La Super Lega vuole introdurre il salary cap

Lo rivela un documento riservato esaminato dal Financial Times.

Dopo il manifesto programmatico scovato e reso pubblico dal Guardian, continuano a trapelare nuove informazioni sulla nascente Super Lega, la nuova competizione transnazionale fondata da 12 club europei con modello semichiuso, ovvero senza promozioni e retrocessioni e un meccanismo d’accesso ancora da stabilire per cinque club su venti iscritti – gli altri 15, tra cui i 12 fondatori, ne sarebbero membri permanenti. Questo tipo di schema competitivo è simile – solo per alcuni aspetti, ovviamente – a quello delle leghe sportive nordamericane, da cui potrebbe essere mutuata un’altra istituzione del tutto nuova per il calcio europeo: il salary cap.

Secondo un documento riservato esaminato dal Financial Times, infatti, uno degli obiettivi delle 12 società iscritte alla Super Lega è quello di raggiungere un equilibrio virtuoso tra entrate e uscite. E per questo, i regolamenti avrebbero fissato un tetto per la spesa sportiva pari al 55% dei ricavi complessivi. Per spesa sportiva, si intendono gli stipendi dei calciatori, ma anche i trasferimenti e le commissioni per gli agenti. Secondo le rilevazioni del prestigioso quotidiano economico, oggi i top club europei investono tra il 70% e l’80% dei ricavi per gli emolumenti ai calciatori e allo staff tecnico, anche perché non esiste un limite massimo di spesa – che è invece una consuetudine nel sistema sportivo statunitense. Sempre per quanto riguarda gli stipendi, sarebbe allo studio una regolamentazione basata sul concetto di perequazione fiscale, ovvero un’uguaglianza sostanziale nelle imposte: l’aliquota sarebbe identica per tutti, pari al 45%, in modo da non creare disparità territoriali – anche se questo punto dovrà comunque essere regolamentato in osservanza delle leggi fiscali di ogni Paese.

Un’altra notizia significativa emersa dal lavoro del FT riguarda la spartizione dei ricavi: il 32,5% sarà devoluto in parti uguali ai 15 club fondatori (lo statuto prevede l’ingresso di altre tre società, ancora da individuare, nel nucleo “originario”); un ulteriore 32,5% sarà diviso in parti uguali tra le 20 partecipanti, comprese le cinque squadre invitate «a rotazione», riprendendo le parole pronunciate ieri sera da Florentino Pérez durante un’intervista alla trasmissione El Chiringhuto; la restante fetta del 35% sarebbe divisa in due parti: il 20% dei ricavi sarebbe distribuito in base ai risultati, oppure in maniera indipendente dalle performance nel torneo, mentre l’ultimo 15% sarebbe ripartito in base agli spettatori televisivi coinvolti. Secondo questi criteri, la squadra iscritta che riceverebbe la quota più bassa incasserebbe una quantità di denaro inferiore di 1,5 volte rispetto al vincitore annuale della Super Lega. Attualmente, nella Liga, la forbice è molto più ampia: il vincitore del campionato incassa 3,5 volte il denaro dell’ultima in classifica. Inoltre, i club potrebbero continuare a stipulare accordi commerciali individuali, e quindi potrebbero contare su ulteriori introiti.

Secondo gli auspici dei club fondatori, tutti questi provvedimenti dovrebbero portare a un modello più sostenibile rispetto a quello classico del calcio europeo, anche di quello consolidato dopo l’introduzione del Fair Play Finanziario della Uefa. Nei documenti scovati dal Financial Times, anche l’iscrizione duratura dei club è legata a una situazione patrimoniale florida: «Per ogni bilancio, le società dovranno registrare dei guadagni prima di interessi, tasse, deprezzamento e ammortamento e profitto netto». Anche questa avversione assoluta alle perdite economiche rappresenterebbe una rivoluzione rispetto al passato.