La grande ambizione del Torino

Il progetto del club granata è fondato sulla continuità e sulla figura di Walter Mazzarri.

Una delle caratteristiche storiche del calcio italiano riguarda le proprietà monocratiche: molti club appartengono a un solo imprenditore, che svolge anche le funzioni di presidente. Un assetto di questo tipo obbliga più che in altri casi a una crescita accorta e graduale, che possa garantire la stabilità necessaria a una società che, passo dopo passo, potrà mirare ad obiettivi sempre più prestigiosi. In questo senso, l’Atalanta è l’esempio più vivido e virtuoso: ha conquistato il terzo posto nello scorso anno, ha centrato la prima qualificazione alla Champions League della sua storia, e l’ha fatto al culmine di un progetto di crescita che ha integrato nuove strategie alle componenti storiche del club – strutture all’avanguardia, attenzione per i vivai, bilanci in salute. Il lavoro dell’Atalanta è stato individuato come un modello da seguire e replicare, e una squadra che sembra poter riprodurre un percorso simile è sicuramente il Torino.

I risultati dei primi due turni di campionato sono solo una parte del tutto, anche perché il calcio espresso in questo periodo dell’anno è sempre poco indicativo. Le due vittorie contro Sassuolo e l’Atalanta – proprio l’Atalanta, viene da dire –, però, vanno sommate a tanti altri segnali arrivati nell’ultima estate e nelle ultime stagioni, un insieme di scelte strategiche che dimostrano come l’obiettivo del club granata sia ormai stato fissato: essere una presenza costante tra le prime forze del campionato e frequentare con continuità le competizioni europee.

Il 29 agosto, il Torino di Walter Mazzarri ha rimediato la seconda sconfitta su due incontri dal Wolverhampton, vedendo così sfumare il sogno di qualificarsi alla fase a gironi dell’Europa League. Soltanto tre giorni dopo, allo scadere della sessione estiva di calciomercato, il club granata ha ufficializzato l’acquisto di Simone Verdi. L’ex esterno del Napoli è tornato al Torino – dopo le 16 presenze a cavallo tra il 2011 e il 2013 – con la formula del prestito oneroso con obbligo di riscatto, il tutto per la cifra di 25 milioni di euro bonus compresi. È  l’operazione più costosa nella storia del club, e ha aggiunto un altro calciatore offensivo a un reparto che già poteva contare su Belotti, Zaza, Berenguer, Iago Falque ed Edera. Nonostante non sia arrivato un risultato sportivo che avrebbe reso molto più sostenibile l’affare, Urbano Cairo ha deciso comunque di aumentare il valore della rosa per ridurre il margine d’errore in questa stagione.

L’investimento su Verdi ha concluso con un colpo a sensazione un mercato condotto in modo equilibrato, costruito sull’idea della continuità progettuale. L’altro volto nuovo più riconoscibile è Diego Laxalt, in uscita va segnalato soltanto l’addio di Moretti, che ha deciso di ritirarsi. Il successo dell’estate va dunque ricercato nel rinnovo di due elementi importanti e richiesti come Lyanco e Izzo, e nel fatto di aver respinto ancora una volta le offerte arrivate per i giocatori migliori, Belotti su tutti, ma anche Nkoulou. Guardando al caso del centrale camerunese, si può cogliere un’altra caratteristica gestionale tutt’altro che trascurabile: il Torino non ha avuto paura di svalutare un giocatore che non crede nel progetto, ed è stato disposto anche a correre il rischio di non riuscire a recuperarlo come asset pur di condurre con le proprie regole il rapporto dialettico e contrattuale con i propri tesserati.

Dal suo arrivo al Torino, a gennaio 2018, Mazzarri ha totalizzato 31 vittorie, 21 pareggi e 16 sconfitte (Miguel Medina/AFP/Getty Images)

Se la dirigenza del Torino ha avuto la forza di investire, di credere così fermamente nel percorso di crescita della squadra, i meriti maggiori sono da attribuire a Walter Mazzarri. Sempre sostenuto dalla società, l’ex allenatore di Napoli e Inter è riuscito a perfezionare il lavoro del predecessore Mihajlovic: il primo passo in avanti è stato il lavoro sull’attenzione difensiva, che ha permesso al Torino di incassare meno reti di Roma, Atalanta e Lazio nella passata stagione (37). Alcune intuizioni tattiche, per esempio lo spostamento verso il centro del campo di Ansaldi, hanno contribuito al raggiungimento di un equilibrio che a volte è parso addirittura limitante in fase offensiva – i granata hanno chiuso la Serie A 2018/19 con 52 gol fatti, solo il decimo attacco del campionato.

Il lavoro di Mazzarri per il nuovo anno sembra aver già messo nel mirino e corretto questo aspetto del gioco: nelle otto partite ufficiali disputate finora, tra preliminari di Europa League e Serie A, il Torino ha segnato 21 reti (media 2,6) e ne ha subite dieci; restringendo il dato al campionato, sono cinque gol fatti contro i tre incassati. La differenza rispetto allo scorso anno è percettibile, ma non riguarda i calciatori scelti dal tecnico, piuttosto la filosofia di gioco: la pressione a tutto campo viene esercitata in maniera sistematica e più intensa , si tratta di una scelta che comporta anche dei rischi, che sono stati in parte evidenziati nella partita contro l’Atalanta – almeno un paio di volte Zapata ha sfruttato due combinazioni ben eseguite e ha potuto sfidare e infilare la difesa granata a ridosso dell’area di rigore.

Armando Izzo è alla seconda stagione con la maglia del Torino; lo scorso anno, il difensore napoletano ha accumulato 37 presenze e 4 gol in Serie A (Emilio Andreoli/Getty Images)

Un progetto tecnico con queste ambizioni ha bisogno di stabilità nel ruolo chiave dell’allenatore, ma anche nella rosa: non è un caso che il match tra Torino e Atalanta abbia visto affrontarsi due squadre titolari con 22 giocatori già presenti nelle due rose della scorsa stagione. È evidente come Cairo e i suoi collaboratori siano convinti che Mazzarri possa essere l’uomo giusto per consolidare il Torino a ridosso delle grandi, dopotutto la carriera del tecnico toscano è esplosa a Napoli, una società che nel 2009, anno del suo arrivo, era in una situazione simile – fatte le dovute proporzioni riguardanti il bacino d’utenza. Per questo il presidente ha annunciato pubblicamente che sta lavorando al rinnovo dell’allenatore, il cui contratto è in scadenza a giugno 2020: «Mazzarri è molto bravo, un grande tecnico, scrupolosissimo, attento al dettaglio. Credo sia il momento per il rinnovo del suo contratto», ha detto Cairo alla presentazione del Festival dello Sport di Trento, pochi giorni fa

Il Torino sta cercando di seguire le orme dell’Atalanta, e il ruolo centrale di Gasperini e Mazzarri, e della loro filosofia di gioco, è un tratto comune dei due progetti. Ci sono però anche delle differenze: se il club di Percassi non ha abbandonato il suo status di serbatoio di giovani campioni per società più ricche – l’ultimo a lasciare Bergamo è stato il neoromanista Mancini, prima di lui era toccato a Bastoni, Gagliardini, Kessié, Conti, Cristante –, il Torino di Cairo sta provando a fondarsi sulla stabilità, su un gruppo consolidato e in perfetta simbiosi con il suo allenatore. È una strada alternativa che punta allo stesso obiettivo finale, e per il momento la classifica sorride ai granata, che dalla loro parte hanno anche la cabala: giusto un anno fa, l’Atalanta era stata eliminata dal Copenaghen nei playoff estivi di Europa League. Poi sappiamo com’è andata a finire.