All’inseguimento della maglia più ambita

Nello Yorkshire si corrono i Mondiali di ciclismo, che assegnano la maglia iridata: indossarla, come la storia insegna, ha un valore che nient'altro è in grado di assicurare.
di Filippo Cauz 28 Settembre 2019 alle 01:30

Cambiarsi di maglia per un ciclista può significare soprattutto aver raggiunto un obiettivo. Nelle corse a tappe ci sono maglie che si possono cogliere con astuzia e altre con coraggio; che si conquistano con il consistente aiuto dell’anagrafe ed altre in cui è fondamentale l’esercizio del calcolo (come le classifiche generali, le maglie rosa, gialla e rossa). Maglie transitorie, che si vestono durante la corsa e si svestono al traguardo finale, per finire incorniciate su un muro per cristallizzare l’emozione di un attimo. Ci sono però altre maglie, che cambiano per dodici mesi l’aspetto di un corridore, conferendogli un differente carattere nel gruppo. Sono quelle dei campioni nazionali, sicuramente, ma è soprattutto la maglia iridata: il più bello, romantico, amato, travolgente simbolo del ciclismo professionistico.

Si dice tra gli amatori che ogni maglia sia concessa durante le pedalate domenicali: ben venga la maglia rosa del tifoso accanito, quella a pois dell’eccentrico o la ciclamino di chi non digerisce le salite… Tutte tranne una: maledetto sia chi pedala scanzonato vestendo l’effigie coi colori dell’arcobaleno, quella è una copia unica e spetta ad uno solo, al campione del mondo. Che poi, a dirla tutta, i colori non sono affatto quelli dell’arcobaleno. Diversi sono il numero, la varietà e la scelta cromatica. La maglia iridata è una maglia bianca attraversata da cinque bande di colori (blu, rosso, nero, giallo e verde) che dell’arcobaleno hanno soltanto l’aspetto: l’origine è in realtà la bandiera olimpica: cinque cerchi colorati a rappresentare altrettanti continenti.

E “colori” è una semplificazione, visto che la combinazione è addirittura un marchio registrato dall’Unione Ciclistica Internazionale. Provate ad usarli e se vi va bene riceverete un’e-mail, se va male direttamente una multa, come capitò a Tony Martin, portatore della maglia iridata in quattro stagioni tra il 2011 e il 2016, che si vide comminare una sanzione di duemila franchi svizzeri per aver usato l’iride nel suo merchandising personale.

A leggerla così sembra un’esagerazione, ma la maglia iridata, come diceva un altro suo indossatore abituale, il pistard britannico Chris Hoy, «è soltanto un prestito; dopo qualche tempo che la indossi ti rendi conto di stare soltanto passando il testimone». Raccontava Alessandro Ballan, ultimo iridato italiano a Varese 2008, di essersi sentito una persona differente quando si presentò al via del Tour de France 2009 coi colori dell’iride. Sino a pochi mesi prima era un corridore forte, in quel momento era diventato un riferimento globale. Forse è per questo che la maglia iridata per qualcuno finisce per essere una dannazione.

La maledizione dell’iride è uno di quei miti del ciclismo di cui non si è mai riusciti ad afferrare la concretezza. Ci sono storie ammantate di dramma: Jean-Pierre Monseré, il più giovane iridato di sempre, fu investito e ucciso con l’iride addosso, tre mesi dopo aver conquistato il titolo; il suo connazionale Rudy Dhaenens ottenne al Mondiale di Utsunomiya ’90 la sua ultima vittoria e due anni più tardi fu costretto al ritiro anticipato.

Peter Sagan ha vinto la gara in linea maschile ai Campionati del Mondo per tre edizioni consecutive, dal 2015 al 2017 (Marco Bertorello/AFP/Getty Images)

Ma per tante storie negative, ce ne sono ancora di più di ordinaria normalità. L’attuale campione del mondo Alejandro Valverde sta disputando una stagione ordinaria, forse senza picchi ma ugualmente importante per un corridore del suo calibro giunto ai 39 anni. Il suo predecessore Peter Sagan ha conquistato un Fiandre e una Roubaix in maglia iridata. E che dire di altre maglie? Anna van der Breggen, ad esempio, ha vinto la Freccia Vallone pochi mesi fa con i colori dell’arcobaleno addosso.

Dal 21 al 29 settembre nello Yorkshire pioveranno maglie iridate: 15 gare in 9 giorni, con 10 diversi punti di partenza e un’unica linea d’arrivo, ad Harrogate. Si comincia con liete novità, come le cronometro paralimpiche e la nuovissima cronostaffetta mista, poi si torna alle prove più abituali sino all’esplosione domenicale con la gara più attesa, la corsa in linea maschile, su un percorso da classica del Nord che promette di esaltare i più grandi protagonisti.

Da Undici n° 29
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