Tre cose su Olanda-Italia

Il gol di Barella, Donnarumma, il progetto ampio di Mancini.

Grazie al successo di Amsterdam, gli Azzurri si sono portati in testa al Gruppo 1 della Lega A di Nations League. La squadra di Mancini ha quattro punti in classifica dopo le prime due gare, uno in più dell’Olanda e della Polonia; tra un mese affronterà proprio i polacchi (a Danzica) e di nuovo i Paesi Bassi (a Milano). A novembre, poi, si giocheranno le ultime due gare del girone, Italia-Polonia e Bosnia-Italia. Solo la prima classificata accede alle finali di Nations League, in calendario per l’autunno 2021, dopo gli Europei.

Il gol di Barella

Rimessa laterale dalla fascia sinistra, non troppo distante dalla linea di fondo campo. L’Italia di Mancini gioca il pallone vicino, può provare a farlo, perché porta sette uomini nella metà campo avversaria. Il pallone arriva a Insigne, poi Jorginho, Spinazzola e di nuovo Insigne, liberato alle spalle della linea difensiva con un passaggio ad alto coefficiente di difficoltà del terzino della Roma; altro tocco complicato per Immobile, che si è associato da quella parte, nonostante occupi lo slot di punta centrale. Immobile si trasforma in uomo-assist, può farlo, perché in area di rigore ci sono Kean – che attacca il primo palo, liberando lo spazio sul secondo – e Barella. Cross perfetto, colpo di testa che è una frustata, Cillessen battuto. Italia in vantaggio.

Un’azione splendida

Se esiste un’azione-manifesto dell’Italia di Mancini, intesa come squadra ma anche come entità calcistica, per non dire politico-culturale, è proprio questa. Questa azione offensiva forse provata è stata provata in allenamento, o forse no, ma in ogni caso è estremamente ricercata, si vedono concetti tattici offensivi e giocate ambiziose, ci sono tanti uomini in zona palla per consolidare il possesso, c’è Jorginho che si sposta tantissimo – anche rispetto alle sue vecchie abitudini al Napoli – per gestire la manovra, ma ci sono anche Kean e Barella che coprono l’altro lato, che salgono, che attaccano. Con la testa e con i propri movimenti.

È una azione-manifesto perché non è una manovra che nasce per caso: l’Italia di Mancini ha giocato così, proprio così, lungo tutta la gara della Johan Cruijff Arena, alternando il gioco ravvicinato alla ricerca della verticalità e/o del lato debole, tutti i giocatori utilizzati dal ct sembrano perfettamente integrati nell’idea intorno al quale è stata costruita questa squadra. E forse la notizia migliore è proprio questa, più del risultato, più della vittoria nella gara più difficile – almeno sulla carta – del girone di Nations League, del primo posto raggiunto con autorità e merito in casa di una squadra che, ieri sera, schierava Van Dijk, De Jong, Wijnaldum, Depay, e che nel match di ritorno, tra un mese a Milano, potrebbe contare anche su De Ligt e De Vrij.

Il progetto di Mancini sembra ampio

La sensazione di aderenza tra i giocatori e il progetto di Mancini vale per i titolari storici su cui il ct ha costruito il suo percorso, Bonucci, Barella, Jorginho, Insigne, Immobile. Ma vale anche per Kean, per esempio, entrato al posto di uno sfortunatissimo Zaniolo; vale per Spinazzola, che prima di ieri sera aveva giocato due sole gare da titolare in Nazionale nell’ultimo anno e mezzo; vale per Manuel Locatelli, all’esordio assoluto in maglia Azzurra eppure perfettamente integrato nelle trame tattiche della squadra.

In realtà, proprio la gara del centrocampista del Sassuolo è un altro segnale importante per l’Italia: Locatelli ha agito nello slot solo ipotetico di mezzala, ma in realtà si è mosso accanto a Jorginho come se fosse un secondo regista, soprattutto nella prima fase di costruzione, quando l’Olanda mandava costantemente Van de Beek in pressione per sporcare il gioco di Jorginho. Questa discontinuità, in realtà, è una ricchezza: l’Italia ha mostrato di avere un’alternativa dentro di sé, di poter far passare il suo gioco per altre direttrici, modificando qualcosa “a valle” senza rinunciare alla propria identità “a monte”. Locatelli è il capitano dell’Under 21, eppure ha dimostrato di poter avere un ruolo nella Nazionale A. Anzi, questo ruolo esiste già, Manuel può ricoprirlo bene. Così come Kean, che nelle gerarchie ipotetiche è il terzo esterno destro del tridente dopo Chiesa e Zaniolo, gioca in maniera diversa rispetto a Chiesa e Zaniolo eppure ha dimostrato di essere a suo agio quando è stato chiamato in campo. E poi la squadra ha giocato bene anche con lui, insieme a lui. Insomma, tutto fa pensare che il progetto di Mancini sia decisamente ampio, per numero di giocatori coinvolti, utilizzati e potenzialmente utilizzabili, per numero di alternative conosciute, sperimentate, effettivamente valide.

Quando la difesa viene superata, c’è Donnarumma

L’Italia, come detto, è una squadra che ha deciso e decide di rischiare, sempre. Il gioco ambizioso e ricercato in attacco deve essere controbilanciato – e in effetti viene controbilanciato – da un atteggiamento molto aggressivo in fase passiva, da un pressing costante, quindi da una linea difensiva alta che lascia molto spazio dietro sé. La gara contro l’Olanda è stata un confronto tra due squadre che difendevano in questo modo, con meccanismi diversi ma con lo stesso pensiero di base: venire in avanti, a costo di rischiare qualcosa. E infatti anche gli Oranje hanno avuto alcune grandi occasioni reali e potenziali, spesso la coppia Bonucci-Chiellini – con l’aiuto di Spinazzola e soprattutto D’Ambrosio – ha risolto i problemi, ma un atteggiamento tattico di un certo tipo porta inevitabilmente a scoprirsi un po’. A quel punto, però, l’Italia ha trovato Gigio Donnarumma.

Un intervento da vedere e rivedere

Anche quest’azione è un manifesto, se vogliamo: l’Olanda crea una buona ripartenza, trova i passaggi e i movimenti giusti, ha la qualità tecnica per sfruttare gli spazi inevitabilmente offerti da un’Italia geneticamente portata a sbilanciarsi. Van de Beek, liberato al tiro da ottima posizione, calcia a botta sicura. Però, ripetiamo: trova Donnarumma. La parata del portiere del Milan è eccezionale per reattività e bellezza stilistica, era ed è ciò che serve per dare sicurezza a un reparto difensivo che all’azione successiva alzerà di nuovo il proprio pressing, deciderà di rischiare ancora, perché dietro ha un portiere formidabile, capace di interventi come questo e di sbrigare con calma l’ordinaria amministrazione, le parate semplici, le uscite che trasmettono autorità, lo smistamento semplice della palla. Donnarumma è un cardine dell’Italia di Mancini perché è (diventato) un estremo difensore tranquillo, sereno, consapevole, perché interpreta il ruolo come serve all’Italia di Mancini, perché è in grado di compiere miracoli, qualche volta. Una cosa che è importante sapere, se vuoi attaccare così tanto, se vuoi essere così irriverente, in fase offensiva e difensiva.