Marcus Dilley, ex designer di adidas, dice che «probabilmente le maglie da calcio a strisce sono le più difficili da disegnare. Se mantieni la tradizione, sei noioso; se azzardi troppo, sei blasfemo». In poche parole, viene condensata una dicotomia che non è solo materia da designer, ma una vera questione ideologica quando si parla di maglie da calcio. La nuova divisa dell’Inter non ha fatto che confermare come, in fondo, attorno al tema si polarizzino due correnti di pensiero: gli innovatori e i tradizionalisti. Club e brand – che sono poi quelli che confezionano le maglie, e che quindi impongono il trend – hanno ormai da tempo preso la strada dell’innovazione: questione di sperimentazione, di far entrare nel calcio linguaggi estranei, di volontà di accrescere la propria riconoscibilità, in un’ottica, e nel 2020 è bene non scandalizzarsi, di avvicinare nuovi tifosi (e quindi nuovi mercati).
Lo zig-zag dell’Inter fotografa perfettamente la doppia chiave di pensiero, in una separazione quasi manichea: da una parte i tifosi tradizionali, magari con l’abbonamento in tasca da anni, dall’altra il mondo dei designer, di un nuovo pubblico che interpreta il calcio come una linea fashion non convenzionale, ma anche di semplici appassionati di calcio non più legati all’idea immobile di maglia utilizzata per scendere in campo e nient’altro. Facile intuire chi abbia apprezzato la sperimentazione nerazzurra e chi no.
Era già successo un anno fa, quando la Juventus e il Barcellona avevano abbandonato le tradizionali strisce per far posto a concept inediti: la Juve con il bianco e nero ripartiti esattamente in due metà, con una striscia rosa a separarli, i catalani con il blaugrana disposto a scacchi. Anche in questi due casi, si erano sollevate le stesse reazioni – e la stessa polarizzazione di pensiero – che hanno accompagnato l’uscita della maglia dell’Inter. Perché deviare così profondamente dai design tradizionali? La risposta sta tutta nelle parole di Dilley.
Pensare che i designer dei vari brand si divertano a stravolgere le maglie delle squadre di calcio di mezzo mondo, per puro divertimento, è un’impressione distorta. Nel processo di creazione delle divise i club sono pienamente coinvolti, e hanno l’ultima parola in merito: è chiaro poi che le situazioni sono diverse da caso singolo a caso singolo – ci sono club che lasciano maggiormente mano libera nelle operazioni di design, per poi limitarsi a pochi ritocchi, e altri che seguono pedissequamente ogni step del processo, intervenendo su ogni minimo dettaglio. Come detto, però, la mission di club e brand è comune: realizzare un prodotto nuovo, accattivante, che sia in grado di far parlare di sé. Non sempre, ovviamente, i risultati sono all’altezza, ma l’era delle maglie da calcio uguali per anni è ormai terminata da un pezzo.
Perciò le strisce sono una specie di ostacolo interpretativo nel processo di design: sono la spina dorsale della maglia ma al tempo stesso sono immobili, e quindi difficili da re-immaginare. Nella storia delle maglie da calcio, le variazioni più comuni hanno riguardato la larghezza delle strisce: a volte sono qualcosa di congenito nella tradizione del club – quelle della Spal sono immancabilmente diverse da quelle del Bologna – ma spesso hanno mutato dimensione anche nella stessa squadra, in periodi diversi. In certi casi in maniera più risoluta, ma anche giustificata: è il caso delle maglie del centenario, che riprendevano appunto i design originari – come, nel 1999, toccò a Milan e Barcellona.
Oggi aggrapparsi a un passato mitico non è sufficiente, ma è tempo di andare oltre e stupire. Anche scioccare, perché è questo che ha fatto la nuova maglia dell’Inter: ha scioccato. Proprio la recente storia della divisa dei nerazzurri illustra bene come le strisce siano state un espediente grafico da cui partire e poi innovare. I casi più indicativi sono tre: la maglia 2014/15, quella 2017/18 e quella 2019/20. La prima è stata ribattezzata come la maglia “gessato”, con le strisce azzurre che quasi perdono la loro funzione originaria e diventano linee sottili su una maglia essenzialmente nera – replicando, appunto, la fantasia di un abito sartoriale gessato. Nel secondo caso, le strisce – stavolta nere – cambiano larghezza e distanza in maniera irregolare. Infine, la maglia della stagione tuttora in corso anticipa lo zig-zag, ma solo in corrispondenza dello sponsor – mentre sul resto del fronte maglia le strisce conservano il loro design classico.
Ah. Y el trabajo de Nike en el Inter es de lo mejor y más consistente que recuerde en términos de diseño y estética. pic.twitter.com/tadiekmKaL
— Lacasaca (@LaCasacaBlog) June 30, 2020
Sono tutte variazioni sul tema alle quali dovremmo abituarci sempre di più: quando un designer è chiamato a sperimentare, deve necessariamente discostarsi dalla tradizione. Giocare con la larghezza delle strisce o con diverse distribuzioni di colore – nel caso dell’Inter dando preponderanza al nero, oppure con gli inserti in bianco, o ancora tingendo di giallo le scritte – non basta più. Anche le prossime maglie di Juventus e Barcellona, pur non essendo ancora state presentate, vanno in quella direzione: le strisce non sono più elementi statici, ma assumono forme diverse oppure si accompagnano a soluzioni grafiche particolari.
In ogni caso, no: le strisce sulle maglie da calcio non scompariranno. L’identità di una maglia rimane intoccabile, anche se viene reinterpretata in modi completamente inusuali, persino «blasfemi» come ha suggerito Dilley. La forza del brand sta anche in questo: le strisce sono una particolarità di molte squadre, l’elemento grafico con cui vengono ricordate – basti pensare al caso della Juventus, che nel suo nuovo logo, dall’impatto visivo immediato, ha voluto evidenziare la J e le strisce come suoi tratti distintivi. Eppure, riformulare la propria divisa è stato, e continua a essere, un passaggio che i bianconeri non vogliono trascurare. Semplicemente, i tifosi delle squadre a strisce, molto più degli altri, dovranno abituarsi a un nuovo scenario. Quello dove zig-zag, pennellate, scacchi, linee sfalsate non sono più esperimenti strampalati. Ma la nuova normalità.