Con Nico González è iniziato il risveglio della Fiorentina?

L'acquisto più costoso nella storia del club viola ha subito dimostrato di poter essere un giocatore importante, per il presente e soprattutto per il futuro.

La rete che ha cambiato definitivamente il suo status, alzando l’asticella di aspettative e potenzialtà, Nicolás González l’ha segnata il 21 novembre 2020 contro l’Hoffenheim. Tra l’altro quella realizzazione ha chiuso una striscia da tre gol e un assist in cinque partite di Bundesliga, nel mezzo di un periodo che lo aveva visto andare a segno anche in nazionale contro Paraguay e Perù. Si tratta del defining moment per eccellenza, è la fotografia dell’istante in cui il passaggio a una dimensione superiore diventa chiaro, evidente, tangibile: González, mancino naturale, riceve isolato sul lato destro del campo appena fuori dall’area di rigore e spezza il raddoppio con una facilità disarmante; si accentra evitando il recupero di Geiger, sbilancia Akpoguma con una finta di corpo appena accennata, ma sufficiente a togliergli il tempo dell’intervento; infine calcia forte e radente sul palo lungo all’altezza del dischetto. «Mi piace partire da sinistra, accentrarmi e calciare» ha detto, non a caso, il giorno della conferenza stampa di presentazione con la Fiorentina.

Per fare tutto questo gli erano bastati cinque secondi e sei tocchi in tutto.

È questo il manifesto programmatico di una grandezza diventata reale dopo essere stata a lungo solo percepita tra le pieghe degli ingombranti paragoni con Mario Kempes – parola di Alfredo Berti, suo ex allenatore all’Argentinos Juniors – e Ángel Di María. Come si può leggere in questo articolo che il sito ufficiale della Bundesliga gli dedicò quando era ancora il wonderboy di uno Stoccarda in cerca d’autore, «González è un realizzatore naturale, capace di ricoprire anche il ruolo di esterno di centrocampo, dotato di un gran sinistro: qualità che rendono i paragoni con “El Toro” del tutto giustificati». A due anni e mezzo di distanza tutto si era condensato in una singola dimostrazione di tecnica in velocità, genio, fantasia e concretezza. Nico era finalmente arrivato dove avrebbe sempre dovuto essere, mettendosi sul radar dei grandi club europei e giustificando le parole che il ds dello Stoccarda, Thomas Hitzlsperger, andava ripetendo dall’estate precedente ogni volta che qualcuno gli chiedeva dell’interesse di mezza Premier League per il suo gioiello: «Quando parliamo di lui in relazione al mercato immaginiamo delle squadre che siano disposte a spendere molto. Se decideremo di lasciarlo andare sarà alle nostre condizioni, e a un prezzo alto».

Un prezzo alto come quello pagato dalla Fiorentina – circa 23 milioni di euro – per fare di lui l’acquisto più caro della storia viola, ma soprattutto il nuovo leader tecnico ed emotivo della squadra affidata a Vincenzo Italiano. Aver scelto lui come nuovo partner di Vlahovic nell’estate dell’addio a un campione crepuscolare come Ribéry potrebbe essere il primo vero segnale di risveglio di un club intenzionato a riprendersi il posto che gli spetta nell’élite del calcio italiano. Insomma, si può dire anche se sono state giocate appena due giornate di campionato: González ha già cambiato il paradigma, il senso e forse anche il destino di un intero progetto tecnico, conferendogli quella credibilità e quella coerenza che a Firenze sembravano aver dimenticato.

L’avventura italiana di Nicolás González è partita con il piede giusto: gol e assist contro il Cosenza in Coppa Italia, rete dell’1-0 alla seconda di campionato contro il Torino

Quella del ragazzo di Belén de Escobar, quindi, è una storia di ambizione individuale e collettiva ma anche di attese, di pazienza, di costruzione del talento attraverso il duro lavoro: «Voglio che i ragazzi che giocano nei club di Escobar, come ho fatto io, sappiano che con lo sforzo si possono raggiungere gli obiettivi che ci si è prefissati» ha detto Nicolás lo scorso luglio, quando è stato nominato cittadino onorario dal sindaco Ariel Sujarchuk. Per arrivare a questo livello, González è passato attraverso tante tappe intermedie che, per molti, avrebbero potuto coincidere con un ridimensionamento tecnico e psicologico. Un dettaglio non da poco e che Ferdinando Batista, coordinatore delle giovanili dell’Argentinos Juniors quando González iniziava a muovere i primi passi con “El Semillero”, sottolineò a suo tempo a La Nacion: «Ricordo che all’inizio faticava anche con noi, e che quando aveva 14 anni fummo vicini a perderlo e vederlo andare al River. Alla fine riuscimmo a convincerlo che la cosa migliore per Nico fosse restare e completare il suo percorso con noi, e sono stato felice quando ha detto che quella era stata la migliore decisione mai presa nella sua vita. Si tratta di un esempio che dovrebbero seguire tutti quelli che mettono strane idee in testa ai ragazzi che non giocano subito titolari: giocare, non giocare, essere sostituiti, tutti è un bene, perché quando non sei abituato a conquistarti il posto alla prima difficoltà inizi a dubitare di te stesso e delle tue capacità».

In questo senso la stagione da dominatore in Zweite Liga – 14 gol e tre assist in 27 presenze, 10 gol e due assist nel solo girone di ritorno – e l’incontro con il tecnico Pellegrino Matarazzo possono essere considerati i punti di svolta di una carriera che si è riallineata sulle premesse e promesse iniziali, dentro e fuori dal campo: «I miei primi passi in Germania sono stati molto duri. Quando sono arrivato ero molto giovane avevo bisogno di imparare tante cose, sia dal punto di vista umano che da quello calcistico. Durante la prima stagione per me è stato molto difficile adattarmi al contesto, ma già al secondo anno mi sono scoperto mentalmente molto più forte» ha rivelato a ESPN qualche settimana dopo aver giocato e vinto la Coppa America con l’Argentina. Anche la Selección ha un peso importante nell’ascesa di González: Scaloni gliel’ha fatta assaggiare quando ancora militava in seconda divisione, ha sempre creduto molto nelle sue qualità: «È un giocatore che ha tutto per dominare la fascia, ma può far bene anche nel mezzo e quando si avvicina alla porta: parliamo di un elemento molto interessante, una risorsa che potrebbe farci molto comodo in futuro. Speriamo che riesca a fare sempre meglio» disse il ct nel novembre 2020, quando González fu schierato titolare a sorpresa al posto dell’infortunato Tagliafico nella già citata sfida contro il Paraguay. I due gol consecutivi – i primi con la maglia dell’Argentina – contro l’Albirroja e il Perù certificarono la centralità di “Speedy” nella Selección in ricostruzione sulla strada per Qatar 2022.

Due gol notevoli, tra l’altro

Nella dichiarazione, anzi nell’investitura ufficiale di Scaloni è presente un altro elemento ricorrente della narrazione di González: la multidimensionalità, intesa come capacità di fare tutto e di farlo bene, adeguandosi a un’era calcistica in cui la settorialità e la specializzazione di compiti e funzioni risultano sempre meno diffuse. Come detto, l’arrivo di Matarazzo sulla panchina dello Stoccarda a fine 2019 è stato determinante affinché la dimensione creativa di González si propagasse a tutto campo, sfruttando le sua qualità di strappare palla al piede in conduzione e di ricevere alle spalle della prima linea di pressione per facilitare la risalita del campo. Guardando il campetto posizionale presente sulla sua pagina di Transfermarkt si intuisce come e perché il giovane argentino sia stato fin da subito il punto fermo all’interno del sistema fluido del tecnico italo-americano: nel 3-4-2-1 ibrido di partenza di Matarazzo, González ha agito da trequartista, da esterno a tutta fascia, addirittura da falso nueve quando si è trattato di affrontare squadre che hanno permesso allo Stoccarda di consolidare il possesso.

Ciascuno di questi ruoli è stato interpretato in maniera moderna, dinamica, talvolta contro-intuitiva, nel momento in cui la sua grande tecnica di base è stato il mezzo per trovare rapidamente soluzioni efficaci e in corsa agli adeguamenti difensivi avversari. Ma non solo: se ne facciamo una questione di comprensione e sviluppo del gioco, González è un giocatore che ha imparato a influenzare la manovra senza la necessità di dover toccare per forza il pallone. I frequenti tagli ad attaccare le tracce interne, sfruttando il movimento del centravanti a tirar fuori i centrali difensivi avversari, fanno di lui uno shadow striker perfetto per gli allenatori che costruiscono gioco sovraccaricando la zona palla per poi attaccare il lato debole; inoltre, la resistenza e l’attitudine a correre all’indietro lo rendono un box-to-box temibile e che può sfruttare la sua qualità di calcio dalla distanza dopo aver recuperato il pallone in prima persona.

Per ora, però, Italiano sembra voler sfruttare le sue doti associative e di “generatore di occasioni” – «Ha esplosività, ha talento ed è in quella fase dove vuole avere sempre la palla: cercheremo di valorizzare il suo talento nel migliore dei modi, anche perché può giocare sia a sinistra che a destra», ha detto il tecnico viola – impiegandolo come vertice alto del triangolo completato da Biraghi e Castrovilli sulla catena di sinistra. Gli aspetti tattici, tuttavia, passano in secondo piano rispetto a ciò che González rappresenta a livello di immagine, di iconografia, di possibile impatto sulla Fiorentina: il suo arrivo ha stimolato la percezione per cui ora, nel club viola, esiste finalmente una reale volontà di potenza, o quantomeno una visione del futuro. Questo progetto ideale sembra essersi concretizzato in una squadra giovane e dalle grandi potenzialità, allenata da uno dei migliori allenatori emergenti, costruita seguendo un filo logico chiaro, con margini di crescita ancora tutti da esplorare. L’ex Stoccarda fa parte di tutto questo e lo è anche di più, è il simbolo di un nuovo rinascimento viola atteso troppo a lungo, perso in un limbo a metà tra la nostalgia degli anni Novanta e la mediocrità del post Prandelli. Spiegando i motivi che l’hanno spinto ad accettare l’offerta della Fiorentina, Nicolás ha detto: «Ho scelto questo club perché mi segue da tanti anni, ho sentito questa vicinanza e la volontà di avermi con loro. È una grande società, una delle squadre in cui tutti vogliono giocare». Ecco, il risveglio della Fiorentina parte e passa da questo atteggiamento, da questa fame, da questa voglia. E il fatto che González sia argentino è una notizia che rende il tutto ancora più interessate per i tifosi della Viola, ma solo per quelli che credono nei corsi e ricorsi storici.