L’epica della Primavera della Roma

Florenzi è stato l'ultimo erede di una grande tradizione giovanile.

Un tempo, era noto come Capitan Futuro, ultimo discendente di un prestigioso lignaggio di uomini-simbolo della Roma. Poi, tra infortuni e cambi di ruolo che lo hanno costretto ad adattarsi praticamente a qualsiasi zona del campo, le cose sono andate un po’ diversamente, e Alessandro Florenzi s’è ritrovato a lasciare la Roma a nemmeno trent’anni, destinazione Valencia. Con il suo addio, la fascia di capitano è passata, per la prima volta dal 1998, a un giocatore non cresciuto nel settore giovanile giallorosso: Edin Džeko.

Non è una cosa da poco: alla Roma esiste uno stretto legame tra tessuto sociale e prima squadra, in cui il vivaio gioca il decisivo ruolo di intermediario. Di Bartolomei, Giannini, Totti, De Rossi, Aquilani, Florenzi: tutti ragazzi che nascono romanisti per poi diventare calciatori della prima squadra. Non sarà Barcellona o Amsterdam, ma anche la Capitale ha la sua tradizione giovanile, inaugurata nei primi anni Settanta con Antonio Trebicciani in panchina e che, anche attraverso i suoi eredi Benetti e Spinosi, ha portato a cinque titoli di categoria e diverse finali. In tutto, la storia giallorossa vanta otto scudetti giovanili, più di quelli vinti dalla squadra maggiore; solo Inter e Torino, con nove, hanno fatto meglio.

La Roma moderna nasce dagli juniores: i titoli del 1973 e del 1974, i primi due della storia giallorossa, rivelarono Agostino Di Bartolomei e Bruno Conti, che poi saranno i protagonisti dello scudetto del 1983 e della finale di Coppa dei Campioni l’anno seguente, nonché di tre Coppe Italia vinte negli anni Ottanta. Francesco Totti è l’idolo dello scudetto del 2001 e dell’epoca d’oro della Roma della famiglia Sensi, assieme poi a Daniele De Rossi. Non c’è da stupirsi troppo di tanti grandi giocatori che hanno deciso di trascorrere la vita nella Capitale, di fatto alienandosi una carriera piena di successi: la Roma è un club come ce ne sono pochi al mondo, per come riesce a fidelizzare i propri allievi.

Non tutti, certo, riescono a mantenere le promesse degli inizi. Con Florenzi, se n’è andato l’ultimo dei ragazzi dello scudetto 2010-11, quello ottenuto stabilendo una media punti da record per il calcio giovanile italiano, e chiudendo la stagione regolare con 62 punti in 26 partite, sette di vantaggio sulla Lazio seconda, e 82 gol fatti. È curioso come i migliori elementi di quella squadra abbiano tutti cambiato casacca lo scorso gennaio: Politano dall’Inter al Napoli, Caprari dalla Sampdoria al Parma, Ciciretti dal Napoli all’Empoli. Altri, a lungo attesi, non sono riusciti a confermarsi ai massimi livelli: la coppia difensiva composta da Antei e Barba si è da poco riunita a Benevento; Verre, di proprietà dalla Sampdoria ma al momento all’Hellas Verona, è alla sua seconda stagione consecutiva in prestito; addirittura Mattia Montini, che con una tripletta risolse la finale scudetto contro il Varese, ora gioca nel campionato rumeno, dove ha ritrovato da avversario Sebastian Mladen e Mirko Pigliacelli.

D’altronde, qui sta il grande equivoco dei settori giovanili: il loro valore non è dato dai fenomeni che crescono, ma dai buoni giocatori. Tanto che il periodo più magro della Primavera della Roma è stato quello dai primi anni Novanta ai primi Duemila, cioè quando si sono affermati prima Totti e poi De Rossi. La generazione di De Rossi in particolare, cioè i nati nei primi anni Ottanta, è tra quelle il cui scarno palmarès con le giovanili lascia più l’amaro in bocca: Marco Amelia, Cesare Bovo, Manuele Blasi, Alberto Aquilani, Gaetano D’Agostino, Simone Pepe. Sono calciatori che hanno vinto l’Europeo Under-21 del 2004 e il bronzo olimpico di Atene, che hanno vestito la maglia della Nazionale maggiore, o che hanno vinto il Mondiale del 2006. Di loro, solamente Blasi, il più anziano del gruppo, ha disputato una finale Primavera, perdendola nel 1998 contro l’Atalanta.

Eros De Santis, 22enne terzino oggi al Siena, impegnato in un derby del campionato Primavera 2016/17 (Paolo Bruno/Getty Images)

Poi, è arrivato De Rossi. No, non Daniele, che nel 2003 debuttava in Serie A, bensì Alberto, comunemente conosciuto come “suo padre”, ma in verità è uno dei più grandi maestri del calcio giovanile italiano. De Rossi ha trascorso la sua intera carriera ad allevare ragazzi e prepararli a una carriera da professionisti, rinunciando a panchine ben più prestigiose: puro stile romanista, anche lui. «A me interessa poco il calcio dei grandi», ha spiegato pochi anni fa a Tuttosport, «non è una mancanza di ambizione, ma la convinzione di avere delle qualità che ben si sposano con quello che sto facendo ora. Non mi ci vedo nel calcio professionistico: c’è ben poca costruzione e molta impazienza. Un modo di pensare che non si sposa con le mie idee».

A volerlo in panchina, nell’estate 1993, fu Bruno Conti, che era responsabile delle giovanili giallorosse: lo assegnò ai Pulcini, dove tirò su Aquilani, Damiano Ferronetti e Daniele Corvia. Undici anni dopo, sempre Conti lo promosse in Primavera. Il loro sodalizio è la base su cui è stata costruita la rinascita del vivaio della Roma: nel 2005, De Rossi portò i suoi ragazzi al titolo nazionale dopo quindici anni di attesa, grazie a giocatori come Corvia, Valerio Virga, Aleandro Rosi e Stefano Okaka, che all’epoca era considerato un potenziale fenomeno e che oggi è una delle migliori promesse mancate del più recente calcio italiano.

Daniele De Rossi e Alberto Aquilani sommano 765 presenze ufficiali in maglia giallorossa, rispettivamente 616 e 149 (Giuseppe Cacace/AFP via Getty Images)

Anche il titolo del 2011 viene da lontano, e affonda le sue radici proprio sei anni prima, quando Conti scommise, come nuovo allenatore dei Giovanissimi, su un tecnico neppure trentenne che aveva appena vinto il titolo Under-15 Dilettanti con la Romulea: Andrea Stramaccioni. Due anni dopo, Stramaccioni fu campione d’Italia di categoria e passò alla squadra Allievi, seguendo la crescita dei suoi ragazzi, con cui bissò il successo nella stagione 2009-10: in rosa c’erano Pigliacelli, Barba, Ciciretti, Verre, Politano e Caprari, che l’anno seguente furono promossi nella Primavera di De Rossi e vinsero il loro terzo campionato.

Oggi, De Rossi è ancora su quella panchina, e con tre scudetti e due Coppe Italia è tra gli allenatori più vincenti del nostro calcio giovanile. Se c’è un ragazzo che negli ultimi vent’anni avete visto esordire nella Roma, lui lo ha allenato: Gianluca Curci, Alessio Cerci, Carlo Zotti, Alessio Romagnoli, Leandro Greco, Andrea Bertolacci, Daniele Verde, Marco Tumminello. Per scelta, non ha mai voluto allenare suo figlio Daniele, e per questo motivo ha rifiutato anche una chiamata sulla panchina della prima squadra. E Daniele, a fine carriera, ha scelto di abbandonare l’Europa per una stagione al Boca Juniors: a quanto pare, i De Rossi sono persone particolari.

L’ultimo campionato vinto dalla Primavera della Roma è quello del 2016, battendo in finale la Juventus: in campo Elio Capradossi, difensore che attualmente sta ben figurando in B con lo Spezia; Ezequiel Ponce, che dopo una serie di prestiti la scorsa estate si è accasato allo Spartak Mosca; e Luca Pellegrini, il promettente terzino sinistro per cui la Juventus ha sborsato 22 milioni di euro solo pochi mesi fa. Pellegrini nasce centrocampista, il suo attuale ruolo è stata un’intuizione del suo allenatore negli Allievi, Roberto Muzzi, che a suo tempo fu il trascinatore della Primavera scudettata nel 1990, con Spinosi in panchina. Perché a Roma nomi e volti tornano continuamente, lo avrete capito.

Oggi, però, con l’addio di Florenzi, la prima squadra di Paulo Fonseca si ritrova con un solo prodotto del vivaio in rosa, Lorenzo Pellegrini: una rarità che non ha precedenti almeno negli ultimi trent’anni. Alla terza stagione del campionato a girone unico, e dopo due terzi posti, la Primavera si trova al momento in quinta posizione, a quindici punti dall’Atalanta capolista. Tuttavia, il futuro della Roma non è affatto cupo: Alessio Riccardi, di ruolo mezzala e con la maglia numero 10 sulle spalle, è ormai uno dei nomi più noti del calcio giovanile europeo. Ha 18 anni e si trova alla terza stagione in Primavera, dove si è già messo in mostra come un giocatore dalle spiccate qualità offensive, e un anno fa ha pure esordito in prima squadra in Coppa Italia.

Ma non è l’unico gioiello della nuova generazione giallorossa. Da un paio d’anni si parla bene del portiere Matteo Cardinali, dell’ala mancina Ludovico D’Orazio e del centrale difensivo William Bianda, che la Roma ha strappato al Lens per 6 milioni. Lo scorso ottobre, il Guardian ha poi inserito il 17enne terzino sinistro Riccardo Calafiori nella sua lista dei 60 migliori talenti al mondo, esaltandone la rapidità e la bravura nei passaggi, doti che hanno prontamente attirato le attenzioni di uno dei più fini segugi del calcio europeo, Mino Raiola, che si è già assicurato la procura del ragazzo. Ora, il resto sta a Fonseca.