Non abbiamo mai visto un centrocampista come Luis Alberto

La capacità di fare assist è solo una delle qualità visionarie dello spagnolo della Lazio.

Non è certo il mero dato numerico relativo agli assist – 12 in totale in tutte le competizioni, sei nelle ultime otto partite di Serie A: nessuno come lui in Europa – a fare di Luis Alberto un calciatore unico del suo genere, probabilmente mai visto nel campionato italiano. Così come sembra assolutamente irrilevante il dato “storico” che lo vuole protagonista di una grande stagione a seguito di una in cui non brilla per qualità e continuità delle prestazioni. È, piuttosto, una questione legata alla percezione che si ha di Luis Alberto all’interno del contesto della Lazio, una squadra che Inzaghi ha inevitabilmente costruito intorno a lui.

In un calcio in cui l’occupazione preventiva degli half spaces e la capacità di restringere e dilatare a piacimento la propria zona di competenza fanno la differenza, sembra impossibile che un singolo giocatore riesca ad essere così condizionante e decisivo solo grazie alla sua dimensione tecnica. Eppure, guardando giocare Luis Alberto, la sensazione che si ricava è esattamente quella di avere a che fare con un giocatore in grado di dominare tecnicamente anche quelle partite che lui e la sua squadra non sarebbero in grado di dominare da quel punto di vista. E il condizionale è d’obbligo proprio perché la superiore capacità creativa di Luis Alberto riesce ad avere il sopravvento su qualsiasi altro elemento presente sul terreno di gioco, compreso il sistema nel quale dovrebbe esprimersi in funzione delle caratteristiche dell’avversario di giornata. Che, però, finisce fatalmente a doversi adeguare a sua volta e a cercare contromisure quasi mai efficaci nei confronti di chi è riuscito a entrare nelle pieghe di una partita ben oltre il racconto del tabellino finale.

Contro la Juventus, ad esempio, gli assist, splendidi, per le reti di Luiz Felipe e Milinkovic-Savic, costituiscono allo stesso tempo il dettaglio più appariscente e meno significativo di tutti. Complice l’uscita di un Bentancur fino a quel momento migliore in campo, infatti, il centrocampo della Lazio ha preso progressivamente il sopravvento grazie alla capacità dello spagnolo di dettare un ritmo che la catena di sinistra bianconera non è stata più in grado di sostenere sulla lunga distanza, soprattutto per ciò che riguarda la pressione sugli esterni su palla in uscita. Luis Alberto ha esercitato il suo dominio giocando sempre a non più di due tocchi, e sfruttando al massimo quella connessione con Lucas Leiva e Correa che sta facendo le fortune biancocelesti ben più delle vena realizzativa di Ciro Immobile.

I due assist contro la Juventus, in sequenza

Raccontare Luis Alberto oggi significa raccontare Luis Alberto del passato, un giocatore da 21 gol e 39 assist in 112 partite, acquistato dalla Lazio nell’estate del 2016 dal Deportivo La Coruña via Liverpool e inizialmente tangenziale al progetto di Simone Inzaghi, salvo poi esplodere nel 2017/2018, una stagione da 12 gol e 19 assist complessivi. Dopo c’è stata l’involuzione, non solo statistica, che ha caratterizzato l’annata 2018/2019, ondivaga per risultati e prestazioni, sia collettive che individuali. Raccontare Luis Alberto oggi vuol dire passare da tutte queste stazioni per definire un giocatore finalmente consapevole dei suoi mezzi (e dei suoi limiti), che riesce a esprimersi al meglio delle sue possibilità senza farsi più condizionare da ciò che lo circonda e che ha trovato nella verticalità quasi esasperata della Lazio attuale la perfetta congiuntura spazio-tempo per esaltare le sue doti di assist-man.

In una lunga intervista a Marca ad inizio ottobre, oltre a dichiararsi per quel che è, ovvero un giocatore ontologicamente portato più all’ultimo passaggio che alla stoccata finale, lo spagnolo ha rivelato come Inzaghi gli stia fornendo «quella continuità e quelle certezze che sono il frutto della perseveranza e del lavoro sul campo. Questa stagione mi sta portando ad avere più libertà d’azione, con e senza palla, e tutto sta andando per il meglio».

Luis Alberto ha giocato 84 partite in Serie A dal 2016 a oggi, con 18 gol segnati (Marco Rosi/Getty Images)

Non è una questione di ruolo – cambia poco se Luis Alberto viene schierato come mezzala sinistra, trequartista o seconda punta – ma di compiti e funzioni: in una squadra che ha la necessità non più solo di risalire velocemente il campo ma anche di fronteggiare situazioni di difesa schierata, un giocatore che risulti efficace sia nella conduzione della transizione palla al piede che nell’organizzazione delle lunghe fasi di attacco posizionale, che sia in grado di sobbarcarsi, talvolta nella stessa azione, tanto i compiti di prima costruzione quanto quelli di rifinitura, diventa fondamentale

Da questo punto di vista Luis Alberto costituisce il profilo ideale, soprattutto per il modo in cui utilizza le varie parti del suo piede destro a seconda del destinatario del passaggio. Sembra quasi di avere a che fare con un quarterback della NFL che aumenta o diminuisce gittata e rotazione del suo lancio in base alle caratteristiche di corsa e inserimento del suo ricevitore. Nell’assist per la rete di Immobile contro il Parma – ma anche in quella, sempre a servire Immobile, contro il Torino –, ad esempio, non fa altro che premiare, con un semplice tocco d’interno, la naturale inclinazione all’attacco della profondità del numero 17, servendolo sulla corsa per un comodo tiro a incrociare fronte porta.

Il passaggio filtrante per Immobile durante Lazio-Parma

Contro il Milan, poi, fornisce una dimostrazione pratica della “prensilità” del suo esterno prima sfiorando l’assist dell’anno per Immobile, poi mandando in porta Correa, facilitandone quel primo controllo che fa tutta la differenza del mondo in termini di rapidità ed efficacia della conclusione, vanificando il recupero di Romagnoli. Si tratta, probabilmente, del vero e proprio marchio di fabbrica di Luis Alberto, insieme al laser pass che taglia il campo da sinistra a destra e che va premiare l’inserimento del compagno alle spalle della linea difensiva avversaria. Nell’1-1 interno contro il Bologna del 2017/2018 il beneficiario è Lucas Leiva che sa già di dover attaccare lo spazio tra Pulgar e Gonzalez non appena il compagno riceve palla sull’amato centro-sinistra.

Gli assist contro Milan e Bologna (2017/18), uno dopo l’altro

Contro la Juventus, invece, la scelta di lanciare lungo per Milinkovic-Savic nonostante la marcatura di un difensore fisicamente alla sua altezza come de Ligt è la naturale conseguenza della capacità del giocatore serbo di controllare in corsa i palloni lunghi che gli arrivano da dietro senza perdere nulla in termini di coordinazione e qualità della giocata successiva. Read and react puro e semplice.

Luis Alberto è, perciò, un giocatore imprevedibile e che ha costruito sulla controintuività di ogni suo colpo la rinnovata centralità nella Lazio, squadra rivelazione di questa prima parte di campionato. Anche in questo caso non si tratta solamente di dati statistici in aumento rispetto alla passata stagione – oltre tre passaggi chiave di media sugli oltre 60 tentati ogni partita con una precisione nel tocco dell’85% – ma di ciò di cui questi dati sono espressione. Vale a dire l’attitudine ad emergere anche nelle situazioni più complicate grazie alla pura tecnica individuale e alla superiore qualità di calcio, che si manifestano nei modi più disparati: questa rete contro la Spal, quest’altra contro il Torino, l’immaginifica punizione contro il Sassuolo, le innumerevoli volte in cui riesce a servire i suoi attaccanti con il colpo sotto dopo essersi preparato l’ultimo tocco “pettinando” il pallone con la suola, appartengono al repertorio di un calciatore in grado di pensare fuori dagli schemi e di piegare alla sua volontà i tempi di azione e reazione, suoi e degli altri ventuno compagni e avversari sul terreno di gioco. Perché non importa quanto la sua corsa sia cadenzata o le sue intenzioni più o meno intellegibili: si va al ritmo di Luis Alberto, e della Lazio di Luis Alberto. Sempre e comunque. Anche se sei la Juventus campione d’Italia da otto stagioni a questa parte.