La grande esperienza dell’Italia femminile all’Algarve Cup

Un altro segnale della crescita del movimento.

Oggi l’Italia femminile avrebbe dovuto giocare la prima finale di Algarve Cup della sua storia. La partita contro la Germania però non si giocherà, la Federcalcio ha deciso di far rientrare prima la squadra azzurra, il commissario tecnico Milena Bertolini e il suo staff, che avrebbe rischiato di rimanere in Portogallo per via delle restrizioni al traffico aereo tra i paesi europei per l’emergenza Coronavirus. In una nota ufficiale, la FIGC ha spiegato come abbia ritenuto «prioritario garantire il rientro a casa di tutta la delegazione e ringrazia la federazione portoghese e la federazione tedesca per la collaborazione e la comprensione dimostrate in queste ore».

Al netto di questo finale amaro, l’esperienza dell’Italia all’Algarve Cup 2020 resterà un ricordo bellissimo, che va ad aggiungersi a tutta una serie di segnali davvero incoraggianti sulla crescita del movimento femminile italiano. Undici anni dopo l’ultima apparizione, le Azzurre hanno raggiunto per la seconda volta la semifinale del torneo (ci erano riuscite nel 2004, un tempo davvero troppo lontano), e poi hanno migliorato questo primato; il fatto che un risultato così prestigioso sia arrivato un anno dopo lo splendido percorso ai Mondiali di Francia ci dice che il gruppo costruito da Milena Bertolini è composto da giocatrici di alto livello, e perciò può aspirare concretamente a diventare una delle realtà più importanti del calcio europeo.

Le due vittorie contro Portogallo e Nuova Zelanda sono arrivate in maniera diversa, il successo contro la Nazionale padrona di casa (2-1) è stato più incerto rispetto a quello arrivato contro le oceaniche (3-0), in entrambe le partite è stata fondamentale Cristiana Girelli (autrice della rete decisiva contro le lusitane e del gol che aperto la partita contro le neozelandesi), ma tutte le giocatrici hanno dimostrato di avere qualità importanti e di essere perfettamente inserite in un contesto di grande intesa e cooperazione, come sottolineato anche da Milena Bertolini dopo l’accesso alla finale: «Siamo onorate di essere arrivate fino all’ultimo atto, ma abbiamo meritato questo risultato. Le ragazze sono entrate in campo con l’atteggiamento giusto, i reparti sono stati compatti come chiedevo e ho visto tanti movimenti che abbiamo provato negli ultimi giorni. Con questo spirito e questa convinzione possiamo mettere in difficoltà chiunque».

Oltre la finale raggiunta e non disputata, l’Italia torna dall’Algarve Cup proprio con questa convinzione: non c’è più grande distanza tra noi e l’élite del calcio femminile, tra un anno si svolgeranno i Campionati Europei in Inghilterra (le Azzurre sono prime nel loro girone di qualificazione con sei vittorie in sei partite) e non è eccessivo pensare che la squadra di Bertolini possa porsi un obiettivo molto ambizioso, ventitré anni dopo il miglior risultato di sempre (sconfitta in finale, proprio contro la Germania). La forza e l’esperienza di un gruppo di giocatrici ormai conosciuto al grande pubblico, e il fatto che questo gruppo continui a mostrare miglioramenti – Bonansea, Linari, Girelli, Guagni, Tarenzi, Rosucci, Bartali sono atlete molto più cresciute e complete anche rispetto a un anno fa –, sono elementi per cui va dato merito a chi ha investito nel calcio femminile italiano, perché il movimento riuscisse a fare dei passi in avanti, a livello di visibilità, appeal e riconoscibilità sulla platea internazionale. La programmazione paga e il raccolto continua a essere sempre più rigoglioso, ce ne stiamo accorgendo nel presente ma soprattutto ci freghiamo le mani in vista del futuro.