è entrato nell’ultima mezz’ora al posto di Moise Kean e, pochi minuti dopo, è stato decisivo per il gol del 2-1 segnato da Federico Chiesa. E lo ha fatto a suo modo: ha tagliato in area ricevendo un bel lancio in verticale di Riccardo Orsolini, ha cercato un (difficile) tiro al volo mancando completamente il pallone ma poi è stato bravo a recuperarlo, girarsi e difenderlo per permettere a Nicolò Barella di servire l’ala della Fiorentina tutto solo davanti alla porta. Nelle successive gare con Polonia e Belgio, invece, Cutrone ha giocato come titolare e – pur trovando un gol di testa nell’ultimo match – non ha convinto del tutto.

In Inghilterra Cutrone troverà un campionato che potrà aiutarlo a partecipare in maniera più pulita alla manovra della squadra, ma paradossalmente, quando è tornato in Italia dagli Stati Uniti, è sembrato tutt’altro che felice di lasciare il Milan. Quanto alla bontà della scelta dei rossoneri, lo scorso mese è uscito il quarto episodio di Toy Story: Cutrone ricorda quei giocattoli semplici e con pochi accessori che hanno un grande valore affettivo per il proprio padrone ma, nonostante ciò, vengono comunque sacrificati in nome della modernità.