Perché certi sponsor lasciano il segno, nel mondo dello sport?

Storia e benefici delle migliori sponsorizzazioni, e il nuovo caso di Banca Ifis.

La Teoria dei Giochi è la branca della matematica applicata che studia le interazioni strategiche tra due o più soggetti in un ambiente aperto e competitivo, per esempio il libero mercato. Esistono tanti giochi differenti – rappresentativi, finiti, ripetuti nel tempo – e tutti hanno le proprie regole, le proprie strutture, ma soprattutto si fondano sul principio della ricerca della supremazia, per cui tutti gli attori vogliono vincere, vogliono trarre il massimo vantaggio rispetto ai loro avversari. E poi ci sono i giochi win-win, diversi da tutti gli altri: solitamente sono fondati su modelli cooperativi, e non determinano la sconfitta o la penalizzazione di uno o più soggetti, piuttosto garantiscono la soddisfazione di tutti.

È difficile pensare che nello sport, il contesto competitivo per eccellenza, il multiverso in cui il successo va quasi sempre a un solo individuo, o una sola squadra, possa esserci spazio per uno scenario win-win. E invece è così. Da tantissimo tempo, infatti, il meccanismo delle sponsorizzazioni avvantaggia tutti coloro che ne fanno parte, direttamente e indirettamente: le istituzioni sportive, pubbliche e private, possono contare su ricavi sempre più imponenti e diversificati; le aziende, come ad esempio Banca Ifis, istituto di credito specializzato, nato nel 1983 e quotato in borsa dal 2003, investono per pubblicizzare il proprio marchio, per diffondere i propri valori, per supportare lo sport, e ricevono in cambio visibilità; il pubblico gode di un intrattenimento migliore, più spettacolare, proprio grazie agli investimenti delle aziende; un singolo appassionato, mentre assiste a una gara o una partita, un evento coinvolgente, dal forte significato identitario ed emotivo, può entrare in contatto con brand, con significati, con offerte di beni e servizi che non conosceva. E in cui può riconoscersi, magari.

Questo legame così semplice e redditizio è stato inventato – o per meglio dire: è stato compreso – e un attimo dopo era già diventato più profondo, più evoluto, andava oltre l’acquisto di semplici spazi pubblicitari negli stadi, intorno alle piste automobilistiche, sulle strade percorse dalla biciclette, laddove si raccoglievano i tifosi: all’inizio del ventesimo secolo, L’Auto (antenato diretto de L’Équipe) e La Gazzetta dello Sport, due quotidiani, inventarono il Tour de France e il Giro d’Italia; nel 1913 un’industria tecnologica con sede a Eindhoven, in Olanda, ha fondato una squadra di calcio destinata ai propri impiegati – il PSV, acronimo di Philips Sport Vereniging – e a vincere, sedici anni dopo, il primo di 24 titoli nazionali; in Italia, nell’immediato Dopoguerra, gli abbinamenti tra società di calcio e industria locale hanno portato a cambi di naming sopravvissuti per una sola stagione (Torino FIAT, Juventus Cisitalia e Talmone Torino), oppure a legami più duraturi, rimasti nella memoria collettiva (Lanerossi Vicenza, Simmenthal Monza); ancora oggi, una pratica similare permette ai brand di affiancare il proprio nome a quello di società sportive di diverse discipline, per esempio il basket e il volley, ed è una consuetudine radicata non solo in Italia ma anche in Spagna, in Francia, in Germania.

LECH – ZURS: Alpine Ski World Cup 2020/2021. Roberto Nani (ITA) Lech Zuers (AUT) 27/10/2020. Photo: Gio Auletta / Pentaphoto.

Nell’ultimo mezzo secolo, poi, le trasformazioni sono state continue, enormi, velocissime: nel 1968, viene apposto il primo logo di un’azienda su una macchina di Formula Uno, la Lotus; negli anni Settanta sono comparsi i marchi dei fornitori tecnici delle maglie da calcio, poco dopo sono arrivati i main sponsor, aziende grandi e piccole hanno iniziato a pagare perché i giocatori portassero addosso, letteralmente, il loro nome; negli stessi anni, anche i singoli atleti hanno iniziato a firmare i primi contratti di partnership esclusiva con i brand, a far fruttare la propria immagine, infatti ai Mondiali del 1974 Johan Cruijff indossava una maglia diversa dai compagni perché il suo fornitore non era lo stesso della Nazionale olandese; nella prima metà degli anni Novanta, la Parmalat ha acquistato l’AC Parma e parte del pacchetto azionario del Palmeiras, club brasiliano, così ha portato a termine la «sponsorizzazione perfetta», queste le parole esatte utilizzate da Domenico Barili, capo del marketing dell’azienda emiliana, per descrivere «la corrispondenza tra il proprietario/presidente di un club calcistico e il proprietario/presidente dell’azienda che sponsorizza la maglia da gioco», praticamente la stessa relazione che oggi caratterizza la multiproprietà calcistica della Red Bull; tantissime competizioni di tantissimi sport, così come tantissimi stadi in tutto il mondo, hanno cambiato nome in virtù di grandi contratti commerciali.

Da poco sono stati infranti anche gli ultimi tabù: le squadre di calcio che avevano resistito perché la propria maglia non venisse modificata dai loghi degli sponsor, tra cui il Barcellona, hanno ceduto alle lusinghe delle aziende; persino le leghe americane, le più tradizionaliste e integraliste del mondo sul tema, hanno concesso alle franchigie di vendere (piccoli) spazi sulle proprie divise da gioco: oggi un quadrato di lato 2,5 pollici può valere anche 14 milioni di dollari l’anno, ma solo se si trova sulla canotta gialloviola dei Los Angeles Lakers. Quest’ultima cifra è molto significativa, eppure è una parte minuscola dei ricavi della Nba: nella stagione 2018/19, la lega di basket più seguita al mondo ha generato 1,2 miliardi di dollari di ricavi commerciali, la stessa quantità di denaro incassata dai tre club calcistici più ricchi al mondo, Barcellona, Real Madrid e Manchester United grazie ai loro molteplici accordi di partnership. Insomma, nell’era contemporanea le sponsorizzazioni sono diventate una parte fondamentale del business sportivo, e allo stesso modo lo sport offre una vetrina enorme per i brand, che hanno infinite possibilità per crescere e promuovere sè stessi.

Banca Ifis lavora in questa direzione, anche perché lo sport fa parte del suo dna: dal 2000 organizza un torneo di tennis a cui possono partecipare tutti i dipendenti e i soci dell’Associazione Villa Marocco, creata e voluta dall’azionista di maggioranza e presidente dell’istituto, Sebastien Egon Fürstenberg. Nel corso dell’ultimo anno, in linea con il riposizionamento strategico e comunicativo che ha portato a un rebranding di Gruppo, Banca Ifis ha deciso di potenziare gli investimenti nel settore, selezionando progetti e partner di grande impatto, mediatico e/o sociale, ma anche sport minori e alcune realtà territoriali, per amplificare la comunicazione del marchio e dei suoi valori.

Il senso delle sponsorizzazioni sportive, infatti, va oltre la sfera economica: in un’intervista a Forbes, Andrew England – Chief Executive di Phillips Distilling Company, azienda americana di bevande alcoliche – ha spiegato che «gli esperti di marketing in ambito sportivo amplificano lo storytelling dei brand: messaggio giusto, momento giusto, posizione giusta. Individuiamo e/o creiamo punti di connessione con i tifosi, con la loro passione, così da alimentare la promozione di un marchio». Insomma, le aziende che investono nel mondo dello sport sono approdate da tempo a un livello comunicativo più ambizioso, devono dire o comunque rievocare qualcosa, non è esagerato pensare che abbiano imparato a fare cultura, per poter essere efficaci. Michael Jordan, per esempio, ha cambiato la storia dell’advertising grazie agli spot realizzati con Spike Lee, e poi ha creato il suo brand personale; tutti noi ricordiamo che Maradona ha sempre vestito Puma, che Messi indossa scarpe Adidas, oppure andiamo su internet a rivedere campagne pubblicitarie indimenticabili come “La Gabbia” di Nike – nome ufficiale: The Secret Tournament – realizzata all’inizio degli anni Duemila con un testimonial storico come Eric Cantona e tutti i migliori giocatori del mondo; o ancora vorremmo acquistare la maglia del Manchester United con il logo Sharp (main sponsor dei Red Devils dal 1982 al 2000), quella della Fiorentina 1998/99 con l’iconica scritta Nintendo, oppure quella a strisce bianconere del Newcastle United – al centro c’era la stella blu in campo giallo della Newcastle Brown Ale, una birra prodotta nella città del Tyne and Wear.

SOLDEN: Alpine Ski World Cup 2020/2021. Roberto Nani (ITA) Soelden (AUT) 18/10/2020. Photo: Gio Auletta / Pentaphoto.

Tutti questi esempi virtuosi di sponsorizzazione sono diventati parte della storia perché hanno raccontato una storia, hanno costruito l’identità dei brand. Proprio come sta facendo Banca Ifis, che nel 2020 è stata Premium Partner delle cinque classiche del ciclismo italiano, tra cui la Milano-Sanremo; è stata Gold Partner dell’iniziativa solidale MarathOne, organizzata dalla Gazzetta dello Sport, sta sponsorizzando la Reyer Venezia ed è anche presente in alcuni stadi durante le partite di calcio di serie A, oltre al ruolo di Bank Partner del Parma Calcio per la stagione 2020-21.

Inoltre, nel 2020 ha firmato accordi con due istituzioni tennistiche, uno per sovvenzionare la costruzione dell’Adriano Panatta Raquet Club, un nuovo centro che sorgerà al posto di un circolo storico della città veneta, e uno per supportare la Casa del Tennis a Vicenza attraverso la sponsorizzazione di un giocatore professionista, Marco Cecchinato, e di tre talenti emergenti. Banca Ifis sarà inoltre National Partner dei Campionati Mondiali di Sci Alpino del 2021 e grazie alla sua partnership con la FISI, il suo brand apparirà sulle tute degli atleti e delle atlete della Nazionale italiana per le gare tecniche, slalom e gigante. Tutte queste iniziative sono legate tra loro, sono fondate sul desiderio di consolidare il legame con il mondo dello sport, senza trascurare la diversificazione, la volontà di coprire più pubblici in maniera orizzontale: è per questo che Banca Ifis ha investito in eventi di richiamo mondiale (Cortina 2021, le classiche del ciclismo) ma anche su progetti più radicati in territori strategici. L’obiettivo è aumentare la brand awareness attraverso partner prestigiosi, ma anche avvicinarsi ai suoi stakeholder, essere un brand con valori riconoscibili, raccontare una storia, parlare di sé attraverso lo sport: uno scenario win-win per tutti.

Undici X Banca Ifis, dal n° 36 della rivista
Nella foto in apertura: SOLDEN – Alpine Ski WorldCup2020/2021. Stefano Baruffaldi (ITA) Soelden (AUT) 18/10/2020 Photo: Marco Trovati/Pentaphoto