La nuova qualità dell’Atalanta

Muriel, Malinovskyi e Arana ampliano le soluzioni di cui può disporre Gasperini.

«A volte mi viene il dubbio che si possa insinuare un po’ di presunzione: vedo il rischio che la nostra squadra possa essere sopravvalutata». A pronunciare queste parole, in una intervista a La Gazzetta dello Sport dello scorso agosto, non è stato l’allenatore che ci aspetteremmo. Uno di quelli – Fonseca, Giampaolo – che avrebbero tutto l’interesse a smorzare le attese verso la propria squadra, che magari è ancora un cantiere aperto. Al contrario, è la riflessione di chi tiene le redini di una tra le squadre più sottovalutate del campionato italiano. È un fatto che stordisce: tra la preoccupazione di Gian Piero Gasperini e il pensiero comune, che alla sua Atalanta non sembra dare poi grande credito, c’è una evidente dissonanza. E se da un lato è comprensibile che il tecnico abbia tutto l’interesse a tenere i suoi nell’ombra mediatica, dall’altro lo è anche – ma un po’ meno – il fatto che la Dea parta di nuovo senza il favore dei pronostici. È una questione di percezione e di prospettive storiche a cui si dà forse un peso eccessivo. Liberandosene, la sensazione è che nonostante l’impegno europeo l’Atalanta abbia tutte le carte in regola per affermarsi anche in questa stagione.

Giunto al suo quarto anno consecutivo a Bergamo, Gasperini può guardare avanti con le spalle ben coperte. In tre stagioni, la sua Atalanta non ha mai chiuso il campionato sotto i 60 punti; per due di quelle tre stagioni è stato infranto il precedente record di piazzamento in campionato; l’anno scorso nessuna squadra italiana ha segnato di più dei nerazzurri. Fatti che da soli dovrebbero aiutarci a distinguere un periodo di successi estemporaneo da un percorso di crescita mirato, strutturale. E non è tutto. In questo mercato Gasperini è stato privato di un solo titolare, Mancini, passato alla Roma e rimpiazzato con Skrtel. Mancano ancora quattro giorni alla chiusura della sessione, ma è altamente probabile che nessun pezzo pregiato della rosa venga ceduto, quindi va registrata una positiva discontinuità rispetto alle scorse stagioni. Nel 2017 andarono via Gagliardini, Conti e Kessié; nel 2018 è stata la volta di Caldara, Cristante e Spinazzola. Se oggi la tendenza è cambiata, se le attenzioni maggiori sono rivolte verso chi arriva e non verso chi parte, non dipende soltanto dalla mano forte del patron Percassi: è così anche perché chi gioca a Bergamo, salvo eccezioni, vuole continuare a giocarci.

In Serie A, Luis Muriel ha già vestito le maglie di Lecce, Udinese, Sampdoria e Fiorentina (Mario Carlini/Iguana Press/Getty Images)

Il sistema di gioco affinato in questi anni – uno dei più interessanti e sicuramente il più codificato del campionato – rappresenta una certezza, e il fatto che gli interpreti principali siano sempre gli stessi, e sempre più rodati, contribuirà a rafforzarla. In occasione della prima uscita ufficiale, contro la Spal, è già stato riproposto uno dei leitmotiv più classici della scorsa stagione: cross del primo esterno (Hateboer) da una parte, inserimento con gol del secondo esterno (Gosens) dall’altra. La coerenza sul campo, nell’approccio ai momenti della gara, è il valore aggiunto, è ciò che rende l’Atalanta speciale. Gasperini lo sa bene: «Siamo partiti più accorti all’inizio nella speranza di fare un primo tempo più soft, e invece siamo andati sotto», ha detto dopo la partita di Ferrara, «ma quando siamo stati costretti a dover giocare, a prenderci dei rischi, abbiamo fatto molto bene». Poi, sebbene le occasioni non fossero mancate, il 2-3 finale lo ha inventato Luis Muriel. Dopo il flop di Rigoni e l’inconsistenza dimostrata da Barrow, l’Atalanta aveva bisogno a tutti i costi di un attaccante in grado di alternarsi con Zapata, e già a giugno – memore della snervante attesa dello scorso anno – la dirigenza ha chiuso l’operazione con il Siviglia per una cifra vicina ai 15 milioni di euro.

Per una squadra abituata a finalizzare le proprie azioni all’interno dell’area, costruendo perlopiù attraverso le catene laterali, l’arrivo di Muriel significa prima di tutto disporre di una carta diversa. Anche nei sei mesi alla Fiorentina il colombiano si è messo in mostra per quelle che sono da sempre riconosciute come le sue peculiarità distintive: la progressione in campo aperto, il dribbling e il tiro secco – anche dalla lunga distanza. Se già di per sé parliamo di caratteristiche rare, lo sono ancora di più alla luce della rosa dell’Atalanta, a cui mancava un giocatore meno sistemico e più dirompente, autonomo, in grado di inventare letteralmente gol dal nulla. Difficilmente riuscirà a scalzare Zapata dal ruolo di titolare, ma con la Champions League da disputare almeno fino a dicembre lo spazio non mancherà e saprà rendersi prezioso.

Lo stesso vale per il secondo colpo di prestigio messo a segno in questo mercato, il 26enne Ruslan Malinovskyi. Strappato alla concorrenza di Roma, Fiorentina e Sampdoria, l’ucraino è arrivato per poco meno di quattordici milioni di euro dal Genk, lo stesso club in cui negli anni sono esplosi Koulibaly, Milinkovic-Savic, Courtois e De Bruyne. Gasperini ha detto di vederlo più come un vice-Gomez che come uno dei due centrocampisti, ma il suo giudizio è stato tutto fuorché definitivo: «Non ha ancora i valori dei nostri centrocampisti dal punto di vista atletico», ha detto, «magari fra un paio di mesi potrò portarlo più indietro, ma perché farlo ora? Arretrandolo adesso lo metterei solo in difficoltà e gli toglierei le sue qualità migliori». È mancino, ma per sua stessa ammissione si trova a suo agio anche con il piede debole: un aspetto che lo rende unico nella batteria di centrocampisti della Dea. Calcia i piazzati e i rigori, ha una visione del campo molto ampia e gioca sul lungo con grande sicurezza. In attesa di dispiegare il suo tiro da fuori area – caratteristica che solo Ilicic, ma con una sfumatura diversa, possiede – Malinovskyi ha dato una risposta molto convincente a chi gli chiedeva cosa lo avesse portato a scegliere Bergamo: «Mi piace giocare a ritmi elevati, è uno dei motivi per cui ho scelto l’Atalanta: qui si gioca un calcio di possesso, con passaggi veloci, intensità, pressione alta, mi piace perché penso rispecchi il modo in cui penso al calcio».

A differenza dell’Atalanta, la Champions League non sarà una competizione nuova per Gasperini: con l’Inter 2011/12, una partita e una sconfitta, contro il Trabzonspor (Valerio Pennicino/Getty Images)

Tanto Muriel quanto Malinovskyi rappresentano l’alternativa, e non tanto (o non solo) nel senso di seconda scelta. Offrono piuttosto soluzioni diverse sul piano tecnico, ampliano la rosa e la rendono più varia e competitiva. Una logica simile riguarda Guilherme Arana, l’ultimo arrivato: se l’anno scorso Gasperini ha sempre alternato Hateboer, Castagne e Gosens per due caselle, con il brasiliano a sinistra i titolari avranno modo di rifiatare più spesso. Arana ha compiuto 22 anni ad aprile, e non somiglia per nulla agli altri esterni in rosa: ha una struttura fisica diversa (176 centimetri a fronte dei 185 in media dei tre compagni) ed è più a suo agio nel dribbling e nel tiro piuttosto che nella corsa senza palla o nella fase di non possesso. Anche per lui ci sarà il tempo di inserirsi e di assimilare le richieste del tecnico, ma intanto è già chiaro che, esattamente come Muriel e Malinovskyi, anche Arana arriva per diversificare e arricchire un particolare reparto della rosa.

Riflettendo sulle prospettive di questa Atalanta, è lecito e inevitabile soffermarsi sul peso della Champions League. Una competizione impegnativa, soffocante nel momento clou, in particolare per chi non ne è assiduo frequentatore. Già due anni fa, stagione 2017/18, la Dea diede prova del fatto che la campagna europea può portare con sé dei contraccolpi in campionato: il settimo posto finale è stato il peggior piazzamento della gestione Gasperini. Però va aggiunta una cosa: ovvero che quella Atalanta era meno esperta e meno matura, oltre che meno completa, rispetto a quella attuale. I suoi meccanismi non erano consolidati quanto lo sono oggi, e i suoi giocatori migliori non erano in sintonia tra loro quanto lo sono oggi. In una parola, l’asticella è posta ben più in alto rispetto a due anni fa, e se uno sguardo al passato recente ha qualche minima utilità nel delineare le coordinate del futuro prossimo, allora non ci sono grosse ragioni per credere che la squadra che ha centrato una memorabile e meritata qualificazione in Champions League debba calare drasticamente nel rendimento. Potrà pure apparirci inusuale, e in effetti lo è, ma razionalmente le carte di cui dispone l’Atalanta sono ottime. Tra le migliori sul tavolo della nuova Serie A.