Ora tutti odiano Leo Messi

Il passaggio al Psg ha cambiato per sempre l'immagine che avevamo di lui?

Un anno fa, quando nel giro di pochi giorni Lionel Messi rese pubblica la sua volontà di lasciare il Barcellona e poi decise di tornare sui suoi passi, furono in tanti a esultare, a sentirsi sollevati: Leo aveva fatto la scelta giusta, aveva deciso di perdonare i torti che pensava di aver subito, di continuare a esercitare la sua riconoscenza nei confronti del club che, in pratica, gli aveva consentito di essere un calciatore, che aveva indirizzato la sua vita, che gli aveva permesso di diventare il fuoriclasse epocale che tutti – tutti, davvero – sono stati felici di apprezzare, di veder scendere in campo.

Un anno fa è andata proprio come negli episodi autoconclusivi delle serie tv romantiche tipiche degli anni Ottanta o Novanta, quelli in cui una coppia si ritrova impantanata in una crisi apparentemente senza uscita e poi alla fine riscopre di provare ancora dei sentimenti molto profondi, e allora tutto può tornare e torna come prima, nonostante i problemi, nonostante i litigi, i tradimenti, le parole taglienti, gli stracci che sono volati. Messi e il Barcellona, anche nel momento più duro e più teso del loro rapporto, si erano mostrati solidi e indivisibili nella loro unione, anzi forse il loro legame era sembrato più vero e più umano rispetto a tanti altri, proprio perché era stato sconquassato dai dubbi, dalle circostanze, eppure era rimasto vivo, acceso, era sopravvissuto.

Un anno dopo, cioè oggi, Leo Messi ha ribaltato quella decisione, quindi è come se avesse ribaltato se stesso: ha lasciato il Barcellona ed è un nuovo giocatore del Paris Saint-Germain. Questa scelta lo rende automaticamente un mercenario – un traditore, un voltafaccia, un infame, un pagliaccio, c’è una lunga lista di accuse/insulti da cui poter pescare – agli occhi di quelle stesse persone che, nel 2020, lo avevano celebrato per la sua scelta di non cambiare squadra. Non importa che alla base di questa decisione ci siano motivazioni economiche insormontabili, non importa che Messi abbia manifestato tutta la sua tristezza in una conferenza stampa d’addio piuttosto struggente e piuttosto sincera, non importa che le leggi del mercato – e quindi del calciomercato, che è un’altra cosa solo per gli oltranzisti romantici – impongano che un giocatore come lui non possa, anzi non debba giocare al minimo salariale, perché ne va della credibilità dell’intero sistema. Insomma, non importa nulla: ora Lionel Messi è diventato un uomo da odiare, in maniera trasversale, in maniera assoluta.

Nessuno può pretendere di dettare, guidare o anche solo orientare i sentimenti delle persone. Nessuno, allo stesso modo, può permettersi di giudicarli. Tutto ciò che si può fare, con i sentimenti delle persone, è cercare di capirli. Anzi: di comprenderli. C’è una bella differenza: se capire significa intendere qualcosa sul piano puramente intellettivo, comprendere presuppone che le riflessioni si accorpino con le emozioni; vuol dire immedesimarsi, vuol dire ragionare cercando di essere empatici, di condividere e accettare che possano esserci opinioni diverse. Come si fa a comprendere, allora, il nuovo sentimento di avversione verso Leo Messi? Da dove arriva? E a cosa porterà?

La risposta alle prime due domande è una sola, ed è estremamente semplice da trovare, perché ha i colori rosso e blu, il tocco glamour del Jumpman cucito sulla maglietta, la forza economica di certo un po’ sgradevole del Paris Saint-Germain. Leo Messi, per dirla in breve, non ha solo lasciato il Barcellona, ma ha anche accettato di unirsi a una società che, esattamente come i Monstars del primo Spice Jam, sembra divertirsi a sottrarre il talento altrui – anche se lo fa senza usare un pallone magico, piuttosto offrendo e spendendo tantissimi soldi. Messi, tra l’altro, ha accettato l’offerta del Psg e non si è nemmeno riunito con il suo mentore Guardiola al Manchester City, l’unico altro club che avrebbe potuto pensare – anche solo lontanamente – di metterlo sotto contratto, quindi ha eliminato preventivamente ogni possibile richiamo al romanticismo calcistico. La scelta di andare a Parigi, aggiungiamo ancora, è arrivata in un momento in cui lo scacchiere politico-finanziario del calcio è quanto mai polarizzato, con tutti i tifosi dei top club europei – soprattutto quelli spagnoli – schierati apertamente contro il Psg dopo la nascita e la morte della Super Lega, in cui il Fair Play Finanziario è stato pesantemente annacquato, favorendo ancora e sempre il Psg, in cui molti grandi club sono in crisi e danno la colpa a tutto e a tutti, ma non a una gestione economica a dir poco avventata – il Barça, in questo senso, è assolutamente in prima fila, come ha spiegato Jonathan Wilson in un articolo uscito su Sports Illustrated. L’odio verso il nuovo Messi era dunque una conseguenza inevitabile, e si è banalmente sublimata nei soliti commenti preconfezionati sui social (quante volte avete letto la locuzione “calcio del popolo” nelle ultime 24/48 ore?), nelle discussioni sul potere dei soldi, come se oggi Leo non fosse ciò che in realtà è sempre stato, ciò che era anche al Barcellona, ovvero una piccola multinazionale del calcio che il calcio non può permettersi di svalutare.

Lionel Messi ha esordito nella prima squadra del Barcellona nel corso della stagione 2004/05: indossava la maglia numero 30, la stessa che ha scelto per la sua nuova avventura con il Psg (Luis Bagu/Getty Images).

Per Messi – e qui rispondiamo all’ultima domanda – l’arrivo a Parigi è l’inizio di una nuova era emotiva, segna la conoscenza di una condizione dell’anima mai assaporata in precedenza: quella del nemico, dell’antieroe calcistico. Anche questa, ripensandoci, è una definizione frettolosa, ingenerosa, esagerata: mentre tutti erano obnubilati dal discorso sui soldi che guadagnerà, in pochi hanno riconosciuto a Leo il coraggio di mettersi alla prova in un contesto che in realtà è (ancora?) meno importante di lui, quantomeno dal punto di vista della nobiltà calcistica, del palmarés. Non aveva molte altre opzioni, certo, ma la scelta del Psg  – guardandola da una certa prospettiva – è anche un tentativo di compiere l’ennesima impresa sportiva, di ribaltare la teoria per cui Messi riesce a vincere, e a essere così forte, solo con il Barcellona, solo a casa sua. E forse non è un caso che questo trasferimento sia arrivato dopo aver vinto la prima competizione (la Copa América) con la Nazionale argentina, e non con la maglia blaugrana addosso.

Ora sarà interessante capire come reagirà Messi a questa ondata di emozioni, di situazioni complicate, di fischi e insulti. Proprio lui, che finora era stato amato da tutti, in maniera praticamente incondizionata; proprio lui, così introverso e sensibile, così apparentemente privo di una leadership forte eppure in grado di far dimettere un presidente con la sola imposizione delle mani; proprio lui, che avremmo voluto fosse più combattivo, più risoluto, e in realtà lo era e lo stava diventando sempre di più, solo che nessuno se n’è accorto, o forse non è stata la trasformazione che avevamo immaginato per lui. Questo cambiamento, da parte di Messi, ricorda un po’ quello raccontato da Cristopher Nolan nel film Il Cavaliere Oscuro, in cui Batman e Harvey Dent/Due Facce dicono che ci sono solo due alternative: o muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo. Ecco, Leo Messi ha scelto la seconda strada. Perché gli è stato imposto e perché lui ha deciso così, proprio come fanno Batman e Due Facce alla fine del film; perché forse non è mai stato riconosciuto come un vero leader politico e forse perché è semplicemente un calciatore del terzo millennio, un figlio del suo tempo; perché sente di avere ancora un futuro e perché, evidentemente, ha deciso di fregarsene di ciò che pensa la gente, dopo aver ringraziato e salutato come voleva i tifosi del Barcellona; perché probabilmente non sente di essere diventato un cattivo, ma solo di essere un professionista che ha fatto una scelta, che si è preso una responsabilità, esattamente come un anno fa. E che ora proverà a rispondere sul campo, come sempre, a tutti coloro che hanno deciso di odiarlo, di eleggerlo a nuovo simbolo del male assoluto, perché ha semplicemente deciso di trasferirsi in una nuova squadra, come hanno fatto tantissimi fuoriclasse prima di lui.