Bar Italia – Belgio-Italia 1-2

Spunti di conversazione sui quarti di finale degli Europei: il lavoro di Mancini che chiude un cerchio, Chiellini, Donnarumma e il gol perfetto di Insigne.

Bar Italia è una raccolta di spunti, riflessioni, idee e analisi non troppo approfondite a caldo dopo il fischio finale delle partite della Nazionale. Movimenti osservati per strada e tagli osservati in campo. Emozioni da divano ed emozioni viste oltre i cartelloni pubblicitari dopo un gol. Un manuale di conversazione da bar scritto dalla redazione di Undici e da occasionali ospiti.

La chiusura di un cerchio, per aprire una fase ancora più esaltante
Siamo in semifinale! La aspettavamo e speravamo, una serata così. Un’Italia bella, convincente, a tratti spettacolare, che batte con merito un Belgio che fino alla vigilia era accreditata tra le big del torneo. Gli Azzurri hanno finalmente chiuso quel cerchio, quello di squadra alla ricerca di una riconsiderazione a livello internazionale, per aprire, si spera, un’altra fase: quella di potenza consolidata, di realtà tra le primissime in Europa e nel mondo. Si tratta di una dimensione che si acquisisce nell’arco di un lungo percorso, della durata di anni, quale è quello intrapreso dall’Italia dall’arrivo di Mancini (a proposito: sono 32 risultati utili di fila), ma che soltanto una gara così, come quella vissuta contro il Belgio, riesce a fotografare alla perfezione. Il merito più nobile di questa Italia? Non essersi accontentata di ritornare ai palcoscenici che le competono, ma di farlo in un modo coraggioso, appagante, impavido.

Zero punti deboli, grazie al collettivo
Dove l’ha vinta l’Italia? Impossibile dirlo. Non c’è una zona del campo, o un duello diretto, dove il Belgio ha sopraffatto gli Azzurri. E in fin dei conti questa evidenza sottolinea una grande verità: la Nazionale non è squadra da punti deboli, e certo fa impressione dirlo, considerando da dove partivamo. Se togliamo la serata opaca di Immobile in area di rigore, anche se non vanno dimenticati i movimenti del centravanti laziale a determinare un bel pezzo di pericolosità degli Azzurri in avanti, e qualche sbavatura, vedi il fallo di Di Lorenzo sul rigore assegnato al Belgio, l’Italia è stata splendida in ogni aspetto. È difficile valutare a chi consegnare la palma di migliore in campo, perché il successo dell’Italia nasce dal collettivo e si irrora in esso: è attraverso questa condizione, appunto, che i presunti punti deboli che questa rosa può avere si annullano completamente, fornendoci una squadra capace di fare tante cose insieme nel giusto modo. È un vantaggio rispetto a tanti avversari incrociati fin qui all’Europeo (e magari anche qualcuno tra i futuri), ed è merito di un lavoro che ha compensato qualche lacuna e ha ingigantito i nostri punti di forza.

Le scelte perfette di Mancini

Il grande lavoro di Roberto Mancini, però, non si è espresso solo a monte, quando ha ideato e costruito l’Italia che stiamo vedendo agli Europei. Il ct sta mostrando grande sensibilità tecnico-tattica anche a valle, sta modificando la squadra e la formazione iniziale in maniera intelligente, adattandola al contesto e alle esigenze di ogni partita. Contro il Belgio, per esempio, la scelta di confermare Verratti e di lanciare Chiesa da titolare è stata assolutamente perfetta: l’attaccante laterale della Juventus ha permesso alla Nazionale di giocare su un campo (più) largo e (più) lungo, grazie ai suoi continui movimenti in ampiezza e in profondità, mentre la presenza di Verratti ha dato maggior sicurezza alla squadra in fase di costruzione, e inoltre ha anche permesso di tenere sempre alti i ritmi del pressing. Soprattutto quest’ultimo punto è stato determinante: il centrocampista del Psg difende in maniera più aggressiva e forse anche più incosciente rispetto a Locatelli e agli altri centrocampisti in rosa, e infatti è proprio da un suo recupero del pallone in zona alta che è scaturito il gol di Barella, quello che ha sbloccato e indirizzato la partita.

Barella fa almeno cinque cose fantastiche, ma tutto nasce dal pressing perfetto e dal passaggio di Marco Verratti
Donnarumma, il più prezioso quando serve

La parata del minuto 21 ha dello straordinario, roba da predestinati, verrebbe da pensare sulle ali dell’entusiasmo di questo venerdì 2 luglio sfociato facilmente in un sabato di festeggiamenti. La verità è che in questo ennesimo momento, Europeo o meno, in cui Gianluigi Donnarumma classe 1999 potrebbe essere sotto una pressione che pochi umani sarebbero in grado di reggere, lui riesce a vivere e lavorare senza scomporsi. Ha lasciato il Milan, la squadra che l’ha lanciato nonché la sua squadra del cuore, per andare in Francia al Psg, nel frattempo giocando un Europeo e facendo segnare un record di imbattibilità in Nazionale. Ha fatto le visite mediche e poi parato il sinistro mefitico del miglior centrocampista del mondo. Quattro minuti dopo la prima parata, ecco l’incubo dell’Italia estiva, Lukaku lo spietato, che piazza la palla di precisione per baciare il palo: Gigio la toglie senza sforzi. Poi sono parate più facili, uscite, un gol subito, infine esultanze. Se siamo qui è per molti motivi, ma anche perché, per l’ennesima volta, il portiere più forte del mondo gioca per noi.

Due inquadrature con angolazioni particolari, per godersela tutta. per godersela bene

Giorgio Chiellini, monumentale e moderno

La combo tra attesa mediatica ed enfasi preventiva per la battaglia corpo a corpo tra Chiellini e Lukaku ha riacceso gli anni Settanta-Ottanta che albergano in chi li ha vissuti e/o ama ricordarli, ha rispolverato l’era delle marcature a uomo assegnate dagli allenatori, ha riannodato i fili con un calcio non peggiore o migliore, ma semplicemente diverso rispetto a quello di oggi, perché troppo lontano nel tempo. Ovviamente Chiellini e Lukaku si sono affrontati e allacciati spesso, vederli combattere è stato molto coinvolgente. Solo che il capitano della Nazionale italiana ha affrontato il centravanti del Belgio e i suoi compagni con un approccio molto meno vintage, molto più moderno: ha difeso in alto, ha difeso in avanti, ha difeso rischiando l’anticipo e anche l’uno contro uno, almeno finché l’andamento della gara gli ha permesso di farlo, finché il tempo e il risultato non hanno reso – inevitabilmente – più disperati e ripetuti e disordinati gli assalti degli uomini di Martínez. Solo a quel punto, cioè nel finale di gara, Chiellini e i suoi compagni si sono rintanati in area di rigore e hanno trasformato la loro serata in un duello rusticano, in una lotta di resistenza e di sopravvivenza.

Per la stragrande maggioranza del tempo di gioco, Chiellini e l’Italia si sono difesi con la testa prima che con il corpo, si sono difesi applicando un piano, ragionando di squadra e cercando di imporre il proprio ritmo e i propri principi agli avversari, non come se il calcio fosse (ancora) una Royal Rumble. Ci sono riusciti quasi sempre, e non è la prima volta che succede, tutt’altro: il fatto che il Belgio abbia segnato solo su rigore è l’ennesima dimostrazione di quanto sia sbagliato, proprio dal punto di vista ontologico, pensare che una fase passiva ambiziosa, persino rischiosa, riduca l’importanza dei difensori vecchio stampo, degli interventi per spazzare il pallone, oppure minimizzi l’antica e necessaria arte della marcatura. Non è così, piuttosto si può dire che certi calciatori e certi aspetti e certi momenti vengano addirittura esaltati. Proprio come si è esaltato Giorgio Chiellini, autore di una prestazione monumentale contro un attaccante fortissimo, ma evidentemente limitato nei suoi mezzi, nelle sue enormi doti. Il capitano dell’Italia ha vinto la sua sfida grazie alla sua forza, al suo tempismo, ma soprattutto grazie ai principi tattici che l’hanno influenzato, che l’hanno guidato. Che hanno reso così bella, ma anche così efficace in tutte le fasi di gioco, la Nazionale azzurra.

Lorenzo Insigne: meriti (suoi) e demeriti (del Belgio) di un gol perfetto

Quasi come a voler rispondere ai fiumi di retorica e di meme sul suo proverbiale tiro a giro, Lorenzo Insigne ha segnato col suo proverbiale tiro a giro. Per lui e per noi e per tutti è stato un gol perfetto, c’è poco da dire o da fare o da aggiungere, se non mostrarlo, se non lodare la partenza ad alta velocità, la conduzione sicura col destro, il dribbling secco su Tielemans e poi la conclusione forte e precisa e arcuata di un effetto provato e riprovato eppure imprendibile, quando viene fuori bene, anche per un portiere eccezionale come Courtois. Detto questo, però, vanno evidenziati anche i demeriti enormi del Belgio: in quest’azione, la squadra di Martínez semplicemente non difende, è spaccata in due, ed è proprio nel buco enorme tra difesa e centrocampo che Insigne può costruire la sua gemma, in attesa che qualcuno esca da dietro per fermarlo, o almeno per provarci. Non è arrivato nessuno, quindi tutto bene.

Il secondo gol di Insigne agli Europei, il decimo in Nazionale