In Spagna hanno chiuso gli spogliatoi, e i giocatori non l’hanno presa bene

Anche perché si cambiano e fanno riscaldamento in hotel, e non possono fare la doccia subito dopo la partita.
di Redazione Undici 02 Ottobre 2020 alle 11:39

Uno dei problemi più evidenti nella gestione del calcio durante l’emergenza Coronavirus sono state – e sono – le differenze tra i vari Paesi. Il numero dei contagi, i viaggi, i protocolli sanitari, persino il regolamento sulle sostituzioni (in Italia sono rimaste cinque, nelle competizioni Uefa e in Premier League sono tornate tre): ogni istituzione calcistica, nazionale ma anche internazionale, ha scelto di approcciarsi in maniera differente a un calcio necessariamente diverso rispetto al passato, e molto spesso queste decisioni fanno nascere storie da raccontare. Per esempio, in Spagna, sono stati chiusi gli spogliatoi. Anche nelle partite della Liga. E i giocatori non l’hanno presa bene, perlomeno a giudicare dalle dichiarazioni raccolte dal Guardian in questo articolo.

Un po’ di contesto: il protocollo sanitario per il 2020/21 è quasi quattro volte più lungo di quello redatto per concludere l’ultima stagione dopo il lockdown, che a sua volta era già composto da 69 pagine. E il cambiamento più significativo è il divieto di utilizzare gli spogliatoi, anche per le squadre della Liga. La scelta è stata fatta in seguito a degli studi che dimostravano come uno spazio chiuso, occupato per intervalli di tempo prolungati, e da diverse persone, era un luogo in cui il virus poteva contagiare molti membri della squadra. Ora, quindi, Real Madrid, Barcellona e tutte le altre squadre spagnole vivono una situazione surreale: l’accesso agli spogliatoi è consentito solo per pochi minuti prima della gara, e solo per lasciare gli effetti personali; le squadre svolgono i rituali prepartita – trattamenti medici personalizzati, riscaldamento, stretching – in albergo, e indossano la divisa da gioco nelle proprie stanze; l’arrivo in pullman allo stadio avviene solo 40 minuti prima del calcio d’inizio, e spesso i calciatori vanno direttamente in campo; a fine primo tempo, solo l’allenatore e gli undici titolari sono ammessi nello spogliatoio, e solo per pochissimi minuti; nessuno può fare la doccia, a meno che non si tratti di un giocatore espulso nel primo tempo e quindi può essere da solo nello spogliatoio; le squadre ospiti tornano ai propri hotel in autobus, a volte su un solo mezzo, a volte ne utilizzano due.

Come detto in precedenza, i protagonisti delle partite non hanno accolto bene la decisione della Federcalcio spagnola. Sergio González, allenatore del Valladolid, ha detto che «tutto è un po’ ridicolo, perché lo spogliatoio è la casa di un calciatore: stiamo perdendo parte dell’essenza del gioco: questo è uno sport di squadra e molto nasce nello spogliatoio. Sappiamo che dobbiamo giocare, sappiamo che riprendere il calcio fa bene alla società, ma per noi è difficile farlo senza avere la possibilità di condividere un luogo emblematico come lo spogliatoio. Sembra che i giocatori siano tornati alla loro infanzia, quando un amico veniva a suonare alla loro porta, loro si cambiavano e andavano a giocare». Alcuni giocatori che sono stati intervistati dal Guardian, e che non hanno rivelato la propria identità, condividono le idee di González: «Guardarsi in faccia è fondamentale per noi. Tutta quella tensione, tutta quella motivazione che si crea negli spogliatoi, non esiste più. Stiamo rubando il calcio a tutti: è stato tolto ai tifosi, ora viene tolto anche a noi. E poi parliamo di una situazione che può essere attuata solo per questi primi mesi di stagione. Quando farà freddo, quando inizierà a piovere, cosa faremo? Ci porteranno in tenda, torneremo a casa fradici, oppure ci faranno fare la doccia un’ora dopo? Impossibile. Non prenderemo il coronavirus, ma potremmo contrarre la polmonite».

>

Leggi anche

Calcio
Zohran Mamdani, candidato democratico e favorito per diventare sindaco di New York, è pazzo per il calcio
La sua passione per il soccer nasce grazie all'Arsenal, e continua ancora oggi.
di Redazione Undici
Calcio
Gli adesivi dei tifosi inglesi stanno diventando un atto politico, e sono sempre più orientati verso tematiche woke
La cosiddetta "culture war" oggi viene combattuta anche da chi frequenta gli stadi, con degli sticker che si stanno rivelando degli inaspettati baluardi di progressismo.
di Redazione Undici
Calcio
Stefano Pioli e la Fiorentina, storia di un’implosione
Una difesa a tre a dir poco inefficace, Kean depotenziato, assenza totale di reazione di fronte alla crisi. E uno scollamento preoccupante tra risultati e ambizioni.
di Redazione Undici
Calcio
Adesso anche Pep Guardiola è diventato un amante del gioco in contropiede
I dati di quest'avvio di stagione sono notevoli, orientati a un tipo di gioco che non eravamo abituati a vedere nel calcio di Pep.
di Redazione Undici