Le Olimpiadi delle navi bloccate a Suez

Era il 1968, e allora fu una guerra a bloccare 14 cargo di diverse nazionalità: rimasero nel canale per sette anni, e decisero di ingannare il tempo con lo sport.

Fino al momento in cui il cargo Ever Given ha creato una strozzatura nel commercio globale incagliandosi nel canale di Suez, la storia della flotta involontaria di quattordici navi bloccate nello stesso canale dal 1967 al 1975 era poco più che la una nota a piè pagina di una vicenda molto più grande, la Guerra dei sei giorni tra Egitto e Israele. Una di quelle storie che decenni dopo appartengono, ormai, quasi solo a chi le ha vissute. L’unico libro su questo argomento (Stranded in the six-day war di Cath Senker) era stato autopubblicato. Fatti di un mondo complicato in modo diverso dal nostro, curiosità da appassionati di storia navale.

Verso la fine della primavera del 2017, a giugno, un centinaio di reduci del blocco si era dato appuntamento nel salone del Merseyside Maritime Museum, un palazzo in mattoni rossi tra i dock di Liverpool. Per esserci, avevano preso aerei dall’Irlanda, dalla Germania, dalle Canarie, da Panama, dalla Thailandia. Alcuni avevano quasi novant’anni. Era il cinquantesimo anniversario dalla guerra ma era erano soprattutto i cinquant’anni dall’inizio della più grande avventura della loro vita. Avevano rivisto quelle vecchie facce, si erano abbracciati, avevano brindato (con più moderazione di quanto avessero bevuto ai tempi) e condiviso i cimeli che avevano conservato dai tempi: diari, lettere, ritagli di giornale, ma soprattutto coppe, medaglie e vecchie foto. In quelle immagini sfocate si vedono soprattutto ragazzi in canottiera e mutande che sollevano pesi, fanno salto in alto, giocano a calcio o a pallanuoto. A bordo c’era così poco da fare che l’estate successiva alla guerra e al blocco avevano organizzato un’Olimpiade acquatica. Così, per passare il tempo, combattere la noia e fare amicizia.

La chiamavano Yellow Fleet, flotta gialla, per via della sabbia portata dalle tempeste e depositata sui ponti delle navi, ancorate per anni in quel canale circondato dal deserto. La guerra era scoppiata all’improvviso, Israele aveva occupato il Sinai, dall’altra parte c’erano le forze egiziane tagliate fuori, il canale era zona di guerra, fu chiuso e così rimase, perché gli scontri armati erano sospesi ma la tensione non era calata. Chi era fuori, doveva fare il giro largo, dal Capo di buona speranza. Chi era dentro, però, era dentro. In quel momento stavano transitando quattordici navi di otto paesi diversi, Regno Unito, Germania Ovest, Cecoslovacchia, Polonia, Svezia, Francia, Bulgaria e Stati Uniti. L’Egitto non solo fermò la navigazione nel canale, ma lo ostruì in ogni modo, usando mine e relitti di vecchie navi. Negli anni in cui la flotta gialla rimase arenata scoppiò anche un’altra guerra, quella di Yom Kippur nel 1973, sempre con Suez in mezzo. Per evitare guai, le quattordici navi erano andate ad ancorarsi nel punto più largo, il Grande lago amaro, nella parte meridionale, tra Suez e Ismalia, e lì rimasero fino al 1975, quando le acque furono sminate da americani e inglesi. La prima nave a passare fu una fregata egiziana, col presidente Anwat Sadar a bordo.

I cargo non potevano essere abbandonati, il valore andava sorvegliato. Chi era a bordo fu evacuato dopo qualche mese, furono organizzati dei turni per dare il cambio, erano lunghi e con poco da fare, a parte bere alcolici e fraternizzare. Quegli equipaggi erano composti da uomini ai lati opposti della guerra fredda, ma durante il blocco di Suez fondarono una sorta di micro-nazione galleggiante con la sua bandiera, le sue istituzioni, le sue regole e soprattutto i suoi eventi sportivi, perché dove c’è bandiera, a un certo punto, ci sono gare e medaglie. L’atto di nascita fu a ottobre 1967, su un foglio dattiloscritto in inchiostro blu firmato dagli ufficiali a bordo della Melampus, una delle navi britanniche nel canale. Nasceva così la Great Bitter Lake Association. «Lo scopo principale di questa associazione è conservare e incoraggiare i tanti legami che vi sarete fatti a bordo delle altre navi», ma anche condividere risorse, cibo, alcol e far valere le proprie ragioni col mondo. Lo stemma aveva un’ancora al centro, le lettere GBLA, il numero 14 (come le navi) e una striscia blu diagonale a rappresentare il canale di Suez. A Natale fu anche montato un albero su una zattera e ci furono dei gran canti multilingue, una nave aveva addirittura un piccolo organo, che fu decisivo per l’atmosfera festiva. La radio di bordo poteva essere usata solo per emergenze mediche, per comunicare con le famiglie furono creati dei francobolli non ufficiali (ma piuttosto belli) che riuscirono a viaggiare nel sistema postale internazionale e sono ancora cercati tra i collezionisti.

L’inattività a bordo delle navi è pericolosa, soprattutto se ci sono degli alcolici in ottime quantità (un ufficiale calcolò un milione e mezzo di birre bevute durante il blocco) e lo sport fu la risposta a questa preoccupazione. Nell’estate del 1968 c’era l’Olimpiade di Città del Messico, così la Great Bitter Lake Association decise di organizzare un proprio capitolo olimpico a Suez, con un medagliere, coppe e medaglie forgiate dai polacchi che si dimostrarono piuttosto abili con questo tipo di fai da te. La nave svedese aveva una palestra e una piscina, quella polacca un campetto da calcio, le scialuppe si salvataggio furono attrezzata con vela per fare regate, i materassi delle cabine erano utilizzati per il salto in alto. Dick Fosbury rese il suo salto uno standard proprio nel 1968 a Città del Messico, così nei vecchi video della flotta gialla i marinai superano l’asticella con una grande varietà stili, nessuno ortodosso, molti comunque efficaci. Le discipline erano quattordici, tra cui vela, tuffi, atletica, tiro con l’arco (con materiale fatto a mano dagli stessi polacchi), pallanuoto (nell’acqua del canale di Suez), nuoto (sempre in mare, tra le due navi), ma anche pesca e sollevamento pesi.

La nave Ever Given è rimasta incagliata da martedì 23 marzo fino alla notte tra domenica 28 e lunedì 29 marzo; in questi cinque giorni, ha ostruito il canale di Suez, rendendo impossibile la navigazione (Suez Canal Authority/Handout/AFP via Getty Images)

L’atmosfera fu molto olimpica, chi non era in grado di mettere insieme una squadra formò un team internazionale, fu scritto a mano un dettagliato programma delle gare (che partirono dieci giorni prima di Mexico City ’68) e gli ufficiali scrissero anche ai giornali per promuovere l’evento. Il Daily Express mandò effettivamente un inviato, che fu felice di poter riportare a casa il fatto che il Regno Unito aveva vinto il torno di calcio. Il titolo era “Another World cup victory for Britain” dal momento che solo due anni prima avevano vinto i mondiali a Wembley. Fu smentito il non ancora formulato teorema di Gary Lineker: «Il calcio è quello sport che si gioca undici contro undici, e alla fine vincono i tedeschi», ma la Germania Ovest attribuì la cosa all’infortunio di due uomini chiave prima della finale. I francesi vinsero la loro unica medaglia nella vela. Il medagliere totale fu vinto dalla nave polacca Djakarta, seconda arrivò la Germania Ovest (che vinse la gara di pesca con tale Franz Klofik), terzo il Regno Unito.

Il più medagliato di tutti fu un inglese di nome George Wharton, gran sportivo multidisciplina. Fu un’estate divertente, nonostante tutto. Mancavano ancora sette anni alla fine del blocco, tanti uomini andarono e tornarono, tante altre partite di calcio furono giocate, tante birre furono bevute. Quando il canale fu liberato e aperto, la Great Bitter Lake Association fu finalmente sciolta: 3mila tra marinai e ufficiali nel corso di otto anni ne avevano fatto parte. Quasi nessuna delle navi era in grado di navigare con i propri motori. La tedesca Münsterland però sì, arrivò al molo 73 del porto di Amburgo nel maggio 1975, ci fu una gran festa, il più lungo viaggio mai fatto da una nave cargo si era appena concluso.