Tre cose sulle prime due partite dell’Italia verso i Mondiali in Qatar

Forza del centrocampo e identità di gioco, certezze e qualche dubbio in vista del futuro.

 

La continuità sta a centrocampo

Quando si parla di calcio, il termine “continuità” può avere tantissimi significati, tutti diversi. Nel caso dell’Italia di Roberto Mancini, sono due in particolare. Il primo, ovviamente, riguarda i risultati, la striscia (quasi da) record ancora aperta iniziata il 10 ottobre 2018: quel giorno gli Azzurri pareggiarono 1-1 in casa contro l’Ucraina e offrirono una prestazione di buonissima qualità. Nessuno poteva saperlo, ma quel pareggio in amichevole contro la Nazionale di Shevchenko sarebbe stato il primo di 24 risultati utili consecutivi, risultati che hanno permesso all’Italia di qualificarsi facilmente agli Europei – battendo numerosi record – e di raggiungere la fase finale di Nations League. Ma da dove sgorga, dove nasce, questa continuità? La risposta a questa domanda è molto semplice, e basta riguardare cos’è successo nel corso della gara contro la Bulgaria per rendersene conto: la forza dell’Italia di Mancini sta a centrocampo. O meglio: sta nella grande qualità di un reparto che ha orientato fin dal primo giorno le scelte del Ct, che di fatto ha modellato la Nazionale. Quello composto da Barella, Jorginho e Verratti è il trio “titolare”, il primo riferimento, ma in realtà è solo uno degli incastri possibili dentro una rosa di altissimo valore, che comprende anche Pellegrini, Locatelli, Zaniolo, in prospettiva ci sono anche Tonali e Castrovilli; in Bulgaria ha giocato Sensi, e poi le “riserve” sono Cristante, Pessina, Gagliardini. È evidente che il gioco ambizioso di dominio e possesso impostato da Mancini nasca dalle caratteristiche di questi atleti, dall’idea di metterli al centro del sistema, di esaltarli.

La gara contro la Bulgaria, si diceva: l’indisponibilità di Jorginho ha spinto Mancini a schierare Sensi, poi però dalla panchina è venuto fuori Locatelli, e così gli Azzurri hanno preso in mano il risultato e la partita in maniera definitiva, proprio grazie al 23enne del Sassuolo. Il gol, arrivato al termine di una bellissima azione, è solo un dettaglio, anche se sembra incredibile: la sicurezza nel palleggio, nella gestione degli ultimi minuti, dall’alto di una qualità superiore, hanno permesso all’Italia di non accusare (troppo) un’evidente mancanza di brillantezza, un calo rispetto alle migliori prestazioni di questo ciclo così esaltante. Magari alla 24esima gara utile consecutiva è anche giusto, è anche comprensibile, che possa esserci una partita meno scintillante, del resto gli Azzurri si sono ritrovati a giocare due partite in pochi giorni dopo quattro mesi senza lavorare mai insieme. Ma se l’alternativa è un due a zero in trasferta, raggiunto praticamente senza soffrire, tra l’altro in una città – e in una nazione – in cui l’Italia non aveva mai vinto, è inevitabile essere ottimisti per il percorso nelle qualificazioni.

Identità di gioco, turnover senza impatto

Chiellini, Emerson Palmieri, Pellegrini, Locatelli, Berardi e Immobile. Sei giocatori, più della metà della squadra schierata contro l’Irlanda del Nord, sono rimasti in panchina a Sofia, contro la Bulgaria. Gli innesti di Acerbi, Spinazzola, Barella, Sensi, Chiesa e Belotti non hanno modificato esiti e soprattutto riferimenti, e probabilmente è questa la novità più significativa imposta da Roberto Mancini. È un concetto che va di pari passo con la forza/centralità del centrocampo, anzi parte dal reparto di mezzo e si espande in tutto il resto della squadra: l’Italia è una squadra che ormai ha un’identità profonda, radicata, a volte anche fin troppo influente – nel modo di stare e muoversi in campo, di far viaggiare il pallone, di provare e riprovare le stesse combinazioni. Cambiano gli uomini ma non i principi, e allora la qualità della prestazione non dipende più dal progetto tattico, dalla sua fattibilità ormai consolidata, inscalfibile, piuttosto dalla condizione fisica e mentale dei singoli, perché ormai i meccanismi sono mandati a memoria dai calciatori, e proprio i calciatori sono i migliori in questo momento. Certo, contro Irlanda del Nord e Bulgaria ci sono stati dei momenti in cui il gioco ragionato e sofisticato degli Azzurri non ha portato grandi frutti, ma poi la maggior tecnica è venuta fuori, in maniera quasi ineluttabile. Ed è su questo che Mancini sta lavorando, sulla costruzione di un universo – tattico, ma anche culturale ed emotivo – che andrà oltre i risultati, che permetterà alla Nazionale del futuro, con o senza di lui, di insistere su un certo stile, su un certo tipo di calciatori. Finora questo approccio ha portato anche a dei risultati importanti, sul campo e nella valorizzazione degli uomini a disposizione. Certo, non si tratta ancora di risultati definitivi, ma il fatto che l’Italia sia tornata a essere una squadra entusiasmante o comunque efficace, una squadra che ha delle certezze tali da poter battere Irlanda del Nord e Bulgaria pur essendo al 50-60% della condizione, variando più della metà della squadra titolare, ecco tutto questo rappresenta una piccola rivoluzione.

Italia-Irlanda del Nord 2-0

Le certezze (e qualche dubbio) in vista degli Europei

Come detto ampiamente, il risultato e le prestazioni – individuali e collettive – delle partite contro Irlanda del Nord e Bulgaria hanno confermato le certezze costruite finora. E allora possiamo dire che la squadra per gli Europei – che inizieranno tra meno di tre mesi – è già praticamente fatta. Come detto, la rosa del centrocampo – Barella, Jorginho, Verratti, Pellegrini, Locatelli e Zaniolo, in attesa di capire come recupererà – è praticamente chiusa; anche nel reparto difensivo – Donnarumma, Florenzi, Chiellini, Bonucci, Acerbi, Emerson Palmieri e Spinazzola – ci sono ancora pochi slot, mentre in avanti Insigne, Immobile, Belotti e Berardi sono praticamente certi di essere convocati. Allo stesso tempo, però, proprio le prime due partite dell’Italia verso i Mondiali in Qatar hanno evidenziato come esistano ancora dei dubbi, primo tra tutti quello della prima punta: Immobile e Belotti, negli ultimi anni, hanno dimostrato di essere i migliori attaccanti autoctoni espressi dalla Serie A, ma allo stesso tempo non sono mai stati davvero convincenti con la maglia azzurra. Sono andati a segno entrambi in questo break, questo va detto, ma forse l’ideale sarebbe affiancare loro un terzo attaccante con un profilo diverso, magari una punta in grado di giocare anche sull’esterno, magari quel Moise Kean che sta facendo bene a Parigi e che potrebbe dare un tocco di imprevedibilità in più al gioco di Mancini, anche partendo (inizialmente) dalla panchina. Proprio nelle due gare contro Irlanda del Nord e Bulgaria, un’Italia meno continua e creativa in fase offensiva avrebbe avuto bisogno di attaccare le difese avversarie in maniera differente, e allora è su questo che Mancini deve riflettere in vista del futuro: dopo Lituania-Italia di mercoledì 31 marzo 2021, sarà già tempo di Europei, fase finale di Nations League e poi delle sfide decisive per la qualificazione ai Mondiali 2022. La Nazionale ha dimostrato e sta dimostrando di essere pronta per questi grandi appuntamenti, ma migliorare ancora è possibile, anzi lo splendido percorso fatto finora impone di crederci ancora, di continuare a crescere.

Bulgaria-Italia 0-2