Prima di tutto bisogna scansare un equivoco: Sandro Tonali assomiglia ad Andrea Pirlo solo per la posizione occupata in campo – davanti alla difesa, al centro di un centrocampo a tre. E, al massimo, lo ricorda per il look: i capelli lunghi che cadono sulla maglietta azzurra del Brescia. Nient’altro. Non è “il nuovo Pirlo”, come si è ripetuto, e con ogni probabilità non lo sarà mai, non solo perché Pirlo è stato un giocatore difficilmente replicabile, ma anche perché Tonali è quanto di più diverso possa esserci dal suo predecessore. Per paradosso, è stato accostato ad un giocatore che, ad un occhio attento, pare la sua antitesi.
L’equivoco è di fondo e nasce perché il regista non è un ruolo, come si è portati a pensare, ma un compito. Si può svolgere in qualsiasi posizione del campo, non solo davanti alla difesa. Pirlo era nato trequartista, ma è sempre stato regista, per dna: tesseva il gioco anche in quella zolla di campo, era un regista avanzato, bravo più nell’ultimo passaggio che al tiro, e infatti era fuori contesto rispetto alle sue doti, che verranno svelate in un secondo momento proprio a Brescia. Tonali, invece, al centro ci è nato anche se non è un regista autentico: sembra avere più che altro le caratteristiche di una mezzala completa, abile sia nella copertura del campo che nella distribuzione dei palloni. Ma ha anche una visione periferica, un’intelligenza tattica e una capacità di autocontrollo che lo hanno reso utile, nel Brescia, davanti alla difesa, un ruolo in cui gli interpreti di livello scarseggiano. Non è un caso che molte squadre di A siano costrette a trasformare delle mezzali in registi per ovviare alla rarità del prototipo: si pensi ad esempio a Pjanic nella Juve, Brozovic nell’Inter, e anche Fabián Ruiz nel Napoli, ma anche ad un livello più basso a Missiroli nella Spal, Ekdal nella vecchia Sampdoria, Rincon spesso nel Torino.
Tonali non ha il lancio millimetrico e la creatività istantanea che aveva Pirlo, ma ha un passo, una resistenza aerobica e una capacità di recupero del pallone superiori. Ha una buona visione di gioco, ma la declina in maniera diversa – è più focalizzata sulle aree vicine che sull’orizzonte – e ha un altro obiettivo: Tonali organizza la squadra, dà un ordine, un rigore, mette a posto le cose, mentre Pirlo, dopo aver consolidato il possesso, la “decostruiva” con giocate fuori dagli schemi. Il centrocampista del Brescia gioca prevalentemente corto, infatti non va oltre i 2,2 passaggi lunghi a partita, pochi rispetto ai 9,3 di Brozovic, e anche ai 4,2 di Pjanic, ma ciò non significa che i suoi siano passaggi concettualmente semplici, anche se secondo Tonali «con la semplicità si fa tutto nella vita».
Forza nelle gambe e capacità di resistere alla pressione, senza timore di perdere il pallone in una zona pericolosa, e di aprire sul lato debole.
Detto questo, Tonali merita di non essere paragonato, ma di essere valutato per quello che è. Anche perché, con il senno di poi, risulta un giocatore unico nel panorama, un oggetto raro, con caratteristiche particolari e per nulla scontate. Una qualità che in Tonali spicca, ad esempio, è la pulizia del gesto tecnico: riesce infatti a imprimere una forza non comune in ogni passaggio, i palloni che partono dai suoi piedi viaggiano sempre spediti, radenti al terreno e mai rotolanti, i suoi colpi sono secchi, e il fatto che lo siano sottintende non solo un’ottima impostazione del corpo, ma anche un eccellente decision making. È la gioia di ogni allenatore, vedere il pallone che scorre veloce sul terreno di gioco: un fondamentale predicato fin dai primi calci.
Tonali è abile a velocizzare il flusso del gioco, e a mantenere alto questo ritmo: ci riesce perché è veloce in tutto, nel gesto tecnico, nel passo (ha il baricentro basso, anche se è alto 181 centimetri), nel pensiero. Tonali sa cosa fare prima di farlo, ma ciò che lo rende un giocatore candidato per arrivare al massimo livello è che sa cosa fare quando i compagni sviluppano l’azione, ma anche quando a farlo sono gli avversari, quindi il pallone va recuperato. La sua capacità di lettura è identica in entrambe le fasi: lo dimostrano da un lato i 6,5 duelli vinti a partita, contando sia quelli in fase offensiva che difensiva, e dall’altro la media di 2,3 passaggi chiave (undicesimo tra tutti i giocatori di Serie A). Sono numeri che delineano la completezza di Tonali, e certificano il fatto che sia un regista atipico, nuovo, e ancora inesplorato.
Di Tonali stupisce poi la capacità con cui entra in partita, fin da subito. Sbaglia ancora tanto, anche troppo per compiere il salto definitivo -– la precisione dei passaggi è ferma a quota 69,9% in questo avvio di stagione, troppo bassa per un centrocampista centrale – ma non si fa condizionare da questi errori. Ciò significa che è mentalmente solido, come in effetti confermano tutti coloro che lo hanno visto da vicino: da Cagni, che allenava il Brescia quando Tonali era in Primavera, a Corini, che ha recentemente sottolineato come sia «incredibile l’equilibrio con cui affronta le cose e come ha vissuto i cambiamenti di questi ultimi mesi. Ha qualcosa di diverso dobbiamo solo accompagnarlo verso una grande carriera».
La sostanza in transizione negativa, e la capacità di condurre il pallone propria di un centrocampista box to box.
Tonali garantisce continuità, sia nella quantità che nella qualità. L’una non va a discapito dell’altra, anzi, è come se fossero due sfere che si alimentano a vicenda, il tutto senza perdere in lucidità. Una dote che impressiona sia in relazione al suo gioco, che al contesto: le sue prestazioni non possono prescindere da un faticoso lavoro in fase difensiva, la corsa (è sedicesimo in A per chilometri percorsi, 11,11 in media a partita) e l’intensità sono le sue chiavi per entrare in partita e vengono applicate in ogni fase, sia in quella di recupero del pallone che nella costruzione.
E Tonali non sembra farsene riguardi, non si conserva, anche se il contesto lo suggerirebbe: è infatti al centro di una squadra come il Brescia che non rinuncia ad un gioco proattivo nemmeno di fronte ad avversari superiori, e il margine d’errore nel massimo campionato, dove anche l’intensità degli avversari è maggiore e lo spazio è ridotto rispetto alla cadetteria, si è ridotto. In questo, Tonali era atteso al varco: sarebbe stato adatto anche ai massimi livelli, anche in una squadra che non avrebbe più potuto dominare tutte le partite come nell’anno precedente, e sempre nella delicata zona davanti alla difesa?
Stando alle prime gare, la risposta è affermativa. Tonali sta crescendo, le migliori partite sono state le ultime, soprattutto quelle contro avversarie di rango come Juventus e Napoli. Tonali non si scopre ora, già da due anni è perno del Brescia in Serie B, ma si è scoperto ora il suo livello nel massimo campionato. Un livello alto, se è vero che ha giocato finora da leader della sua squadra, sia dal punto di vista tecnico che da quello mentale, nonostante abbia solo 19 anni.
Non ha subito il salto di categoria, e nemmeno le lodi precoci sul suo conto che avrebbero potuto condizionarne l’atteggiamento: il rischio era che Tonali si ponesse come il fuoriclasse della squadra, che non volesse più sporcarsi le mani, ma è stato cancellato da un modo di giocare che non prevede snobismo. Dovesse continuare così, il salto in una grande sarà scontato, oltre che meritato. E il bello è che Tonali è il prototipo di un centrocampista davvero completo, soprattutto se riuscirà a entrare nei tabellini con più costanza, e che sarà quindi adatto ad ogni squadra. Non significa, però, che sia compiuto: è ancora, appunto, un prototipo, un embrione. Ma di certo è la bozza di un giocatore per nulla scontato.