Il Tribunale di Bolzano, nella persona del giudice per le indagini preliminari Walter Pelino, ha archiviato il processo di primo grado per doping nei confronti di Alex Schwazer, marciatore italiano vincitore della medaglia d’oro olimpica nella 50 km ai Giochi di Pechino 2008. Il dispositivo della sentenza proscioglie completamente Schwazer da ogni accusa, per «non aver commesso il fatto». Il procedimento riguarda quanto avvenuto all’inizio del 2016: allora Schwazer è risultato positivo per la seconda volta in carriera a un controllo antidoping a sorpresa svoltosi il primo gennaio, fatto che aveva portato a una squalifica per otto anni da tutte le competizioni. Il marciatore italiano ha sempre contestato questa versione dei fatti, proclamandosi innocente e invocando una revisione del processo per presunte irregolarità nello svolgimento dei test.
Il caso è sempre stato abbastanza confuso, per non dire nebuloso: nel 2012, quando venne trovato positivo per la prima volta, Schwazer confessò di aver violato le regole, ma come detto ha sempre negato di aver fatto uso di sostanze proibite dopo la prima squalifica di tre anni e dieci mesi, terminata il primo maggio 2015. La sua tesi è sempre stata quella del complotto ai suoi danni, da parte dell’agenzia mondiale antidoping (Wada) e della federazione mondiale di atletica leggera (World Athletics, ex Iaaf). Ora questa ipotesi ha assunto maggiore forza: il colonnello del Ris di Parma, Giampietro Lago, ha accertato alcune anomalie nella conservazione delle provette di urine di Schwazer, conservate nel laboratorio Wada di Colonia. Da qui, la sentenza del Gip, Walter Pelino: «Si ritiene accertato, con alto grado di credibilità razionale, che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi, e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta, come pure del suo allenatore Sandro Donati. Esistono forti evidenze del fatto che nel tentativo di impedire l’accertamento del predetto reato siano stati commessi una serie di reati». Il riferimento è alla difficoltà, accusata dalle autorità italiane, di entrare in possesso delle provette conservate a Colonia – dove sono rimaste fino al 2018.
Il Tribunale di Bolzano ha dunque confermato che Schwazer non ha fatto uso di doping, dopo che a maggio 2020 il Tribunale federale svizzero aveva respinto una richiesta di annullamento della squalifica. Secondo i giudici svizzeri, non c’erano evidenze perché potesse essere accolta la tesi della difesa, fondata proprio su quello che stava emergendo nel processo di Bolzano. Ora, però, le cose sono cambiate: Schwazer non ha ancora la possibilità di partecipare a competizioni ufficiali, ma almeno potrà impugnare a suo favore la sentenza di assoluzione di fronte al TAS di Losanna, se e quando deciderà di ricorrere ancora una volta contro lo stop di otto anni inflittogli nel 2016. Si è già espresso in questo senso Gerhard Brandstaetter, il suo avvocato: «Il giudice ha approfondito la questione in maniera straordinaria. La soddisfazione ovviamente è grande, perché abbiamo lottato anni per tutto questo. Ora ci attiveremo a livello di giustizia civile, ma anche sportiva, per una revoca della squalifica. Motivazioni di questa portata espresse da un giudice penale vanno prese in considerazione».