Andrés Iniesta faceva ordine nel caos

Un estratto da Andrés Iniesta, come una danza, il nuovo libro di Gianni Montieri, edito da 66thand2nd 

Spesso, quando ci mettiamo a guardare delle immagini di Iniesta – si trovano in rete video fatti molto bene, montati di sequenza in sequenza, sul suo modo di muoversi e gestire il pallone tra gli avversari, e poi al suo modo di liberarsene al momento giusto – restiamo incantati. Iniesta riceve palla spostato a sinistra, molto vicino alla linea laterale e si muove come se qualsiasi cosa accada intorno a lui non possa toccarlo. Comincia una sorta di danza con il pallone e in mezzo agli avversari. Lo vediamo spostare il pallone dal piede destro al sinistro, la famosa croqueta, e così saltare un avversario. Ora allunga il pallone di dieci centimetri, lo riprende con la suola, fa una giravolta e passa in mezzo a due che non lo trovano più. Ecco che fa un controllo di tacco, quasi trascina il pallone al suolo, poi un tunnel, arrivano in due, siamo sulla linea di fondo, non c’è un centimetro libero, Iniesta ruota su sé stesso, cambia marcia o direzione, una due tre volte, a un certo punto spariscono lui e la palla, i marcatori restano sul posto. Oppure viene incontro al compagno in difficoltà vicino alla linea di fondo, si fa dare il pallone ma non lo tocca, lo lascia sfilare, lo accompagna con gli occhi, improvvisamente il campo è aperto, così come l’orizzonte delle possibilità di sviluppo dell’azione. Eccolo che sta per cadere, e non cade, la tiene lui, si rialza, la sposta veloce.

Quando tutto sembra finito, Iniesta riporta l’azione in vita. Così Don Andrés sottrae lo spazio agli avversari come se fosse aria, pensano di avergli tolto ogni via d’uscita e lui – in qualche maniera – è già altrove, ha trovato nuova superficie. L’illusionista che crea la realtà. Pensiamo però un attimo a quanto grande debba essere la delusione per chi crede di aver bloccato un giocatore come Iniesta, quell’attimo di gioia sportiva che durante una gara importante ti fa pensare, sbagliando, che stai impendendo a un fenomeno di intravedere un varco. Tu hai tolto mezzo metro, ma lui ne ha trovati tre con una finta. Mentre l’azione di Iniesta si apre, per chi lo stava marcando, il campo diventa un buco nero, chissà le vertigini, i giramenti di testa. La capacità di Iniesta di gestire il pallone sottrae metri di campo e respiro ai rivali. Così si sottrae lo spazio alla squadra avversaria e lo si regala ai compagni.

Ma, lo ho già accennato, Iniesta non è solo questo: un’altra sua caratteristica fondamentale consiste nel tenere il pallone nel minor tempo possibile, ovvero giocare a un tocco (o addirittura farne a meno) e mettere il pallone in una porzione di campo libero che prima non c’era, e renderla così accessibile, per il tempo che occorre, solo a un compagno di squadra. Iniesta che riceve il pallone al limite dell’area e con un pallonetto di prima intenzione trova Neymar davanti al portiere, difesa saltata. O che alla lunetta, marcato da due avversari, la riceve da Messi, gliela ritorna di tacco, quasi senza muoversi, senza guardare, nessuno si accorge di nulla, e intanto Messi ha segnato. I due gol più belli di Xavi (e il grande regista non ne ha fatti molti) arrivano da due passaggi impossibili di Iniesta che lo mette solo davanti al portiere. E ancora, gli passano la palla, Iniesta non vede, ma sente Messi alle sue spalle, ha due giocatori addosso, apre le gambe all’ultimo momento e la lascia passare, Messi poi segna, e ancora una volta capiamo che niente di ciò che fa Iniesta è superfluo. Non farebbe mai una finta, un doppio passo, un colpo di tacco dove non siano necessari.

I gol che ha segnato Iniesta sono quasi tutti bellissimi e, come abbiamo in parte già visto, riguardano il talento di trovare lo spazio. Con il Barcellona ha segnato 57 gol, quello che ho descritto all’inizio di questo capitolo è il numero 34. Il suo gol successivo, segnato al Viktoria Plzen, ci dice molto della rapidità con cui pensa e agisce sul campo. Più o meno ai 30 metri appoggia a Messi, che è spostato vicino al vertice destro dell’area di rigore del Viktoria. L’argentino gli restituisce la palla col destro (primo triangolo), Iniesta di prima gliela ritorna e avanza verso l’area. Messi, stavolta di sinistro, la rilancia al numero 8 del Barça (il numero 8 è stato il numero di Iniesta nella squadra catalana da quando è diventato titolare, mentre in Nazionale ha usato il 6) all’interno dell’area (secondo triangolo). Iniesta ha davanti un difensore, non stoppa il pallone, non potrebbe, con il piede destro fa un mezzo pallonetto e se ne libera, si trova a questo punto solo davanti alla porta, ma non ha molto tempo, la palla scende e lui la calcia di interno sinistro piazzandola nell’angolo basso. Gol favoloso, figlio di un’azione che si è svolta a velocità impressionante. I calciatori del Viktoria sembrano fermi, marionette con i fili bloccati, sembra che si muovano soltanto Iniesta e Messi, ma naturalmente non è così.

Un altro gol stupefacente è il numero 42 realizzato contro il Celtic Glasgow. Messi dalla tre quarti campo indirizza la palla verso il limite dell’area, lì compare Iniesta – come sempre – arrivando da un punto che nessuno conosce, se fermassimo l’immagine qui lo vedremmo spuntare, come un frame che si aggiunge all’improvviso, sulla parte alta dello schermo; è circondato da avversari, senza stoppare o rallentare la sua corsa, appoggia di prima la palla a Xavi che è a pochi metri. Xavi la stoppa di destro e di sinistro gliela restituisce dentro l’area. Tutto rapidissimo. Iniesta arriva di slancio, è circondato da quattro avversari, fa l’unica cosa che può fare: controlla leggermente con il destro e, cadendo, sempre di destro la indirizza nell’angolino. Gli avversari, anche questa volta, per capirci qualcosa dovranno accontentarsi del replay.

Che mantenga il possesso del pallone, che se ne liberi di prima, che compaia dal nulla per proporsi a un compagno di squadra in difficoltà, che si sostituisca di volta in volta a un difensore o a un centravanti, che detti o esegua l’ultimo passaggio, che calci al volo dal limite dell’area o segni cadendo, Iniesta sta sempre rispondendo al suo desiderio di fare ordine, di risolvere il caos sul campo. Flessibile come nelle parole dello strutturalista Hertzberger, adegua la sua forma al ruolo che in quella fase di gioco è necessario, perché tutti i possibili scenari sono compresi nella sua capacità di vedere e prevedere il gioco. Stando allo spazio, a come lo si genera e a come lo si sottrae, pensiamo al centrocampista spagnolo come a una finestra aperta sul mare e, di conseguenza, ai suoi avversari come angoli ciechi di un monolocale di periferia.

Un estratto dal libro Andrés Iniesta, come una danza, di Gianni Montieri, edito da 66thand2nd